Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 15-09-2011) 11-11-2011, n. 41063

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che in parziale riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Reggio Calabria,del 28.04.2010, ha rideterminato la pena inflitta a T.R. A., per una serie di millantati crediti, tentati o consumati e di connesse truffe pluriaggravate, nella misura di anni cinque,mesi nove e giorni dieci di reclusione ed Euro 2000,00 di multa, avendo dichiarato improcedibile, per difetto di querela, la truffa del capo tt) e avendo affermato la responsabilità penale dell’imputato in ordine alla truffa pluriaggravata in danno di C.A., parte civile appellante, propone ricorso la difesa di T. che chiede l’annullamento della sentenza, deducendo a motivo:

a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all’art. 346 c.p., comma 2 per illogicità della motivazione in ordine alla qualificazione dei fatti di cui ai capi a) r) u) nn) oo) qq) rr) uu) zz): in particolare i soggetti presso i quali millantava il T. sicuramente non rivestivano la qualifica tecnica di PP.UU. ovvero di pubblici impiegati; perchè tali non sono i personaggi politici.

Inoltre la Corte territoriale non ha preso in esame il motivo di appello nel quale ci si doleva del fatto che le millanterie del T. intervenivano dopo la dazione o la promessa di denaro che il T. otteneva solo rappresentandosi come persona in grado di far ottenere il vantaggio promesso, venendo in tal caso a mancare il necessario rapporto causale tra la vendita del fumo e l’atto di disposizione patrimoniale della vittima.

E, nello specifico:

in relazione al capo a) il Presidente del Consiglio di amministrazione della società a capitale misto Leonia SpA, partecipata dal Comune di Reggio Calabria, perchè deputata a servizi di raccolta rifiuti, non riveste qualifica di PP.UU. nè di pubblico impiegato, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che sullo specifico punto ha individuato come elemento qualificante il concorrere a formare la volontà dell’ente pubblico; in relazione al capo r la valorizzazione in termini di PP.UU della generica riferibilità a personaggi influenti e all’ing. S. di (OMISSIS) che dal T. non è stato indicato alle proprie vittime come pubblico ufficiale; in relazione al capo u) non è qualificante l’incontro delle vittime, ad opera del T., con esponenti delle segreterie di alcuni politici reggini; in relazione al capo nn non sono qualificanti le dichiarazioni della persona offesa P.P. che ha parlato di persone influenti e non di PP.UU.;

lo stesso vale per le dichiarazioni delle persone offese P. D. e Pe.Da. del capo oo;

nè sono qualificanti in termini di atti idonei a costituire un tentativo l’offerta di intermediazione che il T. rivolse a M.F. di cui al capo qq, mentre la condotta attribuita al T. nei capi rr,uu e zz non è tale da configurare il tentativo perchè non vi fu millanteria dichiaratamente rivolta a specifici PP.UU. b) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all’art. 61 c.p., n. 2 e 7 contestato ai capi c) i) cc) ee) gg) ed il difetto di querela in relazione al capo e) Afferma il ricorrente che il momento consumativo del reato di cui all’art. 346 è quello del conseguimento del profitto al pari del reato di truffa ed inoltre che carente è la motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante del danno patrimoniale rilevante e del fine teleologico che aggrava i reati di truffa contestati.

Ciò posto è prescritto:

il reato del capo e) perchè il denaro fu conferito al T. nel 2000, secondo quanto dichiarato da A.F.;

quello del capo i) perchè a tenore delle dichiarazioni del C. i soldi furono conferiti nel 2001, 2002;

quello del capo cc) perchè diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale il denaro in lire , fu consegnato nel 2001, che a quell’epoca ancora c’era la lira e non nel 2004;

al capo ee) perchè il tempo di prescrizione è pari a quello previsto per truffa dichiarata prescritta del capo dd);

del capo ee) per il quale valgono le medesime considerazioni fatte per capo precedente, tenuto conto della dichiarazione di prescrizione formulata dal Tribunale per la truffa del capo ff). c) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione agli artt. 56 e 346 c.p.. La motivazione della sentenza in punto di dosimetria della pena è fortemente carente dell’indicazione dei parametri che hanno determinato il giudice di merito a discostarsi dal minimo della pena ed è altresì illogica quando attribuisce la stessa quantità di pena, a titolo di continuazione, sia per l’ipotesi di reato consumato sia per l’ipotesi di tentativo della stessa fattispecie penale. d) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e c) in relazione agli artt. 15, 346 e 640 c.p..

