Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-06-2011) 11-11-2011, n. 41008

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.C. ricorre avverso la sentenza, in data 18 novembre 2010, del tribunale di Nola, che lo ha condannato per il reato di cui all’art. 712 c.p., e, chiedendone l’annullamento, deduce la carenza di motivazione con riguardo alla valutazione degli elementi utilizzati per affermare la sua responsabilità.

Osserva la Corte che nel ricorso si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice di merito con motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti (si veda in particolare il riferimento agli elementi relativi alle modalità di acquisto del materiale numismatico e degli altri beni di interesse storico artistico e al comportamento dell’imputato colposamente negligente).

Le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794).

Per quanto riguarda la sussistenza dell’elemento soggettivo nel caso di specie il Tribunale ha fatto corretta applicazione del consolidato principio di diritto in base al quale ai fini della configurabilità della contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza non occorre che sia accertata la provenienza delle cose da reato, perchè è richiesta solo la prova dell’acquisto o della ricezione, senza gli opportuni accertamenti, di cose rispetto alle quali l’agente abbia motivi di sospetto circa la loro provenienza, come indicati nell’art. 712 c.p. (Cass., sez. U, 26 novembre 2009, n. 12433, CED 246325), come è avvenuto nel caso di specie. Correttamente, infatti, non è stata ritenuta idonea la documentazione prodotta relativa al possesso di beni culturali appartenenti allo Stato. Al contrario in base agli atti istruttori e alle indagini espletate, i cui esiti sono stati correttamente versati in dibattimento, è stata verificata l’autenticità delle monete, qualificate da esperti altamente qualificati come reperti numismatici di altissimo valore e interesse storico artistico e archeologico; lo stesso giudizio è stato formulato per la statuetta votiva. E’ stato parimenti accertato che tali beni non sono mai stati inventariati e catalogati e neppure mai denunziati alla competente Sopraintendenza archeologica. Appare coerente e privo di censure logico giuridiche la valutazione effettuata dal giudicante sull’attendibilità dei risultati della perizia di parte, che ha qualificato come falsi archeologici la maggior parte dei reperti, visto che lo stesso imputato ha dichiarato di aver speso almeno 30.000 Euro per l’acquisto dei medesimi. I testi a carico del C., esperti qualificati nel settore, hanno espresso tutti giudizi coerenti e convergenti circa la qualità dei beni in sequestro, che sono stati ritenuti per tale motivo assolutamente non commerciabili.

La Corte pertanto condivide la correttezza della valutazione operata dal giudice di merito in ordine alla sussistenza della contravvenzione contestata, concretizzatasi nel mancato accertamento della legittima provenienza dei beni in questione secondo il principio affermato dalle sezioni Unite della cassazione sopra ricordato.

La decisione assunta comporta l’implicito rigetto della richiesta di dissequestro dei beni.

In merito alla conseguente confisca dei medesimi si provvederà in sede di esecuzione.

Alla luce delle suesposte considerazioni va rigettata l’impugnazione.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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