Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-05-2012, n. 7879 Esenzioni e agevolazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente propose ricorso avverso l’avviso, con il quale l’Agenzia delle Dogane le aveva richiesto il pagamento di somma, a titolo di restituzione del credito per agevolazione fiscale sul trasporto merci, di cui al D.L. n. 265 del 200, convertito in L. 343 del 2000, relativo al primo semestre dell’anno 2001 e richiesto il 31.10.2001, in quanto compensato oltre il termine del 31 dicembre dell’anno di relativa insorgenza, stabilito dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3.

A fondamento del ricorso la società contribuente deduceva la natura ordinatoria del termine in rassegna.

L’adita commissione tributaria accolse il ricorso con decisione confermata, in esito all’appello dell’Agenzia, dalla commissione regionale.

A fronte dell’appello dell’Agenzia – che adduceva la natura perentoria del termine del 31 dicembre dell’anno solare in cui il credito è sorto, previsto per la sua utilizzazione in compensazione dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3 – i giudici di appello rilevavano sostanzialmente che, dal momento che la citata disposizione non attribuisce esplicitamente carattere perentorio del termine indicato, il diritto alla contemplata agevolazione andava esercitato entro il termine biennale per l’esercizio del diritto al rimborso dell’accisa (in caso di indebito pagamento, di esportazione del prodotto assoggettato o suo trasferimento in altro Paese comunitario ovvero di esecuzione di miscelazioni comportanti l’applicazione di un’aliquota inferiore), previsto dalla L. n. 504 del 1995, art. 14, con esplicito riconoscimento di perentorietà.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso in unico motivo.

La società contribuente non si è costituita.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Dogane – deducendo "violazione del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3 e del D.Lgs. 241 del 1997, art. 17" – censura la decisione impugnata per non aver considerato che, alla luce della disciplina applicabile alla fattispecie, la società contribuente avrebbe dovuto utilizzare in compensazione il credito d’imposta dedotto in controversia, a pena di decadenza, entro 31 dicembre 2001.

La doglianza è fondata.

Occorre, in primo luogo, escludere che, come prospettato dal giudice a quo, all’esercizio del beneficio del credito d’imposta in rassegna sia applicabile il termine biennale previsto, dalla n. 504 del 1995, art. 14, per l’esercizio del diritto al rimborso dell’accisa, in ipotesi di indebito pagamento, di esportazione o trasferimento in altro Paese comunitario del prodotto assoggettato all’imposta ovvero di esecuzione di miscelazioni comportanti l’applicazione di un’aliquota inferiore. La disposizione evocata, in quanto specificamente predisposta per l’esercizio del (diverso) diritto ivi contemplato, nelle specifiche ipotesi considerate, si rivela, infatti, chiaramente di stretta interpretazione e, pertanto, insuscettibile di applicazione al beneficio qui in rassegna.

D’altro canto, il beneficio qui in rassegna è presidiato da un proprio specifico termine di esercizio, posto che la normativa istitutiva richiama il D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3, che testualmente stabilisce: "Gli esercenti nazionali e gli esercenti comunitari tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi, compresa quella unificata, utilizzano il credito in compensazione entro l’anno solare in cui è sorto per effetto delle disposizioni di cui al comma 2. Per la fruizione dell’eventuale eccedenza presentano richiesta di rimborso entro i sei mesi successivi a tale anno". E la categoricità della formula letterale ("Gli esercenti nazionali … tenuti … utilizzano il credito entro …") e la sua funzione (di porre termini certi all’esercizio dell’agevolazione accordata) attesta, del resto, l’imposizione del termine a pena di decadenza, pur in assenza di un’espressa qualificazione di perentorietà.

Se ne inferisce che l’agevolazione in esame contempla due modalità di rimborso del credito d’imposta in favore dell’avente diritto: a) entro il 31 dicembre dell’anno solare in cui è avvenuto il consumo, mediante la compensazione prevista dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 (cfr., D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3); b) entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui è avvenuto il consumo, mediante istanza di rimborso in denaro del credito d’imposta ovvero il rimborso, sempre in denaro, della differenza fra l’ammontare complessivo del credito d’imposta e la parte di quest’ultimo utilizzata in compensazione entro l’anno solare precedente (D.P.R. n. 277 del 2000, art. 3, comma 1 e art. 4 comma 3); ciò in base ad un criterio improntato, anche a fini di certezza del bilancio pubblico, allo scopo di far coincidere la compensazione con il periodo d’imposta relativo al consumo che da origine al beneficio (e, quindi, con l’annualità in cui deve avvenire il saldo dell’accisa relativa a quel consumo), con possibilità di slittamento, nei limiti del semestre successivo, del solo rimborso degli importi residui, entro il quale la partita di dare/avere deve essere definita.

L’interpretazione è, d’altro canto imposta dal rilievo che le leggi che dispongono agevolazioni tributarie sono di stretta interpretazione, sicchè devono esser applicate, rigorosamente, nei termini e nei modi stabiliti anche in rapporto all’interesse della certezza del gettito fiscale rilevante ai fini del bilancio dello Stato.

Alla stregua delle considerazioni che precedono – ed atteso che, dalla sentenza impugnata emerge che, nella fattispecie, l’insorgenza del credito d’imposta si colloca certamente entro il 31 dicembre 2001, mentre la compensazione è avvenuta il 19 giugno 2002 s’impone l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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