Cassazione civile anno 2005 n. 1434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con sentenza del 31 luglio 2001 la Corte d’appello di Roma, confermando la statuizione resa dal Tribunale del lavoro di Viterbo, rigettava la domanda proposta da X X per ottenere dall’X la pensione sociale sostitutiva della prestazione di invalidità civile di cui alla legge 118/71. Affermava la Corte che – contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante – il primo Giudice aveva considerato la rendita X ai fini del tetto reddituale di cui all’art. 26 della legge n. 153 del 1969, non già perchè la avesse erroneamente ritenuta soggetta ad Irpef ma per il fatto che qualsiasi provvidenza, qualunque ne sia la natura, di cui goda l’aspirante alla prestazione assistenziale, deve essere valorizzata in sede di accertamento dei requisiti di carattere economico cui la medesima prestazione viene sottoposta. Essendo poi incontestato che con l’inclusione della rendita X il X veniva a superare il limite reddituale previsto dall’art. 26 della legge 153/69, la Corte escludeva il diritto alla pensione sociale sostitutiva. Avverso detta sentenza il X propone ricorso affidato ad un unico complesso motivo.
L’X ha depositato procura.

Motivi della decisione
Il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 19 della legge 118/71 e dell’art 14 septies della legge 33/80, facendo riferimento alla sentenza delle Sezioni unite a 10972 del 2001, intervenuta a comporre un contrasto di giurisprudenza e deducendo che, una volta esclusa la rendita X, anche per gli anni 1999/2000 il suo imponibile era inferiore ai limiti reddituali prescritti dalla legge.
Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 10972 del 9 agosto 2001, nel dirimere un contrasto di giurisprudenza insorto all’interno della sezione lavoro, ha affermato che "L’ammissione degli invalidi civili, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, alla pensione sociale erogata dall’X in sostituzione della pensione di inabilità corrisposta dal Ministero dell’interno ha, in applicazione dell’art. 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118, carattere automatico e prescinde pertanto dall’accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell’assistito, costituendo la titolarità della pensione di inabilità sufficiente presupposto per il conseguimento della pensione sociale alle condizioni di maggior favore già accertate, anche per quanto riguarda l’esclusione della rendita X dall’ammontare del reddito massimo compatibile".
La sentenza impugnata è errata perchè, discostandosi da detto principio ha ritenuto che le rendite X siano computabili nel tetto reddituale prescritto dalla legge per la pensione di inabilità, di cui il ricorrente godeva prima del compimento dei sessantacinque anni, ai sensi dell’art. 12 della legge a 118 del 1971. E’ ben vero infetti che detto art. 12 rinvia, per i limiti di reddito agli stessi limiti previsti per la pensione sociale dall’art. 26 della legge 153/69, tuttavia proprio ai sensi di quest’ultima disposizione, sono esclusi dal computo i redditi non assoggettati ad Irpef, tra i quali rientra la rendita X.
Si è infetti affermato dalla predetta semenza delle Sezioni unite che l’art 26 legge n. 153 del 1969 citato stabilisce che la pensione sociale può′ essere concessa se gli aspiranti ad essa posseggano redditi propri assoggettatoli all’imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare non superiore ad un certo "tetto", e l’art. 14 septies DL n. 663 del 1979 citato fa del pari riferimento, per la pensione agli invalidi civili, al reddito calcolato "agli effetti dell’IRPEF. Può quindi affermarsi che, poichè’ le rendite vitalizie erogate dall’X, per il carattere non reddituale ad esse riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale così come alle pensioni di guerra (v. sent il luglio 1989 n. 387), non sono assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche, per entrambe le pensioni in questione dette rendite non rilevano ai fini del predetto "tetto", Hanno quindi aggiunto le Sezioni Unite che non è applicabile alla pensione sociale sostitutiva la ulteriore limitazione vigente per la pensione sociale diretta, contenuta nel terzo comma del medesimo articolo, secondo cui "non hanno diritto alla pensione sociale coloro che hanno titolo a rendite o prestazioni economiche previdenziali ed assistenziali…erogate con carattere di continuità’ dallo Stato o da altri enti pubblici….
Resta così confermata la disparità dei presupposti per l’ammissione alla pensione sociale diretta e, in particolare, la condizione di minore favore per gli aspiranti a quest’ultima (ed ancora più′ evidente ora per gli aspiranti all’assegno sociale "ex" legge n. 335 del 1995 da ultimo citata), aventi titolo a rendita X, rispetto agli aspiranti alla pensione d’inabilità civile aventi titolo alla medesima rendita. Ma tale disparità e tale condizione non possono avere alcun riflesso, stante l’automatismo della trasformazione della pensione di inabilità nella pensione sociale sostitutiva. Si deve quindi concludere che la rendita X, in quanto non facente parte dei redditi sottoposti ad Irpef, come non ostava alla concessione della pensione di invalidità, così non osta alla concessione della pensione sociale sostitutiva. La sentenza impugnata che è andata di contrario avviso va dunque cassata. Resta tuttavia da considerare, come ancora osservato dalla citata pronunzia delle Sezioni unite, che, ai sensi degli artt 12 e 13 della legge 118/71 sia la pensione di inabilità, sia l’assegno possono essere ridotti in misura corrispondente all’importo delle "pensioni o rendite di qualsiasi natura" e quindi anche in misura corrispondente alla rendita X in godimento, sicchè’, nel caso, la riduzione può′ tradursi anche nel venir meno dell’obbligo di erogazione, ove l’importo sia superiore all’ammontare della prestazione assistenziale dovuta, e così il godimento della rendita X può assumere giuridica rilevanza come condizione di erogabilità della pensione stessa (v. seni sez. lav. n. 1082 del 3 febbraio 1998).
Spetterà quindi al Giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Roma in diversa composizione, di accertare la misura della rendita X in godimento e determinare così la corrispondente riduzione, ovvero anche l’azzeramento della pensione sociale sostitutiva In conclusione, deve affermarsi che l’ammissione degli invalidi civili alla pensione sociale erogata dall’X in sostituzione della pensione d’inabilità, ovvero dell’assegno di cui agli artt. 12 e 13 legge 118/71, ha carattere automatico, e prescinde pertanto dall’accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell’assistito, costituendo la titolarità della seconda di dette pensioni sufficiente presupposto per il conseguimento della prima di esse, alle condizioni di maggior favore già’ accertate, anche per quanto riguarda l’esclusione della rendita X dall’ammontare del reddito massimo compatibile; tuttavia, ai sensi dei medesimi artt. 12 e 13 della legge 118/71 la pensione sociale sostitutiva, al pari di quanto era previsto per la pensione di inabilità precedentemente in godimento, deve essere ridotta in misura pari all’ammontare della rendita X percepita. Al Giudice del rinvio si rimette altresì la pronuncia sulle spese di questo giudizio.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *