Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-05-2012, n. 8012 Assemblea dei condomini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 1997, il Condominio (OMISSIS) convenne in giudizio B.E. e F.A., rispettivamente nuda proprietaria ed usufruttuario di una villa confinante, chiedendo che fosse dichiarato che essi non erano titolari di alcun diritto di passare, a piedi o con veicoli, attraverso il piazzale condominiale, precisando che il diritto di passaggio costituito, in virtù dell’art. 20 del regolamento del Condominio, risalente al 1960, in favore di A.L., precedente proprietario del loro immobile, mediante l’apertura di un cancello sul predetto cortile, aveva carattere personale e non reale, sicchè esso si era ormai estinto con la morte del beneficiario, avvenuta nel 1996.

B.E. e F.A. si opposero alla domanda eccependo la nullità della delibera dell’assemblea condominiale che aveva deciso la proposizione dell’azione, in quanto assunta senza previa convocazione dei proprietari dei garages, tra cui vi erano gli stessi convenuti, e in mancanza della maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c., comma 4; nel merito contestarono la domanda e chiesero, in via riconvenzionale, che fosse dichiarato il proprio diritto di passare e posteggiare sul piazzale di proprietà del Condominio quali proprietari di un garage facente parte del compendio condominiale;

chiesero ed ottennero, inoltre, di essere autorizzati a chiamare in garanzia M.C., loro dante causa, che aveva ereditato l’immobile da A.L., dal momento che nel loro atto di acquisto del 1996 era stata specificatamente indicata l’esistenza di un ingresso pedonale attraverso il cortile del Condominio (OMISSIS).

M.C. si costituì in giudizio aderendo alle difese ed alle domande avanzate dai convenuti nei confronti del Condominio e chiedendo, in via riconvenzionale, che fosse accertato che la servitù contestata si era costituita per destinazione del padre di famiglia o, in subordine, per usucapione. Con sentenza del 2001, il Tribunale di Sanremo, ritenute superflue le prove orali richieste dalle parti, rigettò la domanda del Condominio e, in parziale accoglimento di quelle riconvenzionali, dichiarò che i convenuti avevano il diritto di accedere al loro garage anche a mezzo di veicoli. Interposero appello principale il Condominio ed incidentali sia i convenuti che la terza chiamata.

Con sentenza n. 475 del 16 maggio 2005, la Corte di appello di Genova riformò la decisione di primo, accogliendo in parte la domanda del Condominio e rigettando quelle riconvenzionali delle altre parti. In particolare, la Corte statuì che il fondo di proprietà dei convenuti non godeva di alcuna servitù di passaggio, neppure pedonale, attraverso il cortile del Condomino (OMISSIS) e condannò i convenuti ad eliminare il cancello che si apriva su di esso;

