Cons. Stato Sez. V, Sent., 20-12-2011, n. 6702

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società in epigrafe, titolare nel Comune di Mondragone, alla via Domitiana Km. 19+425, di un impianto stradale di distribuzione di carburanti, impugnava dinanzi al T.A.R. per la Campania l’ordinanza municipale n. 82/Lic. del 27.7.2000, avente ad oggetto la sospensione immediata dell’attività di distribuzione di carburanti e la chiusura dell’impianto, ed ogni altro atto preparatorio, conseguente e/o comunque connesso, ivi incluso il verbale della Commissione di collaudo del 19.7.2000.

La ricorrente esponeva quanto segue:

– avendo essa ERG presentato fin dal 5.7.1993 domanda di rinnovo della concessione diciottennale in scadenza il 30.4.1994, l’impianto aveva continuato l’attività ai sensi dell’art. 16, comma 6, della legge n. 1034 del 1970 e dell’art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 1269 del 1971; in una seconda fase, entrato in vigore il d.lgs. n. 32 del 1998, e non avendo ancora provveduto il Comune (che neppure aveva avviato la verifica della compatibilità degli impianti esistenti con la normativa in vigore), la titolare aveva indi proseguito l’attività previa comunicazione ex art. 1, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 32/1998;

– pur avendo la ERG avviato, ancor prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 32 del 1998, la ricerca di soluzioni tecniche appropriate per soddisfare alcune richieste formulate dai Vigili del Fuoco e dall’ANAS, il Comune con ordinanza n. 23/49 del 18.5.1999 l’aveva diffidata a trasmettere, entro 60 giorni, il certificato di prevenzione incendi rinnovato e la certificazione dell’ANAS attestante l’eliminazione delle irregolarità del fronte stradale, salvo poi, a seguito di precisazioni fornite dalla ricorrente, non dare seguito alla diffida;

– in seguito, con nota del 20.3.2000 il Comune rappresentava di non poter rinnovare la concessione per mancanza dei prescritti pareri favorevoli dei Vigili del Fuoco e dell’ANAS; ed il successivo 19.7.2000 la Commissione di collaudo, pur avendo riscontrato la regolarità tecnica dei serbatoi di nuova installazione, ometteva di rilasciare il certificato di collaudo, sul presupposto che la concessione non era stata ancora rinnovata dal Comune e che, quindi, l’impianto non era conforme alle norme di sicurezza e fiscali;

– infine, con ordinanza n. 82/Lic del 27.7.2000 il Comune ordinava la sospensione immediata dell’impianto e la chiusura dello stesso, poiché condotto ormai abusivamente.

Tutto ciò premesso, la ricorrente impugnava tale ultimo provvedimento, in uno agli atti presupposti e preordinati, articolando i seguenti motivi:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 3 del d.lgs. n. 32 del 1998; violazione e/o falsa applicazione della l.r. n. 27 del 1994; eccesso di potere per difetto dei presupposti e d’istruttoria; illogicità e contraddittorietà manifesta; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto di idonea motivazione: per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 32 del 1998 tutti gli impianti in esercizio, ivi incluso quello in questione, per il quale era in corso l’iter di rinnovo, potevano proseguire l’attività a seguito di mera comunicazione grazie alla conversione di diritto dei precedenti titoli petroliferi concessori in autorizzazioni; inoltre, il Comune non poteva inibire l’attività di distribuzione dei carburanti prima di aver avviato e concluso le verifiche di compatibilità degli impianti né, a maggior ragione, prima del decorso del termine biennale di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. cit.;

2) invalidità derivata dall’illegittimità della procedura di collaudo e, segnatamente, del verbale di collaudo del 19.7.2000; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 75 della l.r. 29.6.1994, n. 27, nonché dei principi che regolano la materia; difetto dei presupposti e d’istruttoria; illogicità: la Commissione di collaudo non poteva rifiutarsi di certificare il positivo esito del collaudo sotto il profilo tecnico, sulla mera base di valutazioni formali circa la persistenza dell’atto autorizzativo;

3) eccesso di potere per difetto dei presupposti e d’istruttoria sotto altro profilo; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto di idonea motivazione; illogicità manifesta; contraddittorietà: non era riscontrabile (né era stata riscontrata) alcuna irregolarità tecnica nei serbatoi, i quale erano stati sostituiti secondo un progetto preventivamente approvato dai Vigili del Fuoco;

4) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 9 e 10 della legge n. 241 del 1990; difetto di motivazione; illogicità e contraddittorietà; difetto dei presupposti; ingiustizia grave e manifesta; violazione dei principi di ragionevolezza, imparzialità e buona amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.: l’Amministrazione non aveva tenuto conto di quanto rappresentato dalla ERG con nota del 5.8.1999, e, in particolare, del fatto che i lavori concordati con i VV.FF. erano stati ultimati da tempo e quelli richiesti dall’ANAS erano in corso di definizione; per altro verso, con il consenso manifestato alla prosecuzione interinale dell’attività di distribuzione il Comune aveva ingenerato nella ricorrente la convinzione di operare legittimamente.

Si costituiva in giudizio il Comune di Mondragone chiedendo il rigetto del ricorso, per non avere la ricorrente ancora conseguito le autorizzazioni di legge.

Il TAR adìto con la sentenza in epigrafe respingeva il gravame.

Avverso la pronuncia del primo Giudice la società interessata esperiva indi il presente appello, con il quale riproponeva sostanzialmente le proprie censure ed argomentazioni, dolendosi che le stesse fossero state disattese, e criticava la decisione impugnata sotto più profili.

Si addebitava al Tribunale, in particolare, di avere deciso in base a documenti (9, 10 e "10 bis") prodotti in giudizio dall’Amministrazione solo tardivamente; di non essersi pronunciato sui motivi di ricorso; di avere interpretato erroneamente il disposto dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 32 del 1998.

Il Comune di Mondragone resisteva anche all’appello avversario, deducendone l’infondatezza.

Interveniva ad adiuvandum dell’appellante il sig. A. F., gestore dell’impianto.

Le parti illustravano ed approfondivano ulteriormente le rispettive ragioni con successivi scritti.

Nelle more del giudizio, l’Amministrazione comunale con delibera n. 125 del 2007 effettuava una nuova perimetrazione del centro urbano includendovi anche l’area interessata dall’impianto. Questo non sarebbe stato quindi più assoggettato alla disciplina ANAS per le strade extraurbane, ma le relative competenze sarebbero passate dall’ANAS allo stesso Comune.

In seguito, tuttavia, dietro invito del Ministero dei Trasporti espresso con nota 21/1/2008, il Comune interveniva nuovamente sulla perimetrazione del proprio centro urbano con la delibera n. 35 del 2008, escludendone il tratto di strada statale Domitiana prospiciente l’impianto, compreso tra il Km 19+200 e il km 19+700.

Avverso tale delibera la società ricorrente proponeva direttamente dinanzi a questo Consiglio, nel luglio del 2009, motivi aggiunti di ricorso, avversando quest’ultima modifica del perimetro del centro abitato.

Nel prosieguo, il procedimento amministrativo autorizzatorio veniva riattivato su iniziativa della società, che, ottenuto un parere favorevole dell’ENAS del 15/2/2010 per delle opere di adeguamento dell’impianto, instava presso il Comune per il rilascio dei relativi assensi edilizio e tecnico.

Nel frattempo, la trattazione della controversia registrava molteplici rinvii per trattative finalizzate ad un bonario componimento della vertenza, peraltro mai intervenuto.

Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

La Sezione, ravvisato l’ingiustificato protrarsi della controversia in esame, ritiene di dover procedere senza ulteriori indugi alla sua definizione.

Rileva inoltre, sempre in via preliminare, con riferimento alle obiezioni mosse dalla difesa municipale all’intervento ad adiuvandum del gestore dell’impianto, che anche prima dell’avvento dell’art. 97 CPA era già ammessa dalla giurisprudenza la possibilità di spiegare l’intervento adesivo non autonomo anche per la prima volta nel processo amministrativo di appello da parte di chiunque avesse interesse nella contestazione, anche ove titolare di un interesse di mero fatto. Tanto sul puntuale fondamento dell’art. 37, comma 1, R.D. 17 agosto 1907 n. 642, norma speciale che metteva fuori causa la più restrittiva previsione processualcivilistica dell’art. 344 c.p.c. (C.d.S., V, 9 marzo 2009, n. 1365; IV, 20 maggio 2003, n. 2718; Ad. Pl., 19 febbraio 1988, n. 2).

