Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-10-2011) 14-11-2011, n. 41480

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con sentenza del 18 dicembre 2009 la Corte d’appello di Milano confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato D. L.W. colpevole del reato previsto dall’art. 570 cod. pen.,, comma 2, n. 2, – per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza ai due figli minorenni dall’ottobre 1999 al 30 marzo 2004 – condannandolo alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi tre di reclusione più la multa.

Contro la sentenza ricorre l’imputato che denuncia erronea applicazione della norma penale e mancanza di motivazione. Censura che la Corte territoriale abbia confuso l’omessa corresponsione dell’assegno di manutenzione stabilito dal giudice in sede di separazione personale dei coniugi con la mancata prestazione dei mezzi di sussistenza e che, in conseguenza di tale errore, abbia omesso di verificare se le prestazioni in denaro e in natura effettuate a favore dei figli avevano loro assicurato i mezzi di sussistenza. Lamenta poi che la Corte territoriale abbia omesso di considerare:

1. che nel periodo dal 22.10.1999, giorno della separazione provvisoria, al 25.1.2002, giorno dell’omologazione della separazione, aveva dato alla moglie somme di denaro e generi alimentari (ch’ella prelevava gratuitamente nel suo esercizio commerciale) al punto che quest’ultima nel verbale di omologazione aveva dichiarato di non avere nulla da pretendere sotto il profilo patrimoniale;

2. che nel periodo dal gennaio 2002 al giugno 2003 aveva continuato a fornire i generi alimentari e aveva versato la somma complessiva di Euro 2.400;

3. che nel periodo dal giugno 2003 all’aprile 2004 non aveva potuto assolvere i suoi doveri perchè la moglie, senza avvertirlo della partenza e della meta, si era allontanata dall’Italia con la prole;

4. che, rientrati moglie e figli in Italia, dall’aprile al settembre 2004 aveva versato la somma di Euro 3.498, finchè, con provvedimento del 9.9.2004, aveva ottenuto l’affidamento dei figli.

Lamenta infine che la pena inflitta sarebbe eccessiva. p. 2. Il ricorso è infondato.

Infatti nella motivazione della sentenza impugnata, che si salda con quella della conforme decisione di primo grado, sono spiegate le ragioni della ritenuta sussistenza del reato contestato. I giudici di merito, pur parlando impropriamente di mancato adempimento dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di separazione personale dei coniugi, hanno accertato – con valutazioni in fatto qui non sindacabili – che il ricorrente, trascorsi i primi mesi dalla separazione personale, aveva cessato di contribuire al sostentamento della prole, al punto che la moglie era stata costretta a invocare l’aiuto della madre residente in (OMISSIS) e, poi, per l’insufficienza della retribuzione di commessa, a trasferirsi in Spagna per cercare condizioni occupazionali meglio retribuite. Solo nella primavera del 2004 il ricorrente era intervenuto in favore dei figli e, offrendo mezzi di sostentamento adeguati, li aveva indotti a tornare in Italia, aveva cominciato a pagare le spese necessarie alla loro sussistenza e ne aveva poi ottenuto l’affidamento. Di tale mutata condotta i giudici di merito hanno tenuto conto, considerando cessata – pur senza dichiararlo in dispositivo – la consumazione del reato al 30 marzo 2004.

Dalla commissione del reato sono trascorsi più di sette anni e mezzo, ma non può dichiararsi maturata la prescrizione, perchè al periodo anzidetto devono aggiungersi le sospensioni dovute ai numerosi rinvii chiesti e concessi al difensore, nel corso del giudizio di primo grado, per aderire alle astensioni proclamate dagli organismi di categoria.

L’entità della pena inflitta non è censurabile, perchè il giudice di merito, attenendosi ai criteri dettati dall’art. 133 cod. pen., l’ha determinata discrezionalmente valutando la gravità del fatto desunta dalla durata dell’inadempimento e dal danno cagionato.

Il ricorso deve dunque essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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