condannò M.C. al risarcimento del danno subito dai convenuti per effetto della sentenza, da liquidarsi in separato giudizio; condannò infine i convenuti al pagamento delle spese processuali sostenute dal Condominio nei due gradi di giudizio e la M. a rimborsare ai convenuti il relativo esborso nonchè alla rifusione delle spese di lite dagli stessi sostenute. Il giudice di secondo grado motivò la sua decisione affermando: che l’eccezione di nullità della Delib. condominiale del 4 gennaio 1997, che aveva autorizzato l’amministratore a proporre l’azione in giudizio, era infondata, in quanto, pur dovendosi considerare i garages facenti parte del Condominio, la mancata convocazione dei rispettivi proprietari alla predetta assemblea integrava una causa di annullamento e non di nullità della relativa delibera, che non era stata tempestivamente impugnata dagli interessati nel termine di legge; che analoga conclusione doveva assumersi con riferimento anche alla successiva Delib. del 7 gennaio 2000, che aveva ratificato con effetto ex tunc il mandato all’amministratore, ed in relazione alla Delib. del 14 marzo 2002, che aveva autorizzato l’amministratore a proporre appello, tenuto altresì conto che esse erano state adottate con la maggioranza prescritta dalla legge; che l’art. 20 del regolamento del Condominio, che aveva riconosciuto al confinante A., originario proprietario del fondo dei convenuti, il diritto di aprire un cancello sul piazzale condominiale, con relativa scaletta, aveva costituito, in forza della sua stessa formulazione letterale, un diritto personale di godimento e non un diritto reale di servitù; che tale conclusione assorbiva e comunque rendeva infondata anche la richiesta di accertamento della contestata servitù per costituzione del padre di famiglia o per usucapione, avendo le parti, attraverso la predisposizione della clausola regolamentare, riconosciuto o comunque modificato l’animus relativo all’esercizio del passaggio, che proprio nella disposizione regolamentare aveva trovato la nuova fonte della sua disciplina; che la circostanza che le parti avessero conformato il loro comportamento alla clausola regolamentare per oltre 36 anni, dal 1960, anno di predisposizione del suddetto regolamento, al 1996, aveva comunque impedito il decorso del termine necessario per l’usucapione e, nel contempo, precluso per incompatibilità con la nuova disciplina del passaggio controverso, che lo stesso potesse essere esercitato come diritto reale, qualora in ipotesi già esistente; che, avendo la M. garantito, nell’atto di compravendita del 1996, l’esistenza della servitù di passaggio, la predetta era tenuta a manlevare gli acquirenti dal pregiudizio subito dalla sentenza e quindi a risarcire loro i danni conseguenti, da liquidarsi, come richiesto, in separato giudizio.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 22 maggio 2006, ricorrono B.E. e F.A., affidandosi a sei motivi. M.C. ha notificato in data 28 giugno 2006 controricorso e ricorso incidentale, articolato su sei motivi.

Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, sulla base di un solo motivo, il Condominio (OMISSIS).

Ciascuna delle parti ha replicato al ricorso incidentale avversario con distinto controricorso. Il Condominio (OMISSIS) ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

2. Il primo motivo del ricorso principale avanzato da F.A. e B.E. e quello del ricorso incidentale di M. C., che, essendo sostanzialmente identici, vanno trattati congiuntamente, denunziano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione degli art. 1136 c.c. e art. 1137 c.c., comma 3, e art. 182 cod. proc. civ. e art. 125 disp. att. cod. proc. civ., lamentando il rigetto da parte della sentenza impugnata della propria eccezione di nullità delle delibere con cui il Condominio aveva autorizzato l’amministratore a proporre l’azione in giudizio e poi l’atto di appello avverso la pronuncia di primo grado. La Corte, ad avviso dei ricorrenti, è partita dall’esatta premessa che i proprietari dei garages, tra cui gli stessi convenuti, facendo tali beni parte del Condominio, avrebbero dovuto essere convocati ai fini delle predette assemblee, ma ha errato laddove ha affermato che tale causa di annullamento delle delibere si sarebbe sanata per effetto della loro mancata impugnativa nel termine di legge. La Corte infatti non ha considerato che il termine di impugnativa decorre, in tali casi, dal momento della comunicazione del deliberato ai condomini assenti e che, non essendo tale adempimento mai stato eseguito nei confronti dei convenuti, detto termine non aveva mai iniziato a decorrere.

Sotto altro profilo, il motivo critica la decisione impugnata laddove ha ritenuto sanato il difetto della Delib. del 1997, in quanto adottata senza la maggioranza stabilita dalla legge, per effetto della successiva Delib. del 7 gennaio 2000, che aveva ratificato l’attività dell’amministratore di promozione della lite, senza considerare che l’eccezione sollevata dai convenuti atteneva al difetto di capacità dell’amministratore di conferire la procura alle liti al difensore, difetto non sanabile nel corso del giudizio a mente dell’art. 182 cod. proc. civ. e tale da determinare la nullità dell’atto di citazione.