L’intervento è dunque ammissibile.

Tanto premesso, l’appello è infondato.

1 Con il primo motivo di appello la società ricorrente addebita al Tribunale di avere deciso in base a documenti (9, 10 e "10 bis") prodotti in giudizio dall’Amministrazione solo in data 22 marzo 2005, e quindi in violazione del prescritto termine di venti giorni liberi prima dell’udienza pubblica del 7 aprile 2005. In contrario è però agevole rilevare che i predetti documenti, riflettenti le posizioni assunte nella vicenda dall’A.N.A.S. e dai Vigili del Fuoco, non esprimevano sostanziali novità rispetto alle risultanze già acquisite, e non hanno quindi rivestito, nella loro specificità, alcun particolare ruolo causale nella genesi del convincimento del primo Giudice.

Invero, era già emerso da atti precedenti come a carico dell’impianto della ricorrente fossero state riscontrate delle irregolarità da parte dell’A.N.A.S. attinenti ai fini della viabilità, e come la stessa società non risultasse titolare di un corrente certificato di prevenzione incendi: e tali carenze le erano state significate in modo inequivocabile quantomeno in occasione della diffida del 18 maggio 1999 e della successiva nota del 20 marzo 2000, oltre che attraverso l’atto impugnato. Lo scrutinio condotto dal T.A.R. non ha pertanto subìto alcuna influenza sostanziale per effetto della denunziata produzione documentale tardiva, che si rivela di conseguenza inoffensiva.

2 L’appellante ascrive al primo Giudice, inoltre, l’errore di non essersi pronunciato sui motivi del ricorso di primo grado.

Anche questo rilievo è tuttavia privo di pregio. La motivazione della sentenza impugnata, per quanto succinta, rivela infatti come le doglianze espresse in primo grado dalla E. siano state tutte considerate e con piena ragione disattese.

2a Con il primo mezzo si era dedotto che gli impianti già in esercizio avrebbero potuto proseguire l’attività nel nuovo regime a seguito di mera comunicazione, grazie alla conversione di diritto dei precedenti titoli petroliferi concessori in autorizzazioni, e che il Comune non poteva inibire l’attività di distribuzione dei carburanti prima di aver avviato e concluso le verifiche di compatibilità degli impianti né, a maggior ragione, prima del decorso del termine biennale di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 32/1998.

Il Tribunale, al riguardo, ha però rilevato "come il Comune resistente abbia tempestivamente provveduto a sollecitare i pareri delle competenti autorità circa la conformità dell’impianto alla normativa in tema di sicurezza, ricevendone risposte negative, a fronte della persistente mancata conformazione della ricorrente alle prescrizioni in proposito formulate dai Vigili del Fuoco ed ai rilievi dell’ANAS, ben oltre anche il termine biennale indicato dalla normativa menzionata, comunque già scaduto alla data di adozione del provvedimento impugnato."

Il Comune, dunque, aveva regolarmente compiuto le verifiche previste, i cui esiti negativi a carico della società erano stati puntualmente richiamati, oltre che dall’atto impugnato, già dalla precedente diffida del 18 maggio 1999 e dalla successiva nota del 20 marzo 2000. Ed è rimasto incontestato che al momento dell’assunzione del provvedimento finale fosse già decorso il biennio previsto dall’art. 3, comma 2, d.lgs. cit. (decorrente dalla scadenza dei sessanta giorni dall’entrata in vigore della stessa fonte) per la concreta attuazione dei programmi di adeguamento degli impianti alla normativa vigente.

2b Con il secondo ed il terzo mezzo la ricorrente aveva poi lamentato, da un lato, che la Commissione di collaudo non avrebbe potuto rifiutarsi di certificare il positivo esito del collaudo sotto il profilo tecnico adducendo problematiche meramente giuridicoformali circa la persistenza dell’atto autorizzativo; dall’altro, che non era riscontrabile (né era stata rinvenuta) alcuna irregolarità tecnica nei serbatoi, i quale erano stati sostituiti secondo un progetto preventivamente approvato dai Vigili del Fuoco.

