Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-09-2011) 11-11-2011, n. 41082

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 14 gennaio 2011, il Tribunale della libertà di Napoli ha respinto l’appello inoltrato da B.L. (condannato con sentenza non definitiva alla pena di anni undici per il delitto di violenza sessuale continuata ai danni di una minorenne) tendente alla sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con altra meno afflittiva. A sostegno della conclusione, i Giudici hanno osservato come fosse irrilevante il mero decorso del tempo perchè non correlato da elementi significativi di attenuazione delle esigenze cautelari; stante le modalità violente e prevaricatoci con cui sono stati commessi i reati e lo spessore criminale dimostrato dall’imputato, il giudizio prognostico di recidiva era assolutamente negativo; una misura diversa da quella applicata non era praticabile per l’assoluta incapacità del B. di azionare i propri freni inibitori e controllare i propri impulsi sessuali.

Per l’annullamento della ordinanza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione, in particolare, rilevando:

– che il giudizio di pericolosità è stato dedotto esclusivamente dalle modalità dei fatti criminosi e non anche dalla personalità dell’imputato e dalla sua incensuratezza;

– che non è stato tenuto conto che, in esito alla sentenza 265/2010 della Corte Costituzionale, non è più imposta per i delitti sessuali la custodia in carcere.

In merito alla prima censura, si rileva come alcune decisioni di legittimità ritengano che il Giudice non possa mettere alla base della valutazione della personalità dell’incolpato le stesse modalità e circostanze del fatto dalle quali ha tratto la conclusione sulla gravità del reato; altre sentenze, invece, reputano che la spiccata pericolosità sociale dell’imputato possa desumersi dalla peculiarità della condotta criminosa.

Sul tema, la Corte ritiene che, stante la esigenza normativa di una valutazione congiunta della gravità del reato e della personalità dell’incolpato, il Giudice deve effettuare una duplice, congiunta – e non alternativa – ponderazione di entrambi i criteri direttivi indicati dall’art. 274 c.p.p., sub c) senza limitarsi allo apprezzamento dell’uno o dell’altro.

Tale rilievo non esclude (dal momento che la citata norma non pone alcun divieto alla considerazione degli stessi elementi costitutivi del reato al fine della verifica della personalità dell’agente) che le modalità e circostanze del fatto possano assumere una duplice valenza ed essere utilizzate anche per considerare l’indole procliva al delitto del soggetto.

Pertanto, non solo è lecito, ma in certi casi doveroso, dedurre la pericolosità dell’imputato dalle stesse caratteristiche della condotta criminosa che ne costituisce la più immediata, sintomatica e genuina espressione (ex plurimis: Cass. Sez. 5 sentenza 49373/2004).

Di conseguenza, la motivazione della impugnata sentenza sulla prognosi negativa di recidiva, immune da vizi logici o giuridici, non merita censure.

Per quanto concerne la residua deduzione, si osserva come dopo la sentenza 265/2010 della Corte Costituzionale, per il reato per cui si procede, rimane la presunzione relativa del periculum libertatis ed è venuta meno quella assoluta di adeguatezza della custodia carceraria in presenza di esigenze di cautela.

Sul punto, il Tribunale ha tenuto presente il contenuto della menzionata decisione evidenziando gli elementi e gli argomenti dai quali ha tratto la conclusione sulla non praticabilità di una misura custodiate meno afflittiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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