La sentenza impugnata è poi caduta nei vizi denunziati laddove, nell’affermare che sia la delibera di ratifica del 2000, che quella relativa alla proposizione dell’appello erano state adottate con la maggioranza di cui all’art. 1136 cod. civ., non ha tenuto conto, ai fini del calcolo di tale maggioranza, delle quote riferibili ai titolari dei garages, che erano stati pretermessi dalla riunione limitandosi ad accogliere il dato risultante dai verbali dell’assemblea, che tali quote chiaramente non avevano conteggiato.

Con un unico mezzo il Condominio, nel proprio ricorso incidentale, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 1362 c.c., comma 2, e dell’art. 1363 cod. civ. nonchè degli artt. 1100 e 1177 c.c., censura l’affermazione della Corte di appello che, in relazione all’eccezione di invalidità delle delibere dell’assemblea condominiale che autorizzavano l’amministratore a promuovere la presente causa, ha ritenuto che a tale assemblea avrebbero dovuti essere convocati anche i proprietari dei garages, facendo tali beni parte del Condominio. Tale conclusione, sostiene il ricorrente, è errata, risultando fondata sul solo rilievo della inclusione, nel regolamento condominiale, della tabella D, che prevede la ripartizione delle spese di manutenzione dei suddetti garages; per contro la Corte non ha considerato che essi si trovano in un corpo di fabbrica del tutto separato ed autonomo del Condominio e che il relativo regolamento riserva ai soli proprietari degli appartamenti la titolarità, come bene comune, del cortile destinato a parcheggio delle autovetture, oggetto della pretesa di passaggio della controparte, mentre i garages non condividono alcun bene o parte comune del Condominio, non risultando assegnato ai loro titolari alcun millesimo di proprietà. La Corte, inoltre, non ha considerato, violando anche in questo caso le regole di ermeneutica contrattuale, che, nei suoi quarant’anni di vita, mai alcuna comunicazione relativa alle riunioni assembleare era mai stata inviata i proprietari dei garages.

Il motivo del ricorso incidentale, che va esaminato per primo ponendo una questione preliminare rispetto al tema affrontato dagli altri motivi sopra esposti, è fondato.

Costituisce un dato pacifico in causa che i garages si trovano ubicati in un blocco edilizio separato rispetto all’edificio in cui si trovano gli appartamenti condominiali. Tale circostanza di fatto non è stata debitamente considerata dalla Corte di merito, che ha invece ritenuto decisiva, ai fini della loro appartenenza al condominio, la presenza, tra gli allegati del regolamento condominiale, di una tabella di ripartizione delle spese di manutenzione dei garages ed il fatto che il piazzale condominiale di posteggio si trovi collocato davanti ad essi.

Questo ragionamento non può essere condiviso. La figura del condominio si caratterizza, secondo quanto risulta dall’art. 1117 cod. civ., per la presenza, in uno stesso edificio, di piani o porzioni di piani di proprietà individuale. La definizione normativa va riferita, pertanto, all’edificio che presenta tali caratteri, a cui va circoscritto il fenomeno della proprietà condominiale. Data questa premessa, risulta evidente che l’estensione della proprietà condominiale ad edifici separati ed autonomi rispetto all’edificio in cui ha sede il condominio può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo manufatto nella proprietà del condominio medesimo. Con ciò si vuoi dire che in tanto può ritenersi che del condominio faccia parte anche il manufatto da esso separato e distinto, in quanto vi sia un titolo di proprietà che qualifichi espressamente tale bene come appartenente al condominio. La relazione tra l’uno e l’altro va pertanto cercata e dimostrata nel titolo di proprietà, vale a dire negli atti in cui, attraverso al vendita dei singoli appartamenti, il condominio medesimo risulta costituito.

Per contro, nessuna particolare rilevanza, a tal fine, può essere ascritta alla presenza, tra gli allegati del regolamento condominiale, di una tabella di ripartizione delle spese dei garages tra i corrispondenti proprietari nè alla circostanza che il cortile condominiale sia da questi ultimi utilizzato per accedere al loro bene. Non la prima, in quanto il regolamento di condominio non costituisce un titolo di proprietà, ma ha la sola funzione di disciplinare l’uso della cosa comune e la ripartizione delle spese (art. 1138 cod. civ.); nè la seconda, atteso che l’uso promiscuo di un bene o di una porzione di esso non fa presumere l’appartenenza unica dei beni che se ne servono e da esso traggono vantaggio.

