Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-12-2011, n. 1020 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il dr. Ma.Co. adiva il T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania, chiedendo il risarcimento dei danni che assumeva spettargli a seguito e per effetto della declaratoria con sentenza passata in giudicato (C.G.A., sent. n. 1203/07 del 31/1272007) dell’illegittimità della revoca tacita della sua designazione quale componente del Collegio sindacale dell’Azienda ospedaliera "Cannizzaro" di Catania, designazione avvenuta con provvedimento del Capo di gabinetto del Ministero della sanità del 5 maggio 2000.

Con sentenza n. 237 del 15 febbraio 2010, il giudice adito respingeva il ricorso.

Detto giudice osservava che la decisione del C.G.A. era stata adottata non già sul presupposto della carenza di potere, in capo al Ministero competente, di effettuare una nuova designazione, sibbene per vizi meramente procedurali, mancando nel provvedimento di nuova designazione, sufficiente motivazione.

L’annullamento per vizi di forma della seconda designazione fa rivivere il potere dell’Amministrazione centrale intimata di operare una nuova designazione, ma non determina lesione risarcibile degli interessi del ricorrente, la cui originaria designazione ha dato origine a una mera aspettativa a ricoprire l’incarico, aspettativa vanificata dall’omessa costituzione dell’organo quale atto conclusivo del procedimento nel quale si era incardinata, quale atto procedimentale, la designazione del ricorrente.

2) Il dr. Co. ha proposto appello contro la summenzionata sentenza.

A suo avviso, in virtù del suo status di componente legittimamente designato di Azienda ospedaliera, non poteva essergli disconosciuto uno ius ad officium e, quindi, sul piano sostanziale, il "diritto a non essere privato del diritto a ricoprire l’incarico conferitogli".

L’appellante ha, quindi, reiterato la sua richiesta diretta a ottenere il risarcimento dei danni subiti, sia patrimoniali che non patrimoniali.

3) Resiste all’appello il Ministero della salute con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.

4) L’appello è infondato.

Come già osservato dal Consiglio di Stato (cfr. Sez. VI, 4 settembre 2002, n. 4435 e Sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4234), l’annullamento di un atto amministrativo per vizi di forma o per difetto di motivazione, come nella specie, consente il nuovo esercizio del potere e permette la valutazione della domanda di risarcimento del danno soltanto all’esito del nuovo esercizio del potere. Ove dovesse sopravvenire un provvedimento negativo, sarebbe esclusa la sussistenza di un danno risarcibile derivante dal primo provvedimento, salva la verifica degli estremi del danno in caso di annullamento giurisdizionale anche del secondo provvedimento.

La domanda di risarcimento del danno causato da un illegittimo provvedimento negativo, annullato in sede giurisdizionale per difetto di motivazione, non può essere accolta ove persistano in capo alla pubblica amministrazione significativi spazi di discrezionalità amministrativa pure in sede di riesercizio del potere e la parte istante non si sia limitata a chiedere il mero danno subito per effetto di una illegittimità procedimentale, ma abbia richiesto l’intero pregiudizio derivante dal mancato conseguimento del bene della vita. Tale orientamento giurisprudenziale, come giova evidenziare, è condiviso dalla Corte di Cassazione, la quale, con riferimento al diritto del privato al risarcimento del danno prodotto dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica, ha più volte affermato che, per poter configurare la lesione di un interesse legittimo di natura pretensiva, deve essere valutata, attraverso un giudizio prognostico da condurre in base alla normativa applicabile, la fondatezza o meno della richiesta di parte, onde stabilire se la medesima fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un esito favorevole (cfr., di recente, Sez. I, 6 febbraio 2009, n. 2991).

Nel caso di specie, l’appellante fonda la sua pretesa su un atto di designazione, ossia su un atto endoprocedimentale, privo di autonomia funzionale, che può formare oggetto di revoca e che di per sé non è in grado di assicurare l’utilità sostanziale finale, derivando quest’ultima da un atto di nomina che, in base alla normativa di settore ( D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502) è di competenza di un organo diverso (direttore generale dell’unità sanitaria locale) da quello che ha provveduto alla designazione.

5) In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Sussistono, peraltro, giustificati motivi per compensare tra le parti, anche in questo grado di giudizio, le spese e gli altri oneri processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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