Il giudice di prime cure non aveva ravvisato il concorso di reati tra la truffa e il millantato credito mentre la Corte territoriale ha ravvisato tale concorso in relazione ai capi e) i) cc) ee) gg) sicchè la motivazione sul punto appare illogica,carente e contraddittoria. e) mancata declaratoria di estinzione del reato di cui al capo r) per intervenuta prescrizione, che, a tenore delle dichiarazioni della persona offesa Ma.Sa., si consumò nel (OMISSIS). ed di cui al capo u) che a tenore delle dichiarazioni della persona offesa Me., si consumò nell'(OMISSIS).

Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 L’atto di impugnazione,infatti, per quanto riguarda il motivo di ricorso, sub a), si sostanzia nella mera riproposizione dei motivi di appello, tutti esaurientemente valutati e respinti, con motivazione congrua, completa e logica, dalla Corte territoriale, che il ricorrente non prende,in alcun modo,in considerazione limitandosi a ribadire le originarie censure.

2.2 La Corte territoriale, infatti, dopo aver premesso che le prove della responsabilità penale del T. si individuano nelle dichiarazioni delle vittime e nelle conversazioni intercettate sull’utenza in uso al T., ha messo in rilievo che il modus operandi del T. era consolidato e procedeva dalla scelta di persone bisognose per sè o per i propri familiari di un posto fisso di lavoro, dai quali si faceva promettere somme di denaro consistenti per remunerare funzionar pubblici presso il Comune di Reggio Calabria, la Provincia o la Regione, organizzando meticolosamente le tappe dell’attività di mistificazione, consegnando ai malcapitati "lettere provenienti dal Comune con cui si comunicava la data di inizio delle procedure di assunzione, ha finto di comunicare telefonicamente con i funzionari interessati al fatto sottoporre presso strutture pubbliche i malcapitati con la complicità di un dipendente la cui identità non è stata ancora accertata, a prelievi ematici ed analisi asseritamente necessarie e propedeutiche all’imminente assunzione,ha condotto le vittime in prossimità di consultazioni eletterorali presso le segreterie politiche dei soggetti di volta in volta indicati, ha fatto compilare domandine di assunzione o sostenere colloqui (pag.6)" Quanto alla configurabilità della semplice truffa la Corte ha posto in rilievo che – "l’oggetto della tutela penalistica in tema di millantato credito è esclusivamente il prestigio della pubblica amministrazione, che per la configurazione di tale fattispecie criminosa è richiesto che il comportamento del soggetto attivo si concreti in una "vanteria" implicita od esplicita cioè in una ostentazione della possibilità di influire sul pubblico ufficiale che venga fatto apparire come "soggetto avvicinabile e dunque sensibile a favorire interessi privati"….In tale ottica ,e secondo una condivisibile giurisprudenza ormai consolidata, non assume rilevanza che siano individuati nominativamente i singoli funzionari ed i reali rapporti che il millantatore intrattiene con essi, nè che la persona indicata sia o meno esistente,che l’ufficio cui le persone indicate apparterrebbero sia individuato con precisione o che sia esistente la concreta competenza funzionale del p.u. rispetto al beneficio sperato o promesso.E’ invece sufficiente che la persona offesa comprenda che il presunto referente del millantatore è pubblico ufficiale. A tal proposito va precisato che rivestono la qualifica di pubblico ufficiale i soggetti che esplicano funzioni pubbliche amministrative e tale deve ritenersi il Presidente del Consiglio di Amministrazione di una società per azioni a capitale misto che concorre a formare la volontà dell’Ente pubblico o comunque esplica compiti dall’ente affidati ed è chiamato a svolgere attività avente carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali dell’ente pubblico in questione. Il riferimento è alla società Leonia spa, ente comunque disciplinato da una normativa pubblicistica e che persegue finalità pubbliche anche se con strumenti privatici propri delle S.pA , di cui all’epoca era presidente l’avv. T.; la vicenda è contenuta nel capo a) di cui si tratterà il merito in seguito…(pag.7)" 2.3 La motivazione della Corte di merito è assolutamente allineata con i principi giurisprudenziali dettati dalla Corte Suprema sia in ordine alla configurabilità del millantato credito, che va ravvisato quando il comportamento del soggetto attivo si concreti in una "vanteria", cioè in un’ostentazione della possibilità di influire sul pubblico ufficiale che venga fatto apparire come persona "avvicinabile", cioè "sensibile" a favorire interessi privati in danno degli interessi pubblici di imparzialità, di economicità e di buon andamento degli uffici, cui deve ispirarsi l’azione della pubblica amministrazione (Sentenza n.2645 del 2000 rv 215651), sia in ordine alla irrilevanza, per l’ipotesi di cui all’art. 346 c.p., comma 2, che l’agente indichi nominativamente i funzionari o impiegati i cui favori devono essere comprati o remunerati; sia,infine, in ordine alla sussistenza della qualifica di pubblico ufficiale in capo a rappresentanti di società per azioni aventi ad oggetto attività ad evidenza pubblica (SS.UU Sentenza n. 10 del 1989 rv. 181888; Sentenza n. 1806 del 1993 rv. 195157 ;