Per tali ragioni la conclusione accolta dalla Corte distrettuale appare fondata su argomenti giuridicamente inconsistenti, atteso che essa avrebbe potuto essere giustificata soltanto in forza dell’allegazione dell’atto di costituzione del condominio e la conseguente dimostrazione dell’appartenenza dei garages al condominio medesimo. L’unico motivo del ricorso incidentale va pertanto accolto, con conseguente assorbimento del primo motivo del ricorso principale e di quello incidentale avanzato dalla M., dal momento che l’estraneità degli stessi al Condominio esclude che essi abbiano il potere di contestare la legittimità delle delibere adottate dall’assemblea condominiale sotto il profilo sollevato dell’osservanza delle norme dettate per la loro formazione.

3. Il secondo motivo del ricorso principale denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., lamentando che la Corte di appello abbia accolto la domanda del Condominio di negatoria servitutis sulla base dell’art. 20 del regolamento condominiale, ritenendo che esso attribuisse al dante causa dei convenuti, A.L., un diritto di natura personale e non reale di passare attraverso il cortile condominiale, senza considerare nè motivare sulla base di quale norma o principio di diritto il regolamento condominiale potesse creare obblighi per i convenuti, che, come proprietari di un immobile che pacificamente non fa parte del Condominio, erano del tutto estranei alla disciplina posta dal relativo regolamento. Nè, in proposito, si può aderire alla tesi del Condominio, secondo cui la relativa clausola regolamentare andava a costituire un contratto a favore di un terzo, laddove il terzo sarebbe per l’appunto l’ A., atteso che quest’ultimo non aveva mai aderito formalmente al contratto e che, in considerazione della natura formale del negozio costitutivo di diritti reali di servitù, non è ipotizzabile un’adesione allo stesso per facta concludentia.

Il terzo motivo del ricorso principale e di quello incidentale, che, essendo sostanzialmente identici, vanno trattati congiuntamente, denunziano violazione dei principi generali che regolano la proprietà e delle disposizioni specifiche del codice civile in materia di proprietà, servitù, oneri reali e trascrizioni, violazione per falsa applicazione dell’art. 1138 c.c. e dell’art. 1325 c.c. e segg., assumendo che la conclusione raggiunta dalla Corte di appello, che ha ravvisato nella clausola del regolamento condominiale un contratto costitutivo di un diritto personale a vantaggio di un terzo, si pone in contraddizione con la stessa funzione del regolamento di condominio attribuita dalla legge, non essendo tale atto un titolo negoziale idoneo a costituire diritti reali o personali in favore di terzi estranei al condominio stesso.

In tale clausola difettavano gli stessi requisiti del contratto, l’accordo delle parti, la causa e l’oggetto. In realtà, sostengono i ricorrenti, la clausola condominiale in discorso costituiva una semplice ricognizione dell’obbligazione propter rem a carico del Condominio di mantenere il passaggio attraverso il cortile condominiale.

Sotto altro profilo, il giudice distrettuale non ha ben considerato che il regolamento, in quanto mai trascritto sull’immobile dell’ A., non era opponibile a questi nè ai suoi aventi causa.

Il quarto motivo del ricorso principale denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 cod. civ., lamentando che la Corte di merito abbia disatteso la domanda di accertamento della servitù per costituzione del padre di famiglia e per usucapione sulla base del rilievo che la clausola del regolamento condominiale, conferendo all’ A. un mero diritto personale, escludeva comunque la sussistenza dell’animus, senza considerare che l’ A. era rimasto estraneo, in quanto terzo, al predetto regolamento condominiale, sicchè nessuna efficacia la sua predisposizione poteva esercitare nei suoi confronti.

