Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 11-11-2011, n. 41118

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 16.9.2010, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso tribunale, in data 4.8.2010, con il quale veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di T. D.I. per il delitto di partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, operante nel territorio di Reggio Calabria e provincia, ed in particolare quale appartenente alla locale di "(OMISSIS)", con condotta perdurante.

2. Il Tribunale, dopo avere ripercorso i temi delle indagini in relazione alle strutture associative in contestazione rilevava, in primo luogo, che già nell’ambito di procedimenti definitivamente conclusi erano stati accertati i tratti fondamentali dell’organizzazione dei gruppi criminali ‘ndranghetisti nell’ambito dei diversi territori. Quindi, dalle numerose conversazioni intercettate delle più recenti indagini si traevano elementi univoci in ordine all’attuale operatività delle locali di ‘ndrangheta e della esistenza di un organismo più ampio e sovraordinato denominato "Provincia"; numerose, infatti, sono le conversazioni captate tra personaggi di spicco, tra i quali l’indagato, nelle quali veniva fatto specifico riferimento nel contesto organizzativo alla "Provincia".

Quanto alla specifica posizione del T., il tribunale rilevava che elementi univoci del suo inserimento nel sodalizio si desumevano dalla conversazione tra C.G. e l’indagato intercettata il 3 febbraio 2010 all’interno della lavanderia "(OMISSIS)", gestita da C.G., in (OMISSIS), il cui contenuto viene riportato testualmente e valutato nei singoli passaggi. Peraltro, la riferibilità al T. era confortata dagli accertamenti effettuati attraverso videosorveglianza che consentivano di verificare e la mattina del 3 febbraio 2010 il predetto si presentava dal C..

3. Avverso la predetta ordinanza ricorre T.D.I., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione di legge in relazione agli artt. 272 e 273 cod. proc. pen., rilevando quanto di seguito.

Il provvedimento impugnato, ad avviso del ricorrente, presta il fianco notevoli "falle interpretative". T. ha intrattenuto un dialogo con tale C. in relazione a temi introdotti da quest’ultimo dei quali il ricorrente dimostra di non sapere nulla, infatti, di tanto in tanto opera delle considerazioni errate e viene ripreso dal C.. Invero, è palese che il predetto stesse bluffando per altre finalità e che il suo interlocutore intuisce che si tratta di uno sprovveduto. Non è necessario affrontare questioni giuridiche interpretative per rendersi conto che l’indagato è un ragazzo che non ha nulla del mafioso.

3. 1. Con la nota in data 30.5.2011 il ricorrente ha proposto motivi nuovi con i quali deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione della ordinanza impugnata, lamentando: a) la mera adesione senza alcuna autonoma valutazione del tribunale rispetto alla valutazione del giudice che aveva emesso la misura cautelare; b) l’insussistenza della gravità indiziaria a carico del T. in ordine al reato contestato tratta esclusivamente da una conversazione dalla quale non è dato dedurre alcun contributo causale, ancorchè marginale, dello stesso al sodalizio criminale.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per quanto di seguito indicato.

Premesso che "i motivi nuovi a sostegno dell’impugnazione, previsti nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare ( art. 311 cod. proc. pen., comma 4) devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581 cod. proc. pen., lett. a)" (Sez. 5, n. 45725, 22/09/2005, rv. 233210; Sez. 3, n. 2023, 13/11/2007, rv. 238527), va rilevato, in primo luogo, che la conversazione dalla quale vengono tratti gli elementi indizianti deve, all’evidenza, essere inquadrata e valutata unitariamente nel contesto complessivo nella quale si inserisce e tenendo conto della qualità dell’interlocutore.

Tanto è stato adeguatamente valutato e valorizzato nell’ordinanza impugnata che riporta in maniera puntuale (pag. 31 e ss.) tutti i passaggi della conversazione, rilevando come l’indagato chiedesse indicazioni in ordine al comportamento da tenere per risolvere un problema sorto a seguito di una questione verificatasi in un ristorante di Cassar con alcuni affiliati alla locale di Fabrizia.

Tutti i significativi e numerosi passaggi della conversazione, ad avviso del tribunale, costituivano un quadro indiziario di palese ed inequivoca gravità in ordine a quanto contestato all’indagato che ne riferisce personalmente.

Sicchè, ad avviso del Collegio, a fronte della motivazione del tribunale, esaustiva e plausibile, le doglianze con le quali si sostiene la carenza indiziaria appaiono, oltre che manifestamente infondate, in definitiva anche generiche e tendenti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti esclusivamente attinenti all’apprezzamento, che risulta correttamente operato, del materiale probatorio.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna per legge del ricorrente, al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla cassa delle ammende, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa, di una somma, congruamente determinabile in Euro 1000,00.

La cancelleria provvederà alle comunicazioni previste dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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