Cassazione civile anno 2005 n. 1568 Curatore

FALLIMENTO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
con ricorso ex art. 22 l. fall. il rag. L. G., coadiutore del curatore del fallimento C. S. M. s.r.l. – premesso che aveva chiesto agli organi fallimentari per l’opera da lui svolta un compenso di lire 282.989.998, giusta liquidazione dell’ordine di appartenenza, in applicazione dell’art. 6 del d.m. n. 430 del 15 luglio 1992, e che con decreto del 28 giugno 2001 il giudice delegato aveva determinato il compenso in lire 60.000.000 (oltre oneri acces- sori), a norma dell’art. 7 del d.p.r. n. 352 del 27 luglio 1988 – propose reclamo al tribunale fallimentare, insistendo nel far valere le proprie ragioni.
Il Tribunale, con decreto depositato il 4 dicembre 2001, rigettò il reclamo, osservando:
– che, in relazione alla sua attività di coadiutore, ai sensi dell’art. 32, canna secondo, l. fall., avendo egli svolto incarichi propri del curatore, quale ausiliario del giudice, il compenso doveva essere liquidato secondo la tariffa propria dei periti e dei consulenti;
– che nella fattispecie era applicabile l’art. 7 del d.p.r. 352/1988, disciplinante, fra l’altro, lo consulenze tecniche espletate in materia di posizioni retributive e previdenziali;
– che, come emergeva dall’impugnato provvedimento del giudice delegato, il compenso era stato correttamente applicato moltiplicando il compenso base (260.000) per gli adempimenti espletati con riferimento al maggior numero di elaborati (231), e tale quantificazione doveva ritenersi congrua, tenuto conto del fatto che la compilazione dei vari modelli era stata effettuata con il supporto di elaboratori elettronici.
Avverso questo provvedimento il rag. G. ha proposto ricorso per Cassazione con due motivi. La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione
1. Col primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 23 della legge n. 12 del 1979 in relazione all’art. 6 del D.M. n. 430 del 15 luglio 1992, nonchè erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.p.r. n. 352 del 1988. Il ricorrente censura il provvedimento impugnato, deducendo, sotto un primo profilo, che il Tribunale avrebbe fatto riferimento, ai fini della liquidazione, al criterio delle vacazioni, e, contraddittoriamente, applicato, poi, in concreto, quello degli onorari previsto dal predetto art. 7. Secondo un secondo profilo lamenta la mancata applicazione dell’art. 23 della 1.12/79 e dell’art. 6 del d.m. 430/92, che espressamente prevede l’applicabilità della tariffa stabilita per i consulenti del lavoro anche per le prestazioni rese nei confronti degli organi preposti alle procedure concorsuali, e, conseguentemente, la erroneità della liquidazione adottata in base alle previsioni dell’art. 7 del d.p.r.
352/88, disciplinante ipotesi diverse da quelle espletate dal G..
2. Col secondo motivo si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla quantificazione del compenso sia perchè non sarebbe corretto fissare lo stesso compenso nel caso il coadiutore abbia prestato la propria opera per l’esame delle domande di insinuazioni e nel caso in cui egli svolto altre prestazioni; sia perchè nella specie la compilazione dei modelli sarebbe avvenuta, contrariamente a ciò che ha affermato il Tribunale, previa acquisizione e valuta-zione di tutti i dati forniti dal curatore, e non mediante il supporto di elaboratori elettronici.
3. Il ricorso è ammissibile.
Il decreto con il quale il tribunale fallimentare liquida il compenso al curatore ovvero al delegato o (come nella fattispecie) al coadiutore del curatore, ha, infatti, secondo la giurisprudenza risalente e consolidata, carattere decisorio (cfr., tra l’altra, casa. 15 settembre 1978, n. 4146 e Cass. 10 giugno 2004, n. 10987), ed è, quindi, soggetto, non essendo suscettibile di ulteriori impugnasi ioni, a ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 della costituzione.