Il quinto motivo del ricorso principale ed il quarto motivo del ricorso incidentale, che, essendo sostanzialmente identici, vanno trattati congiuntamente, denunziando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione degli artt. 1073, 1141, 1164, 1165 e 2944 cod. civ., criticano l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui la circostanza che le parti avessero conformato il loro comportamento alla clausola regolamentare per oltre 36 anni, dal 1960, anno di predisposizione del suddetto regolamento, al 1996, aveva comunque impedito il decorso del termine necessario per l’usucapione e, nel contempo, precluso, per incompatibilità con la nuova disciplina del passaggio controverso, che lo stesso potesse essere esercitato come diritto reale, qualora in ipotesi già esistente, con la conseguente estinzione dello stesso per mancato uso ventennale. Tale conclusione, ad avviso dei ricorrenti, ripete l’errore di avere attribuito alla clausola regolamentare efficacia anche nei confronti dell’ A., che invece era rimasto estraneo ad essa. Ne consegue che la sua predisposizione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudicante, non poteva avere alcun effetto sull’atteggiarsi dell’elemento psicologico che accompagnava l’esercizio del passaggio. Risulta in tal modo disapplicata anche la regola in ordine alla presunzione di possesso. La Corte, inoltre, avrebbe dovuto considerare la situazione di fatto in concreto esistente, dando il giusto rilievo alla circostanza che l’esercizio del passaggio dalla proprietà dell’ A. sull’area poi destinata a cortile condominiale era cominciato almeno dieci anni prima della stessa costituzione del Condominio. Il sesto motivo del ricorso principale ed il quinto motivo del ricorso incidentale, che, essendo sostanzialmente identici, vanno trattati congiuntamente, denunziano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione delle norme interpretative dei negozi giuridici degli artt. 2721-2726 cod. civ. e degli artt. 244-257 cod. proc. civ., lamentando che il giudice di secondo grado non abbia dato ingresso alle prove orali richieste dalle parti e volte a dimostrare che il passaggio sull’area poi destinata a cortile condominiale era iniziata fin dal 1954, quando il Condominio ancora non esisteva, fatto che avrebbe altresì consentito di valutare in modo differente e più appropriato la clausola condominiale che riconosceva il diritto in questione.

Il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da M. C. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1062 cod. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello abbia riconosciuto, attraverso una lettura dell’art. 20 del regolamento contrattuale, natura personale e non reale al diritto di passaggio, disattendendo l’esame della documentazione ipocatastale prodotta i giudizio dalla attuale ricorrente in forza della quale veniva dimostrato che il passaggio era stato costituito in forma di servitù per destinazione del padre di famiglia. I terreni delle parti infatti, prosegue la ricorrente, appartenevano in origine al medesimo proprietario, erano sempre stati in comunicazione tra loro e tale situazione era rimasta invariata al momento della loro cessione.

Nessun atto negoziale successivo è poi mai intervenuto a modificare tale diritto. La sentenza impugnata ascrive un tale effetto al regolamento di condominio, senza considerare nè motivare sulla base di quale norma o principio di diritto tale atto possa considerarsi idoneo a creare obblighi per coloro che, essendo proprietari di un immobile che pacificamente non fa parte del Condominio, erano del tutto estranei alla disciplina posta dal relativo regolamento.

Questi motivi, che vanno trattati congiuntamente apparendo incentrati o comunque tutti dipendenti dalle medesime affermazioni della Corte di appello, sono fondati per le ragioni e nei limiti di seguito precisati.

