Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 11-11-2011, n. 41126

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Brescia rigettava le richieste avanzate da T.C. di affidamento in prova al servizio sociale, terapeutico, D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 94 e ordinario, L. n. 354 del 975, ex art. 47 o, in subordine, di semilibertà.

Osservava che il T. stava scontando la pena determinata con il provvedimento di cumulo del 5.5.2009 e quella infintagli con la successiva sentenza in data, 21.10.2009 del Tribunale di Catania, con fine pena, complessivo, fissato al 22.2.2013; che annoverava precedenti per reati numerosi e gravi, tra i quali un’evasione e molteplici violazioni alle misure di prevenzione; che era affetto da una problematica tossicomania; che il suo alloggio era situato in quartiere di Catania considerato ad alto rischio di devianza. Il programma terapeutico proposto, meramente territoriale, non appariva perciò sufficiente a prevenire il pericolo di recidiva. Le medesime ragioni e il medesimo pericolo non consentivano di accogliere le ulteriori richieste, che avrebbe potuto fruire in condizioni e in contesto ad alto pericolo di devianza.

2, Ha proposto ricorso il condannato a mezzo del difensore, avvocato P.S., chiedendo l’annullamento della ordinanza.

Denunzia violazione di legge e vizi – mancanza – di motivazione assumendo:

– quanto all’affidamento terapeutico, che al Tribunale spettava valutare il programma proposto sotto il profilo soggettivo e oggettivo, ma che non rientrava tra i parametri legali l’idoneità territoriale; che il giudizio prognostico sulla adeguatezza della misura, rivolto marcatamente a favorire la cura delle tossicodipendenze, non poteva essere parametrato all’ambiente sociale nè doveva da questo essere condizionato, prescindendo dalla personalità dell’agente.

– quanto all’affidamento ordinario, e alla semilibertà, che la motivazione del Tribunale era del tutto mancante e non erano stati considerati: il tempo trascorso dai fatti; la mancanza di pendenze, la positiva valutazione degli operatori espressa nelle relazione in atti;

l’attiva partecipazione alle attività trattamentali; la documentata offerta lavorativa che avrebbe consentito al ricorrente di svolgere un lavoro lecito e adeguatamente remunerato anche se soltanto fosse stato posto in semilibertà.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso, per molti profili al limite dell’ammissibilità, è nel complesso infondato.

2. Esplicitamente il nuovo testo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, comma 4, prevede che l’affidamento terapeutico può essere disposto solo quando il Tribunale di sorveglianza ritiene che il programma concordato, con le prescrizioni correlate, contribuisca al recupero del condannato ed assicuri la prevenzione del pericolo che questi commetta ulteriori reati.

Correttamente il Tribunale ha richiamato, perciò, il numero, la tipologia e la gravità dei reati commessi dal ricorrente, la sua tossicodipendenza considerata tuttora problematica, nonchè l’ambiente ad alto rischio di ricadute delinquenziali nel quale si sarebbe venuto a trovare, per evidenziare che il programma di recupero proposto, in quanto non residenziale, lasciava aperte troppe zone di rischio e non assicurava il reinserimento dei condannato nè escludeva il concreto percolo di recidiva.

Non è esatto, dunque, quanto si afferma in ricorso, che il Tribunale avrebbe valutato solo il contesto ambientale, senza considerare personalità del condannato e adeguatezza del programma. Risulta, al contrario, che ha esaurientemente apprezzato e posto a raffronto tutti codesti elementi.

Mentre in ordine al punto, assolutamente fondamentale, delle garanzie offerte dal programma terapeutico proposto, il ricorso è assolutamente generico, nulla sostanzialmente opponendo al provvedimento impugnato.

3. Proprio il rilievo dato alla circostanza che, in assenza di un progetto terapeutico capace di contenere la spinta al delitto derivante dalla tossicodipendenza, esisteva elevato pericolo di recidiva, rende quindi affatto plausibile, e non sindacabile perciò in questa sede, la valutazione di inadeguatezza – in vista di un serio percorso di recupero, esente da rischi di ricadute nel delitto – delle misure alternative "comuni" sollecitate in via subordinata.

E il richiamo, fatto in ricorso, agli, assertivamente contrastanti, positivi elementi risultanti dagli atti, è del tutto privo di autosufficienza.

4. In conclusione, il ricorso non può che essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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