T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 19-12-2011, n. 3239

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 2.10.2007, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (d’ora innanzi, per brevità, anche solo "Ministero" oppure "MIBAC"), rigettava l’istanza presentata dal sig. A.C.C., di richiesta di revisione del provvedimento ministeriale di apposizione del vincolo culturale, ai sensi dell’art. 128 del D.Lgs. 42/2004, sul dipinto attribuito al pittore Frans Floris e raffigurante una "Allegoria della Virtù".

Contro il citato provvedimento negativo, era proposto dallo stesso sig. C.C. un primo ricorso innanzi al TAR di Milano, che accoglieva il gravame con sentenza della Sezione II n. 5347 del 15.12.2009.

La sentenza era impugnata davanti al Consiglio di Stato, che rigettava però l’appello dell’Avvocatura dello Stato, confermando così la sentenza di primo grado, con decisione n. 5063 del 30.7.2010.

Al termine di tale vicenda contenziosa, il Ministero, con decreto prot. 816 del 27.1.2011, a firma del Direttore Regionale della Lombardia, confermava la dichiarazione di interesse storico ed artistico del dipinto di cui è causa.

Contro il citato decreto ministeriale, era proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva, per i motivi che possono così sintetizzarsi:

A) nullità del decreto ex art. 21septies della legge 241/1990, per elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questa Sezione n. 5347/2009;

B) in ogni caso, illegittimità del decreto impugnato per:

1) violazione degli articoli 1, 2, 3, 10 comma 3, e 13 del D.Lgs. 22.1.2004 n. 42 anche in relazione all’art. 9 della Costituzione, agli artt. 3436 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e all’art. 2 del Regolamento CE 18.12.2008 n. 116/2009; eccesso di potere per difetto dei presupposti e carenza di motivazione;

2) violazione degli articoli 1, 2, 3, 10 comma 3 e 13 del D.Lgs. 42/2004; eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità manifeste;

3) violazione degli articoli 1, 2, 3, 10 comma 3 e 13 del D.Lgs. 42/2004; eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità manifeste e per disparità di trattamento. Sviamento di potere.

Si costituiva in giudizio il Ministero intimato, concludendo per il rigetto del gravame.

In esito all’udienza cautelare del 9.6.2011, la domanda di sospensiva era respinta con ordinanza n. 949/2011.

Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2011, la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Nel primo mezzo di ricorso, si sostiene la nullità del decreto ministeriale per elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questo Tribunale n. 5347/2009, confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 5063/2010 (cfr. docc. 2 e 3 del ricorrente).

La censura è infondata.

La sentenza del TAR n. 5347/2009 ha annullato il decreto del 2007, confermativo del vincolo sul dipinto di Frans Floris, avendo riscontrato una serie di incongruità ed illogicità, oltre che un difetto di istruttoria, nell’azione della Pubblica Amministrazione, la quale aveva erroneamente ritenuto che il dipinto costituisse una allegoria della città di Genova.

Il Consiglio di Stato, dal canto suo, nel confermare le conclusioni del giudice di prime cure, ha fatto però salve "le attribuzioni della competente autorità, all’esito di una più approfondita istruttoria, in sede di rideterminazione sull’istanza di revisione" (cfr. doc. 3 del ricorrente, pag. 3), consentendo così il nuovo esercizio del potere amministrativo.

L’Autorità Amministrativa, dato atto delle pregresse pronunzie giurisdizionali, ha rinnovato il procedimento di valutazione dell’interesse storico e culturale del dipinto, giungendo, con una motivazione in gran parte differente da quella del provvedimento annullato, alla conferma del vincolo.

In tal caso, non si può ravvisare alcuna violazione o elusione del giudicato, fermo restando – ovviamente – il sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità del nuovo provvedimento, da condursi, nel caso di specie, sulla base dei motivi esposti in ricorso.

Sul punto, preme ricordare la più recente giurisprudenza del giudice amministrativo, per la quale, affinché possa ravvisarsi il vizio di violazione o elusione del giudicato – che comporta la radicale nullità dei provvedimenti che ne sono affetti ed è deducibile direttamente anche in sede di ottemperanza, indipendentemente dalla loro impugnazione nel termine di decadenza – non è sufficiente che la nuova attività posta in essere dall’Amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo invece necessario che la P.A. eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. III, 25.11.2011, n. 1799, con la giurisprudenza ivi richiamata).

Nel caso di specie, lo stesso giudicato formatosi sulla sentenza del TAR Milano del 2009 consentiva il nuovo esercizio del potere amministrativo, seppure nel rispetto dei canoni di una rigorosa istruttoria e di una adeguata motivazione.

2. E’ quindi necessario lo scrutinio dei vizi di legittimità del provvedimento ministeriale impugnato.

2.1 Sul punto appaiono doverose talune preliminari considerazioni in merito ai limiti del sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità della P.A., soprattutto in materia di beni culturali.

A tale proposito, è ormai abbandonato l’orientamento che ammetteva la sostanziale insindacabilità della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, sostenendosi ora invece la possibilità, per il giudice amministrativo, di valutare gli accertamenti tecnici della P.A. attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza, quanto al criterio tecnico adottato ed al relativo procedimento applicativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9.4.1999, n. 601).

Nello specifico settore dei beni culturali, l’accertamento dell’interesse storico e culturale implica l’applicazione di regole certamente di carattere tecnico e specialistico, seppure caratterizzate da un margine di opinabilità fisiologico.