Entrambi i mezzi sono stati però superati dal primo Giudice, che ha fatto constare particolarmente il deficit di rilevanza dei punti così sollevati: "Si deve peraltro osservare come il verbale di collaudo, esteso il 19.7.2000 presso l’impianto di distribuzione in questione, fondi non tanto sulla valutazione giuridica del mancato rinnovo della concessione, quanto piuttosto sull’esame delle note, del Comune e dell’ENAS, che "sollevano rilievi circa irregolarità dell’impianto con invito ad eliminare le predette irregolarità". Inoltre, va considerato come lo stesso provvedimento impugnato, oltre a richiamare il predetto verbale della Commissione di collaudo, articoli la propria motivazione proprio con riguardo alla mancata eliminazione delle irregolarità tecniche rilevate dall’ANAS e dai Vigili del Fuoco da valutarsi quali requisiti per ottenere (o per rinnovare) la concessione o autorizzazione all’installazione ed all’esercizio dell’impianto."

Il fondamento essenziale del provvedimento impugnato riposava, infatti, sulla carenza di un corrente certificato di prevenzione incendi e, soprattutto, sulle irregolarità riscontrate dall’A.N.A.S. ai fini della viabilità, criticità che i motivi indicati non sarebbero valsi a risolvere.

2c Con l’ultimo motivo del ricorso di prime cure la società si era doluta che l’Amministrazione non avesse tenuto conto di quanto da essa rappresentato con la sua nota del 5.8.1999 (e, in particolare, del fatto che i lavori concordati con i VV.FF. erano stati ultimati da tempo, e quelli richiesti dall’ANAS erano in corso di definizione).

Il punto era stato però superato dal primo Giudice già con la constatazione dell’avvenuta, vana scadenza del biennio previsto dall’art. 3, comma 2, d.lgs. cit. per l’attuazione dei programmi di adeguamento alla normativa vigente. L’Amministrazione, difatti, non poteva certamente restare per un tempo indefinito in attesa del rilascio del certificato di prevenzione incendi, né tantomeno del superamento da parte della società delle criticità del suo impianto sul versante delle esigenze della viabilità, una siffatta attesa a tempo indeterminato essendo preclusa dal disposto dell’art. 3, comma 2, d.lgs. cit., per cui "I comuni verificano l’adeguatezza dei programmi di conformazione alla normativa vigente e l’attuazione dei medesimi. In assenza del programma, ovvero in caso di inadeguatezza o mancato rispetto del medesimo, e comunque, accertata la non conformità alle vigenti norme, allo scadere dei termini previsti le autorizzazioni dei predetti impianti sono revocate"

Donde la corretta conclusione del T.A.R. che, una volta scaduto il biennio più volte citato, "La riscontrata perdurante inidoneità dell’impianto, giustifica dunque l’esercizio legittimo del potere contrastato con l’azione giudiziale in esame".

La ricorrente aveva obiettato, infine, che il Comune, con il consenso manifestato alla prosecuzione interinale dell’attività di distribuzione, aveva ingenerato nella società la convinzione di operare legittimamente. Ma anche questo rilievo è stato motivatamente superato dal TAR, che ha fatto la ineccepibile constatazione che l’impianto de quo era stato temporaneamente gestito "in mera "prosecuzione", ancorché tecnicamente inadeguato, senza ingenerare alcun affidamento nel titolare circa la futura stabilità dell’esercizio". Affidamento del resto incompatibile con le reiterate sollecitazioni indirizzate dall’Amministrazione alla società affinché la medesima conformasse l’impianto alle regole in vigore.

3 Secondo l’appellante, infine, il T.A.R. avrebbe interpretato erroneamente il disposto dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 32/1998.

Per considerazioni che sono state innanzi già in parte anticipate neppure questo rilievo coglie, però, nel segno.