La Corte territoriale ha affermato che il diritto di passaggio per cui è causa risulta disciplinato dall’ari. 20 del regolamento del Condomino (OMISSIS) e che detta clausola si limitava ad attribuire un mero diritto personale di passaggio in capo all’ A., precedente proprietario dell’immobile dei convenuti F. e B., che si era estinto a seguito della morte del titolare; ha quindi aggiunto, in risposta alle domande riconvenzionali di questi ultimi, che la suddetta regolamentazione impediva di ritenere che il passaggio de quo, dal 1960 (data di predisposizione del regolamento) al 1996 (data di proposizione da parte del Condominio dell’acro negatoria) fosse stato esercitato in termini di possesso, difettando il necessario requisito dell’animus, con la conseguenza che, anche ad ammettere che l’invocato diritto reale di servitù fosse stato costituito in origine per destinazione del padre di famiglia, esso si sarebbe estinto per non uso ventennale e che, per il medesimo presupposto, doveva escludersi che esso fosse sorto per usucapione.

Tanto precisato, non può non convenirsi, in adesione alle osservazioni critiche svolte dai ricorrenti, che la motivazione della sentenza impugnata muova da un presupposto, costituito dalla ritenuta efficacia negoziale della clausola del regolamento condominiale richiamata anche nei confronti di terzi, che viene accolto senza alcuna dimostrazione del suo fondamento. La Corte di merito ha ritenuto che il diritto di passaggio trovasse la sua regolamentazione, di natura evidentemente negoziale, nella richiamata clausola regolamentare, ma senza chiedersi nè risolvere il quesito di come tale regolamentazione potesse essersi tradotta in una convenzione pattizia, come tale accettata non solo dal soggetto che l’aveva predisposta, il Condominio, ma anche dall’altra parte, nei cui confronti si intendevano estenderne gli effetti. Si è già avuto modo di precisare, sia pure ad altro fine, che il regolamento condominiale, ai sensi dell’art. 1138 cod. civ., è atto funzionale a disciplinare l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese;

proprio in ragione di questi contenuti e finalità esso è pertanto atto che ha come destinatari naturali i condomini e non i terzi.

Costituisce fatto del tutto pacifico in causa, invece, che l’immobile dei convenuti non faccia parte del Condominio (OMISSIS). In tale contesto il giudice a quo avrebbe dovuto, partendo dalla premessa che il regolamento condominiale non può disciplinare in modo diretto ed autonomo i diritti dei terzi, per prima cosa porsi il problema di come tale clausola, considerata la natura dell’atto che la conteneva, potesse considerarsi accetta e quindi efficace nei confronti degli odierni convenuti. Tanto più che la clausola regolamentare sopra richiamata è stata presa in considerazione e valutata anche in relazione alle domande riconvenzionali dei convenuti, traendone conseguenze preclusive, anche con riferimento alla richiesta di prove, in ordine alla sussistenza del diritto di servitù che essi avevano assunto essere sorto per destinazione per padre di famiglia ovvero ai fini del possesso utile per l’usucapione del relativo diritto. La relativa questione risulta invece del tutto pretermessa dalla sentenza impugnata, vizio che ne inficia evidentemente, sul piano logico e giuridico, le successive conclusioni.

Per tali ragioni i suddetti motivi del ricorso principale e di quello incidentale della M. vanno ritenuti fondati.

Con il sesto motivo del ricorso incidentale, denunziando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e segg., la ricorrente M. censura il capo della decisione che l’ha condannata a rimborsare ai convenuti le spese di lite al cui pagamento essi sono stati condannati nei confronti del Condominio.

Il motivo va dichiarato assorbito in ragione dell’accoglimento dei motivi precedenti.

In conclusione, va accolto il ricorso incidentale del Condominio e, in relazione ad esso, sono dichiarati assorbiti il primo motivo del ricorso principale di B. e F. ed il primo motivo del ricorso incidentale della M.; sono accolti altresì il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo del ricorso principale e il secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso incidentale della M., assorbito il sesto; la sentenza va quindi cassata in relazione ai suddetti motivi e la causa rinviata ad altra Sezione della Corte di appello di Genova, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso incidentale del Condominio e dichiara assorbiti il primo motivo del ricorso principale di B. e F. ed il primo motivo del ricorso incidentale della M.;

accoglie il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo del ricorso principale e il secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso incidentale della M., assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai suddetti motivi e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Genova.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2012

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