Sentenza n. 1943 del 1999 rv. 213910).

Generici e privi di ogni correlazione con la motivazione della sentenza impugnata sono,inoltre, i motivi di ricorso relativi alle imputazioni sub u, oo, nn, qq, rr, uu, zz che postulano, necessariamente, la conoscenza di atti, quali le dichiarazioni delle parti lese, che questa Corte non ha.

2.4 Manifestamente infondato è il motivo di ricorso sub b), che postula la prescrizione per il reati di truffa pluriaggravata di cui ai capi c), i, cc, ee. Al capo c) è stata,infatti, contestata una truffa pluriaggravata commessa tra il (OMISSIS) ed il maggio 2007 il cui termine massimo prescrizionale è pari ad anni sette e mesi sei, ad oggi non ancora decorsi, nè è possibile in sede di ricorso, proporre una diversa ricostruzione dei fatti diversa da quella ritenuta dai giudici del merito; del pari manifestamente infondato è il motivo di ricorso di cui al capo cc) che è stato consumato, secondo la puntuale ricostruzione fatta dal giudice di merito ,successivamente al giugno 2004; lo stesso deve ritenersi per il capo ee), la cui consumazione è stata fissata nel giugno 2004.

Manifestamente infondato anche il motivo relativo al capo i) per il quale si chiede la prescrizione del reato, che, però, già è stata dichiarata, con la sentenza di prime cure.

2.5 Inammissibili perchè manifestamente infondato è il motivo sub 3) ,perchè la sentenza di primo grado, alla quale quella d’appello fa rinvio, ha reso una motivazione congrua sulla determinazione della pena ed inoltre la commisurazione della pena non è stata oggetto di motivo di appello; il motivo sub 4); perchè , del pari,la doglianza relativa alla insussistenza del reato di cui all’art. 346 c.p., è smentita dalla motivazione della sentenza impugnata; perchè, infine, il reato di cui al capo r) è stato consumato, come emerge dalla motivazione della sentenza, in epoca prossima al febbraio 2004. 2.6 Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile; a tale dichiarazione consegue la condanna alle spese del procedimento, ivi comprese quelle della costituita parte civile che si liquidano in Euro 1900,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge nonchè , ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile F.F., che liquida nella somma complessiva di Euro 1900,00 oltre spese generali, I.V.A., C.P.A. come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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