Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 11-11-2011, n. 41128

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale per i minorenni di Roma, investito ex art. 310 cod. proc pen., dell’appello del Pubblico ministero, riformava l’ordinanza in data 25 marzo 2011 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni della medesima città, che, respinta la richiesta di custodia cautelare per il reato di cui alla L. n. 497 del 1974, artt. 12 e 14 nei confronti di M.G. e di M.V., applicava agli stessi, per detto reato, la misura del collocamento in comunità.

A ragione della decisione il Tribunale richiamava, quanto a gravita indiziaria, l’esito della perquisizione e le dichiarazioni dei verbalizzanti, e quanto ad esigenze cautelari, la gravità in concreto dei fatti e del contesto.

2. Ha proposto ricorso per M.V., la madre M.S., personalmente, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Premesso in fatto che l’auto era indubitabilmente condotta dal maggiorenne (individuato per il guidatore che aveva opposto resistenza dai verbalizzanti) e che l’arma era nascosta sotto il sedile anteriore destro, denunzia violazione di legge e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione assumendo:

– che l’arma era stata rinvenuta soltanto dopo attenta perquisizione in quanto accuratamente nascosta; che era pertanto in contrasto con i dati processuali e illogica l’affermazione che i minorenni sapessero della sua presenza;

– che erroneamente i fatti erano stati qualificati ai sensi della L. n. 497 del 1974, artt. 12 e 14 ed era stata ritenuta non concedibile la sospensione condizionale della pena attesa la pena edittale;

– che il Tribunale aveva omesso di valutare, ai fini delle esigenze cautelari, la relazione dei servizi sociali, e incongruamente aveva parlato di inidoneità dei nuclei familiari, affidandosi evidentemente a considerazioni legate esclusivamente all’etnia.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare sotto ogni aspetto inammissibile.

2. Nella motivazione del provvedimento impugnato si afferma che gravi indizi di colpevolezza emergevano dal fatto che l’arma era nella vettura occupata dai due minorenni, e da un maggiorenne, collocata in posizione tale da essere certamente visibile; e che tale dato obiettivo consentiva persino di prescindere dalle dichiarazioni di M.V., il quale, nel tentare di sostenere che era lui che conduceva la vettura, e aveva perciò cercato di sottrarsi ai militari, mostrava di avere consapevolezza dell’oggetto trasportato.

A fronte di tali argomenti, affatto plausibili, le doglianze in punto di responsabilità evocano ricostruzioni alternative già considerate e confutate, e sono, laddove sostengono che l’arma era al contrario accuratamente nascosta, del tutto generiche, in quanto completamente prive di autosufficienza.

3. Data la ricostruzione di cui si è detto, la qualificazione del fatto ai sensi della L. n. 497 del 1974, artt. 12 e 14, è quindi assolutamente corretta, e la censura in ordine a tale profilo è al limite della comprensione.

4. Manifestamente infondate sono infine le doglianze svolte in relazione alle considerazioni che sostengono la necessità della misura.

Il Tribunale ha adeguatamente osservato che le esigenze cautelari erano palesate dalla obiettiva gravita della condotta – il porto essendo riferito ad un’arma da fuoco con matricola abrasa e perfettamente funzionante; i due minorenni accompagnandosi, nell’occasione, con un maggiorenne pluripregiudicato per delitti contro il patrimonio; nella vettura essendovi anche due grossi cacciaviti – e dalle condizioni personali dei due ragazzi, che non studiavano e neppure lavoravano, V. essendo stato oggetto anche di altre denunzie, a piede libero. Alla luce di tali dati e della pena edittale per i reati contestati, plausibile è quindi l’affermazione che non era pronosticabile una futura sospensione condizionale della pena.

E neppure meritano censura le considerarsi le argomentazioni in punto di inidoneità di misure gradate, ancorate al rilievo obiettivo, non irragionevole nè discriminatorio, che la situazione constatata e il tipo di vita condotto dai due ragazzi dimostravano che il loro nucleo familiare non era in grado di contenerne le condotte devianti.

5. All’inammissibilità del ricorso non consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento di spese o di sanzioni, trattandosi di minorenni all’epoca dei fatti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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