Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 14-11-2011, n. 41434 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di C.P. in ondine a reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, a lui ascritto per aver realizzato nei pressi del torrente Glassano, in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, un gazebo in legno su una piattaforma delle dimensioni di mt. 8,70 per mt. 7,20 con un locale di mt. 5 per 4,09, alto mt. 2,75, e con altro locale deposito di mt.

3,20 per mt. 2,25 e altezza mt. 2,65.

La sentenza ha precisato che il fatto ascritto all’imputato, contestato quale delitto di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. b), doveva essere ricondotto alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. citato, comma 1, in relazione alla quale peraltro il giudice di primo grado aveva commisurato la pena inflitta.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva sostenuto che il manufatto di cui alla contestazione aveva natura precaria; dedotto che il reato doveva ritenersi estinto ai sensi dell’art. 181, comma 1 quinquies, del medesimo decreto legislativo, per l’intervenuta demolizione del manufatto abusivo prima della pronuncia di condanna, e chiesto, in subordine, dichiararsi la prescrizione.

In particolare, in relazione al secondo motivo di gravame, la sentenza ha affermato che l’imputato aveva effettivamente provveduto alla demolizione del manufatto abusivo, ma non alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Si precisa che il C. ha riportato condanna esclusivamente per il reato concernente la violazione paesaggistica, derubricata nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 comma 1. In ordine a detto reato si denuncia, quindi, in sintesi, carenza di motivazione e di valutazione da parte dei giudici di merito in ordine alla astratta idoneità della condotta posta in essere dall’imputato ad offendere il valore tutelato dalla norma e, cioè, la offensivttà per il paesaggio del manufatto, del quale era stata dedotta nei motivi di appello la natura precaria. Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza, nonchè inosservanza degli artt. 157, 158, 161 c.p. e art. 531 c.p.p..

Si osserva che la sentenza, per escludere la prescrizione del reato, ha identificato la data di decorrenza della prescrizione con quella dell’accertamento della violazione. Si deduce, quindi, che la data dell’accertamento rileva quale criterio meramente sussidiario, allorchè non sia possibile risalire al tempus commissi delicti e che, se vi sia incertezza sul punto, deve prevalere il principio del favor innocentiae.

Si denuncia, infine, contraddittorietà della motivazione con la quale è stata esclusa la prescrizione del reato, poichè si è fatto decorrere il relativo termine dalla data dell’accertamento, pur essendosi rilevato la possibilità di una retrodatazione del fatto alla data in cui la gestione del Parco venne affidata alla società amministrata dal C. (12 maggio 2006).

Con il terzo mezzo di annullamento si reitera la denuncia di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Con il motivo di gravame viene censurata la mancata declaratoria di estinzione del reato per effetto dell’accertata demolizione dell’opera.

Si deduce, in sintesi, che la valutatone riguardante il mancato ripristino dello stato dei luoghi contrasta logicamente con l’omesso accertamento in ordine alla effettiva alterazione concreta del paesaggio. Si aggiunge che l’affermazione della sentenza secondo la quale certamente è stata modificata l’area di sedime risulta sganciata da qualsiasi riferimento a dati concreti e si palesa, pertanto, frutto di apodittiche illazioni da parte del giudicante.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Risulta incontroverso dalla lettura delle sentenze di merito che il C. è stato condannato per il solo reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, sanzionato ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), essendo stato rilasciato per l’abuso edilizio un permesso di costruire in sanatoria, sicchè la precisazione del ricorrente sul punto appare priva di qualsiasi rilevanza.

Osserva, poi, la Corte in ordine al primo motivo di gravame che la difesa dell’appellante non aveva affatto dedotto la insussistenza della astratta offensività per il paesaggio del manufatto, ma solo la sua natura precaria su cui vi è adeguata motivazione.

Peraltro, considerate le rilevanti dimensioni dell’opera abusiva, si deve affermare che l’offensività per il paesaggio risulta evidente in re ipsa e non richiede affatto una valutazione di merito, neppure esplicitamente sollecitata dall’appellante (secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte per escludere la offensività della condotta si deve trattare di interventi di entità talmente minima da non poter dar luogo neppure in astratto al pericolo di un pregiudizio ai beni protetti (sez. 3^, 2.10.2001 n. 40862; sez. 3^, 10.3.2004 n. 16713; sez. 3^, 17.11.2005 n. 564 del 2006, RV 220356 ed altre).

Sul secondo motivo la sentenza ha correttamente osservato che, anche se si fosse retrodatata la commissione del fatto all’epoca in cui l’imputato ha assunto la gestione del Parco, alla data della pronuncia della Corte territoriale il reato non era prescritto ai sensi degli artt. 157 e 161 c.p., come modificati dalla L. n. 251 del 2005.

L’ultimo motivo, infine, costituisce una censura di carattere esclusivamente fattuale e, perciò, inammissibile in sede di legittimità.

Peraltro, la valutazione di fatto della Corte territoriale in ordine al mancato ripristino dello stato dei luoghi è fondata sull’esame dei rilievi fotografici, che "dimostrano l’avvenuta modifica dell’area in questione", con la conseguente inesistenza del denunciato vizio di motivazione sul punto.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

La declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude a questa Corte la possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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