Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-05-2012, n. 7861 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30 luglio 2009 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale di Bari del 27 maggio 2004, ha rigettato il ricorso proposto da L.E. con il quale si chiedeva la dichiarazione dell’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla Trenitalia s.p.a. il 4 settembre 2001 a seguito della contestazione di avere svolto e di svolgere in qualità di docente, corsi di formazione a candidati macchinisti, organizzati presso la Ferrotranviaria s.p.a. nei locali della sottostazione elettrica di (OMISSIS), situata nei pressi della locale stazione ferroviaria di (OMISSIS), per conto di un’azienda concorrente della Trenitalia. La Corte territoriale ha fondato la propria decisione sulle prove testimoniali assunte, dettagliatamente esaminate, e considerando la previsione del CCNL di categoria che prevede anche il licenziamento in caso di inosservanza, da parte dei dipendenti, dei doveri attinenti allo svolgimento della prestazione lavorativa ed alla correttezza del comportamento e, all’art. 102, fra le mancanza punibili con il licenziamento senza preavviso, prevede anche lo svolgimento delle attività incompatibili di cui all’art. 35 del medesimo CCNL. In altri termini la Corte territoriale ha considerato che la contrattazione collettiva pone il divieto di avvalersi della propria condizione o professionalità per svolgere una qualsiasi attività che possa essere in contrasto con gli interessi della società datoriale ovvero in concorrenza anche potenziale con tali interessi. La stessa Corte barese ha considerato che la condotta posta in essere dal ricorrente e risultata provata dalle prove testimoniali assunte, ha leso irrimediabilmente il rapporto fiduciario fra la società datrice di lavoro ed il dipendente, rendendo in tal modo impossibile la prosecuzione del rapporto, per cui il provvedimento contestato non può essere considerato sproporzionato come affermato dal lavoratore appellante.

Il L. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su tre motivi.

Resiste con controricorso la Trenitalia che svolge anche ricorso incidentale.

Motivi della decisione

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti essendo proposti avverso la medesima sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 102 CCNL del 6/2/1998 per il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare si deduce che la Corte territoriale avrebbe autonomamente individuato cause legittimanti il licenziamento senza dare corretta lettura del CCNL che non prevede il licenziamento per l’ipotesi addebitata al ricorrente, in quanto l’attività di docente contestata non potrebbe considerarsi in contrasto con gli interessi della società o comunque in concorrenza con essa, o che comporti violazione del dovere di fedeltà.

Con secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., assumendosi che la Corte barese avrebbe autonomamente fondato la propria decisione non sulle prove fornite dalle parti, ma sul CCNL del 2003 non assunto agli atti del giudizio.

Con il terzo motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in fatto controverso e decisivo per il giudizio deducendosi che sarebbe stata ritenuta ammessa la riconducibilità della condotta posta in essere dal lavoratore nella previsione normativa che legittima il licenziamento, mentre le prove testimoniali assunte escluderebbero lo svolgimento dell’attività contestata.

Con il ricorso incidentale si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in merito alla compensazione delle spese processuali, assumendosi che questa non sarebbe motivata.

In subordine il controricorrente chiede la conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto fanno entrambi riferimento alla riconducibilità del fatto che ha dato luogo al licenziamento, alla previsione normativa di cui al CCNL di categoria applicabile alla fattispecie. Osserva il collegio che la condotta contestata al ricorrente configura comunque violazione dei doveri fondamentali del lavoratore con conseguente violazione del vincolo fiduciario indispensabile per il proseguimento del rapporto di lavoro. A tale riguardo è stato ripetutamente affermato da questa corte che la giusta causa di licenziamento è nozione legale e il giudice non è vincolato dalle previsioni del contratto collettivo;

ne deriva che il giudice può ritenere la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile ove tale grave inadempimento o tale grave comportamento, secondo un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore; per altro verso, il giudice può escludere altresì che il comportamento del lavoratore costituisca di fatto una giusta causa, pur essendo qualificato tale dal contratto collettivo, in considerazione delle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato (da ultimo Cass. 18 febbraio 2011 n. 4060). D’altro lato la previsione contrattuale non è vincolante neppure nel licenziamento disciplinare in quanto, come pure è stato ripetutamente affermato da questa stessa Corte, l’elencazione delle fattispecie contenute nel codice disciplinare non può essere considerata tassativa. In particolare è stato affermato che in tema di sanzioni disciplinari nell’ambito del rapporto di lavoro, il principio di tassatività degli illeciti non può essere inteso nel senso rigoroso, imposto per gli illeciti penali dall’art. 25 Cost., comma 2, dovendosi, invece, distinguere tra gli illeciti relativi alla violazione di prescrizioni strettamente attinenti all’organizzazione aziendale, per lo più ignote alla collettività e quindi conoscibili solo se espressamente previste ed inserite, perciò, nel c.d. "codice disciplinare" da affiggere ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 7, e quelli costituiti da comportamenti manifestamente contrari agli interessi dell’impresa o dei lavoratori, poichè, in questi ultimi casi che possono legittimare il recesso del datore di lavoro per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, il potere sanzionatorio deriva direttamente dalla legge. Come affermato più sopra, nel caso in esame la violazione posta in essere dall’attuale ricorrente può ben considerarsi contraria agli interessi dell’impresa trattandosi di attività in favore di impresa concorrente.

Il terzo motivo riguarda l’accertamento del fatto e la valutazione delle prove sulle quali è stato operato tale accertamento. Come costantemente affermato da questa Corte, in sede di legittimità può solo essere verificata la congruità e logicità della motivazione, senza alcuna possibilità di rivisitare l’istruttoria svolta al fine di operare una diversa valutazione dei fatti riservata alla competenza esclusiva del giudice del merito. Anche la valutazione della gravità del fatto ai fini della configurabilità di un’ipotesi di licenziamento, è riservata al giudice del merito che, nel caso in esame, ha operato una valutazione congrua e logica delle emergenze istruttorie che sfuggono ad ogni censura di legittimità. Nè è condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui la Corte territoriale si sarebbe basata su una presunta non contestazione del fatto addebitato, in quanto, viceversa, la decisione impugnata è fondata sulle risultanze dell’istruttoria testimoniale.

Il primo motivo del ricorso incidentale relativo al regolamento delle spese è infondato, in quanto la sentenza impugnata da conto, sia pure sinteticamente, della compensazione delle spese motivata con la difficoltà dell’esegesi delle acquisizioni probatorie e con il complessivo sviluppo della vicenda.

Il secondo motivo del medesimo ricorso incidentale è invece assorbito.

La reciproca soccombenza indice alla compensazione fra le parti anche delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi;

Rigetta il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale; Dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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