Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-05-2012, n. 7878

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 98/3/2010, ha confermato la decisione di primo grado, della commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva respinto un ricorso di F.M.P. avverso il silenzio-rifiuto serbato dall’amministrazione finanziaria su un’istanza di rimborso di una quota dell’imposta di registro pagata in conseguenza di una compravendita immobiliare stipulata in data 9.11.2005.

La vendita aveva avuto a oggetto un immobile sottoposto a vincolo e il contratto aveva evidenziato che l’efficacia della stipulazione era subordinata alla condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione statale. Detto mancato esercizio era stato attestato con atto notarile del 23.1.2006. Sicchè l’istante sosteneva che solo a tale data si era verificato il definitivo trasferimento della proprietà, con conseguente sopravvenuta possibile opzione per il c.d. prezzo-valore, di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, alla luce del quale la maggiore imposta, liquidata in base al prezzo dichiarato, anzichè in relazione al valore catastale, dovevasi ritenere indebita.

Siffatta tesi è stata respinta dal giudice d’appello in quanto nell’atto 23.1.2006 era stato precisato che, in conseguenza del mancato avveramento della condizione, gli effetti del contratto originario dovevano ritenersi prodotti fin dalla data di sua stipulazione. Lo stesso giudice ha aggiunto che il verificarsi di una condizione legale di efficacia opera in generale ex tunc, secondo la regola dettata dall’art. 1360 c.c., comma 1, e che la retroattività degli effetti dell’avveramento della condizione non consentiva l’applicazione alla fattispecie negoziale del successivo criterio di determinazione dell’imponibile dettato dalla L. n. 266 del 2005.

Per la cassazione di questa sentenza la contribuente ha proposto ricorso affidato a un motivo.

L’amministrazione finanziaria non si è costituita nei termini. Il controricorso – preceduto peraltro da una nota difensiva in asserito esclusivo fine di legittimare la partecipazione alla discussione in pubblica udienza risulta spedito in notifica il 20.3.2012, a fronte del deposito del ricorso per cassazione in data 30.9.2010 (art. 369 e 370 c.p.c.).

Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1353, 1356, 1357, 1360 c.c., del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 61, comma 4 (recante il codice dei beni culturali), del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene che la commissione regionale non ha tenuto conto della distinzione civilistica tra la condizione sospensiva volontaria e la condizione sospensiva legale, tale essendo quella prevista dall’art. 61, comma 1, del codice dei beni culturali. Nel solco di un orientamento dottrinale, afferma difatti che la condizione legale è un elemento essenziale – o un presupposto – del negozio, sicchè il contratto di vendita, a detta condizione soggetto, deve essere considerato secondo lo schema della fattispecie a formazione progressiva, che acquista validità ed efficacia nel momento di coesistenza di tutti gli elementi essenziali. Essendo ciò avvenuto a seguito dell’attestazione notarile in data 23.1.2006, di mancato avveramento di quanto dedotto in condizione (id est, il non esercizio della prelazione), la disciplina fiscale applicabile all’atto di vendita (pur stipulato il 9.11.2005) dovevasi ritenere rinveniente nella L. n. 266 del 2005 in vigore a quel momento.

2. – Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.

3. – Giova premettere che la condizione di cui trattasi rientra nel novero delle condizioni negative; e che ai fini della norma invocata (L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497) rileva la specifica dichiarazione dell’acquirente, resa al notaio (all’atto della cessione), di volersi avvalere della disciplina del prezzo-valore.

Ben vero dalla sentenza non risulta quanto dedotto dalla ricorrente, che cioè una dichiarazione in tal senso sia stata resa nel momento della scrittura ricognitiva dell’avveramento della condizione negativa, cui seguirono gli effetti traslativi. Ma in proposito soccorre l’ammissione contenuta nel controricorso, a misura dell’affermazione che "successivamente, verificatasi la condizione sospensiva, veniva effettuata la relativa dichiarazione di avveramento in data 23/1/2006, con la quale si chiedevano i benefici della tassazione agevolata per la prima casa così come introdotti dall’art. 497 rectius, dall’art. 1, comma 497 della legge finanziaria 2006 (..)".