Tale margine discende dalla inevitabile considerazione che il valore culturale e storico di un’opera – dal quale discende la dichiarazione di interesse di cui all’art. 13 del D.Lgs. 42/2004 – è correlato alle concezioni culturali della società e dell’opinione pubblica in un determinato momento storico.

Ne consegue che il giudice amministrativo, per non sostituirsi arbitrariamente alle valutazioni dell’Autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale, dovrà verificare il corretto esercizio dei poteri spettanti a quest’ultima sotto il profilo della completezza dell’istruttoria, della effettiva sussistenza dei presupposti per provvedere, nonché dell’effettiva osservanza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza (cfr., fra le più recenti decisioni, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, sezione giurisdizionale, 10.6.2011, n. 418, con la giurisprudenza ivi richiamata e Consiglio di Stato, sez. VI, 3.5.2011, n. 2607 e 30.6.2011, n. 3894).

2.2 Nel primo motivo di contestazione, è denunciata la violazione di una pluralità di norme, anche della Costituzione e dell’Unione Europea, per pervenire alla conclusione che l’opera dell’artista in questione (il fiammingo Frans Floris di Anversa), non appare di particolare rilevanza storica e culturale, sicché non si potrebbe sostenere la sua appartenenza al patrimonio nazionale italiano.

In realtà, la lettura dell’iter motivazionale del decreto impugnato del 27.1.2011, rende conto delle ragioni corrette poste dall’Amministrazione alla base della propria scelta, che non appaiono né illogiche né irragionevoli.

Infatti, dopo avere abbandonato l’erroneo presupposto fattuale collocato a fondamento del pregresso provvedimento annullato da questo Tribunale (vale a dire la qualificazione del dipinto come allegoria della città di Genova), l’Amministrazione ha messo in evidenza i seguenti elementi (cfr. doc. 1 del ricorrente, pag. 7 e seguenti):

– la qualità esecutiva dell’opera è molto alta, contrariamente a molte altre opere pittoriche del Floris (questo giudizio di qualità estetica non appare sindacabile, essendo attinente non alla discrezionalità tecnica, quanto al merito dell’azione amministrativa);

– l’opera risulta avere anche il requisito della rarità, visto che il catalogo attuale del Floris conta circa un trentina di pezzi;

– quand’anche il catalogo del Floris fosse più ampio di quello sopra indicato, il dipinto appare raro, nell’ambito della produzione dell’autore, nella quale sono diffuse opere realizzate in collaborazione con altri oppure da anonimi seguaci;

– il dipinto, inoltre, risulta essere l’unico a carattere encomiastico, destinato a celebrare la virtù (vera o presunta) del committente;

– poche e di minore qualità sono le opere del Floris esistenti presso collezioni pubbliche o aperte al pubblico in Italia, il che giustifica la classificazione del dipinto di cui è causa nel patrimonio artistico nazionale.

Dal canto suo, la relazione storico artistica allegata al provvedimento impugnato, conferma sia l’attribuzione del dipinto al Floris sia l’alta qualità pittorica dell’opera.

Nel contempo, la medesima ricorda come il soggiorno del Floris in Italia abbia avuto una fondamentale importanza nella formazione culturale dell’autore.

La stessa documentazione storica ed artistica versata in atti dall’esponente (docc. 2022), non pare contraddire le risultanze dell’Amministrazione.

Infatti, al doc. 20 del ricorrente, pag. 499/502, si legge che Floris "si dimostra completamente nell’orbita italiana", al punto che risulta citato da autori italiani quali il celebre Vasari; al doc. 21, pag. 547, si conferma la venuta dell’artista in Italia, nelle città di Roma, Mantova e Genova, dove realizzò un trittico per la parrocchiale di Santa Margherita Ligure (GE).

Non paiono pertanto erronee le asserzioni dell’Amministrazione circa l’importanza dell’artista ed il suo legame con la cultura e l’arte italiana, che giustificano la riconduzione dell’opera al patrimonio nazionale, non ostando l’origine straniera dell’autore (cfr. sul punto, TAR Lazio, sez. IIquater, 23.12.2010, n. 38574, che ha riconosciuto la rilevanza per il patrimonio culturale italiano addirittura di opere appartenenti ad una antica civiltà indiana).

Neppure sussiste la lamentata violazione del diritto dell’Unione Europea e segnatamente dell’art. 36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione e dell’art. 2 del Regolamento CE n. 116/2009.

Entrambe le norme, infatti, consentono agli Stati membri la più ampia tutela del proprio patrimonio nazionale, nozione questa che non è però definita a livello dell’Unione, essendo lasciata alla discrezionalità degli Stati.

Nel caso di specie, legittimamente l’opera è stata ricondotta al patrimonio della Nazione (come intesa dall’art. 9 della Costituzione), sicché non vi è alcuna inosservanza della normativa europea (cfr. sul punto, TAR Milano, sez. II, 21.5.2010, n. 1648).

2.3 Possono, infine, essere trattati congiuntamente i motivi 2 e 3, dove si denunciano il difetto di motivazione, la contraddittorietà e l’illogicità dell’azione amministrativa.

Preme al Collegio, a tale proposito, richiamare quanto sopra esposto al punto 2.2, circa la logicità della scelta compiuta dal MIBAC, per escludere ogni difetto di motivazione o illogicità dell’operato di quest’ultima.

Neppure potrebbe sostenersi la contraddittorietà dell’azione della P.A., per avere rilasciato pregresse autorizzazioni all’esportazione, che sono tutte fra l’altro risalenti al 1995, oltre ad essere riferite ad opere differenti da quella di cui è causa.

In conclusione, devono rigettarsi anche il secondo ed il terzo motivo.

3. La complessità delle questioni trattate induce il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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