L’art. 1, comma 5, d.lgs. cit. disponeva che, fermo restando quanto previsto dal successivo art. 3, comma 2, i soggetti già titolari di concessione potevano proseguire la propria attività dandone comunicazione al Comune, salve le verifiche sull’idoneità tecnica degli impianti ai fini della sicurezza sanitaria ed ambientale da accertarsi col collaudo e le verifiche di compatibilità a cura del Comune stesso entro e non oltre il 30.6.1998. Inoltre, in via transitoria, l’art. 3, comma 2, della medesima fonte stabiliva che i titolari di impianti incompatibili avrebbero potuto presentare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto un proprio programma di chiusura e smantellamento degli impianti, ovvero di adeguamento, da realizzarsi nei comuni non capoluoghi di provincia nei successivi due anni; gli stessi titolari di impianti non a norma diventavano, inoltre, tenuti a presentare il predetto programma entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione di cui all’art. 1, comma 5, fermo restando infine, per tutti, che, in assenza di programma, oppure nel caso di inadeguatezza o mancato rispetto del medesimo, allo scadere dei termini previsti le autorizzazioni sarebbero state revocate.

Ciò posto, é agevole avvedersi che la diffida inviata dal Comune alla società in data 18 maggio 1999 integrava gli estremi sostanziali della comunicazione da parte dello stesso Ente delle risultanze delle verifiche comunali prevista dall’art. 1, comma 5, del d.lgs., così come, correlativamente, la nota di riscontro della ERG del 5 agosto 1999 si sostanziava in una forma di programma di adeguamento dell’impianto ai sensi dell’art. 3, comma 2, della stessa fonte.

Sembra inoltre evidente che, una volta scaduto il biennio di tempo massimo accordato dalla nuova disciplina per l’adeguamento degli impianti, l’assunzione di una misura interdittiva dell’ulteriore esercizio dell’impianto costituiva un vero e proprio atto dovuto. E questo tanto nel caso della mancata tempestiva attuazione del programma di adeguamento presentato, quanto, a maggior ragione, nell’ipotesi dell’omessa presentazione di qualsivoglia programma.

La pretesa della società di poter invece differire ad libitum la regolarizzazione del proprio impianto è pertanto priva di pregio.

4 La Sezione deve, infine, evidenziare l’inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dalla ricorrente avverso la delibera del 2008 con cui il Comune, su sollecitazione del Ministero dei Trasporti, è conclusivamente intervenuto sulla perimetrazione del centro urbano escludendone il tratto di strada statale Domitiana prospiciente l’impianto.

La inammissibilità dei suddetti motivi aggiunti riposa sui tradizionali principi che regolano il giudizio di appello in aderenza al thema decidendum del precedente processo di primo grado, e dettano il canone generale del doppio grado di giudizio.

L’interpretazione giurisprudenziale della disciplina processuale amministrativa antecedente all’avvento del d.lgs. n. 104 del 2010, infatti, nel mentre ammetteva la possibilità di dedurre motivi aggiunti anche direttamente in grado di appello, allorché si trattasse di far valere dei vizi dei provvedimenti impugnati non noti all’epoca del primo grado, in quanto emersi solo a seguito della conoscenza di nuovi documenti, ha invece escluso tale possibilità allorché i motivi aggiunti proposti direttamente in appello investissero, come nel caso concreto, atti sopravvenuti in corso di giudizio, non essendo stata ritenuta applicabile in sede di appello, ma solo nel giudizio di primo grado, la disposizione dell’art. 1, comma 1, l. 21 luglio 2000 n. 205, secondo la quale tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso fra le stesse parti e connessi all’oggetto del ricorso stesso andavano impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti (v. ad es. C.d.S., V, n. 5024 del 28 settembre 2007; VI, 4 aprile 2008 n. 1442 e 25 luglio 2006 n. 4648).

5 Per le ragioni esposte il presente appello deve essere nel suo insieme respinto.

Resta tuttavia fermo l’obbligo del Comune di dare corretto e sollecito seguito alla nuova domanda di autorizzazione presentata dalla società l’8 marzo 2010, dietro parere favorevole espresso dall’A.N.A.S. il 15 febbraio dello stesso anno, dando esecuzione all’ordinanza cautelare assunta dalla Sezione alla Camera di consiglio del 6 dicembre 2011 nell’ambito del distinto giudizio n. 906 R.G. 2011.

Le spese processuali possono essere equitativamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese processuali del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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