4. L’esperibilità di tale rimedio è, peraltro, limitata alla violazione di legge, compreso il vizio motivazionale che si traduca in mancanza o in mera apparenza della motivazione, per l’assenza di un Iter argomentativo atto a palesare le ragioni della decisione (Casa. 6 luglio 2004, n. 12323, ex plurimis). Restano, quindi, esclusi dal suo ambito di applicazione i vizi relativi a insufficienza e contraddittorietà di motivazione, denunciabili ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c..
5. Alla stregua di tali principi, risultano inammissibili il primo profilo del primo motivo (con cui si contesta la logicità delle argomentazioni adottate dal giudice a quo per giustificare il decisum), sia il secondo motivo (col quale si denuncia insufficienza e contraddittorietà di motivazione in ordine alla quantificazione del compenso).
6. Occorre, dunque, esaminare la censura (secondo profilo del primo motivo) con la quale si pone la questione dell’applicabilità al compenso spettante al coadiutore della disciplina stabilita per i consulenti del lavoro dalla legga 11 gennaio 1979 n. 12 (art. 23), in relazione al d.m. 15 luglio 1992, n. 430 (regolamento recante approvazione delle deliberazioni in data 10 giugno 1992 del consiglio nazionale dei consulenti del lavoro concernenti la tariffa professionale), che, espressamente (art. 6), dichiara applicabile la relativa tariffa anche per le prestazioni rese nei confronti degli organi preposti alle procedure concorsuali. Questione che la Corte d’appello, muovendo dalla premessa che nella fattispecie non era oggetto di contestazione la qualità di coadiutore assunta dal rag. G. a norma dell’art. 32, coma secondo, l. fall., ha risolto nel senso che correttamente erano stati applicati i coefficienti previsti dall’art. 7 del d.p.r. 27 luglio 1988, n. 352 (adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici…per le operazioni eseguite su disposizione dell’autorità giudiziaria), disciplinante il caso di consulenze tecniche espletate in materia di posizioni contributive o previdenziali, essendo incontroverso che le prestazioni del G. si erano sostanziate nell’elaborazione, nello sviluppo e nella compilazione dei modelli 101 per i dipendenti della società fallita, del modello 770 relativi agli anni 1995-1996, dei modelli individuali riferiti al periodo di integrazione salariale (…).
7. La soluzione adottata è condivisibile e i rilievi svolti dal ricorrente per censurare le argomentazioni della sentenza impugnata non risultano puntuali.
7.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, Cass. 15 settembre 1978, n. 4146 e Cass. 13 dicembre 1980, n. 64539), l’art. 32 l. fall. contempla due distinte figure di collaboratori (in senso lato) del curatore, quella del delegato (prevista dal primo comma), e quella del coadiutore (regolata dal secondo comma). In particolare, il coadiutore, la cui opera è integrativa (e non necessariamente sostitutiva come quella del delegato) dell’attività del curatore, svolgendo funzioni di collaborazione e di assistenza nell’ambito e per gli scopi della procedura concorsuale, assume la veste di ausiliario del giudice, e il suo compenso deve essere determinato in base alla tariffa giudiziale prevista per i periti e i consulenti tecnici.
E’ proprio tale qualità che (soprattutto) distingue il coadiutore dal lavoratore autonomo, officiato dal fallimento per svolgere la propria opera professionale in determinate attività ed operazioni, nei cui confronti si instaura un normale rapporto di prestazioni d’opera, che è regolato dalla specifica disciplina di tale rapporto;
disciplina che, coerentemente, non può non comprendere anche l’applicazione dalle relative tariffe professionali.
7.2. Nella specie, essendo incontroversa la qualità di coadiutore del rag. G., correttamente i giudici del merito hanno ritenuto che nella specie non poteva soccorrerlo la tariffa professionale stabilita per i consulenti del lavoro, Questa essendo operante (anche per le prestazioni rese nei confronti degli organi preposti alle procedure concorsuali) soltanto ove l’attività espletata si fosse risolta in una autonoma prestazione professionale (cfr., per riferimenti, Cass. 18 febbraio 1985, n. 1377, in motiv.), ed hanno (coerentemente, ratione temporis) applicato il previgente art. 7 del d.p.r. 27 luglio 1988, n. 352, già richiamato.
8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Prima Civile, il 20 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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