Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 11-11-2011, n. 41127

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 310 c.p.p. dell’appello proposto dal Pubblico ministero, ha confermato l’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città, che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva sostituito con gli arresti domiciliari la custodia cautelare in carcere imposta a P.M.R. per il reato di cui alla L. n. 497 del 1974, art. 9.

A ragione della conferma di detta decisione il Tribunale osservava che erano da condividere le considerazioni del Giudice dell’udienza preliminare, che aveva argomentato sulla base di due considerazioni concorrenti: era stata esclusa l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7; dall’inizio della misura erano trascorsi due anni.

L’esclusione della circostanza aggravante da un lato ridimensionava infatti la vicenda, che pur restando grave (la donna era stata condannata a cinque anni di reclusione e 800,00 Euro di multa), veniva ad essere in tal modo sganciata da metodi o collegamenti mafiosi; dall’altro faceva venire meno le presunzioni dell’art. 275 c.p.p., comma 3, e il divieto di misure gradate. Il tempo trascorso consentiva quindi di ritenere in concreto affievolita la pericolosità e adeguata la misura gradata.

2. – Avverso detta decisione ha proposto ricorso il Pubblico ministero, chiedendone l’annullamento.

Denunzia violazione dell’art. 299 cod. proc. pen. e mancanza della motivazione in ordine alle ragioni che avevano portato all’attenuazione della misura, sostenendo che l’appello aveva ampiamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte in relazione sia alla irrilevanza, ex se, del decorso del tempo, ai fini dell’apprezzamento sull’attenuazione delle esigenze cautelari, sia alla incongruenza del criterio della proporzionalità della misura patita rispetto alla pena irrogata. Il Tribunale avrebbe respinto l’impugnazione omettendo di considerare le censure, applicando del tutto erroneamente i principi di proporzionalità della misura alle esigenze cautelari, omettendo di motivare in ordine alla adeguatezza della misura gradata rispetto al quadro indiziario, aggravatosi per effetto della condanna.

Motivi della decisione

1. – Il ricorso, per molti aspetti al limite dell’ammissibilità, è nel complesso infondato.

2. Nella motivazione del provvedimento impugnato si afferma chiaramente che giustificavano la misura due ordini di ragioni concorrenti: l’esclusione in sentenza dell’aggravante del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, che aveva ovviamente portato, oltre alla esclusione del divieto di misure attenuate, ad un ridimensionamento della gravità del fatto e della sua sintomaticità; l’attenuazione della pericolosità scaturente dal lungo periodo (due anni) già trascorso in carcere all’epoca della decisione (28.7.2009).

La tesi del ricorrente, che i giudici del merito avrebbero concesso all’imputata gli arresti domiciliari solo per il lasso di tempo trascorso, è dunque evidentemente infondata.

Così come infondata è l’asserzione che essi si sarebbero rifatti ad un astratto criterio di "proporzionalità" tra la pena inflitta e la custodia cautelare patita, avendo invece considerato in concreto, in relazione al ridimensionamento dei fatti e ai comportamenti tenuti, scemata la pericolosità.

Mentre in relazione a siffatti elementi (ridimensionamento della contestazione; scemata pericolosità in concreto), effettivamente presi in considerazione dai giudici di merito, il ricorso dice nulla di specifico.

3. Manifestamente infondata è quindi l’osservazione che la motivazione sarebbe viziata da omessa giustificazione dell’adeguatezza della misura gradata "rispetto al quadro indiziario, aggravatosi per effetto della condanna". Il livello di gravità indiziaria è presupposto dell’intervento cautelare ma non ne esaurisce le ragioni e l’adeguatezza della misura cautelare prescelta non dipende da esso ma dal livello di pericolosità in concreto stimato; sicchè, ove non sono previste preclusioni, il criterio cui occorre rifarsi è che in assenza di ragioni che impongano le misure più restrittive, vanno disposte quelle, gradate, che appaiono sufficienti.

Potendosi solo aggiungere che il ricorso neppure spiega perchè, nel caso in esame, gli arresti domiciliari si sarebbero dovuti ritenere inidonei a garantire dai pericoli indicati nell’art. 274 cod. proc. pen..

3. – Il ricorso deve, perciò, essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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