Ancorchè svolta in un atto tardivamente depositato la detta affermazione giova alla controparte, essendo nel controricorso contenuta un’autonoma (benchè non necessaria: v. Cass. n. 13140/2010; n. 2262/2006) conforme esposizione sommaria dei fatti della causa.

4. – Ora, la questione sulla quale si sofferma l’impugnante riflette la nota disputa dottrinale, nata in ambito civilistico, tra la tesi che sostiene la efficacia ex nunc della condizione legale e la tesi che, invece, assume essere anche la condizione legale soggetta al principio di retroattività di cui alla disciplina generale dell’art. 1360 c.c..

Ma osserva il collegio che una simile questione – per vero da ultimo superata anche in civile dal rilievo che ciò che interessa è accertare, di volta in volta, se la funzione della condizione legale sia o meno incompatibile con l’effetto retroattivo predicato dalla norma – non è essenziale nella materia dell’imposizione fiscale (e segnatamente dell’imposta di registro), le volte in cui l’evento, dedotto in condizione, sia assunto in relazione alla disciplina della base imponibile.

Cosa che giustappunto accade quanto alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, questa norma essendo stata congegnata in funzione di deroga alla disciplina della base imponibile di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, relativamente ai contratti traslativi o costitutivi di diritti reali: "In deroga alla disciplina di cui all’art. 43 T.U. disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l’applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), ultimo periodo, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 52, commi 4 e 5, del citato T.U. di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento".

Come questa Corte ha già affermato (seppure in relazione alla condizione volontaria), il principio di retroattività degli effetti propri del verificarsi della condizione, di cui all’art. 1360 c.c., è recepito in tema di imposta di registro nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, quanto alla disciplina applicabile (id est, al criterio di tassazione). Ma è derogato dall’art. 43, comma 1, lett. a), del medesimo D.P.R., quanto al distinto profilo della determinazione della base imponibile, atteso che al riguardo interessa il valore del bene alla data in cui si producono gli effetti traslativi, e considerato che una simile espressione va intesa come riferita al tempo del verificarsi della condizione (v.

Cass. n. 4657/1999). La distinzione in tal senso recepita, ai fini del coordinamento delle disposizioni che rilevano, è d’altronde ben logica, in ragione dell’incisivo argomento che l’esegesi contraria, implicitamente dalla commissione propugnata, non sottrarrebbe l’art. 43 cit. al dubbio di costituzionalità in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto legittimerebbe la tassazione di registro sempre sulla scorta del valore ritenuto al tempo della stipulazione del contratto condizionale (appartenga la condizione al novero di quelle legali o volontarie); il che porterebbe a disancorare il prelievo fiscale dagli elementi sintomatici della capacità contributiva del contraente e, in ultima analisi, dalla stessa concreta consistenza dei riflessi economici dell’atto.

5. – Poichè – come detto – la disciplina di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, ha inciso, non sul criterio di tassazione in sè, sebbene sulla determinazione del valore fiscalmente rilevante ai fini dell’imposizione, istituendo una "deroga alla disciplina di cui all’art. 43", se ne trae la conseguenza che ciò che rileva, quanto all’individuazione del valore detto, è la disciplina vigente al momento del verificarsi della condizione.

E’ dunque incorsa in violazione di legge l’impugnata sentenza nella misura in cui ha invece riferito, nel caso di specie, il ripetuto valore alla disciplina ex lege applicabile al momento della stipulazione del contratto condizionale, anzichè a quella insita nella norma sopravvenuta rispetto alla produzione degli effetti traslativi connessi all’evento dedotto in condizione.

Per tale ragione il motivo deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cpv. c.p.c., con pronuncia di accoglimento del ricorso avverso il silenzio-rifiuto.

La difficoltà della fattispecie, in mancanza di specifici precedenti, giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie l’impugnazione avverso il silenzio-rifiuto;

compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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