Cons. Stato Sez. V, Sent., 20-12-2011, n. 6701 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Provincia di Lodi indiceva una gara per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori di realizzazione della variante di Codogno della S.P. ex S.S. n. 234, del valore di Euro 14.659.141,02 oltre IVA, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla gara partecipavano sette concorrenti.

La stazione appaltante il 22 settembre 2009 nominava la commissione, di cinque componenti, in seno alla quale veniva altresì individuata una sottocommissione di tre componenti con compiti istruttori.

In sede di verifica della documentazione amministrativa una delle concorrenti veniva esclusa dalla gara ma, poi, riammessavi in seguito a pronuncia giurisdizionale cautelare del 22 ottobre 2009; conseguentemente, nella seduta pubblica del 3 novembre 2009 la commissione, verificata la regolarità del contenuto della busta "B" della concorrente riammessa, effettuava fra tutte le ditte in gara un nuovo sorteggio per la verifica dei requisiti ai sensi dell’art. 48, comma 1, d. lgs. 163/2006.

La sottocommissione, che nelle more aveva iniziato la lettura simultanea delle offerte tecniche per l’individuazione dei punti, per ciascuno dei sottocriteri fissati dal disciplinare di gara, rilevanti per il confronto a coppie, proseguiva la propria lettura includendovi anche l’offerta della concorrente riammessa.

La commissione procedeva indi alla valutazione delle offerte tecniche, e, all’esito, nella seduta pubblica del 30 novembre 2009, data lettura dei punteggi attribuiti a ciascuna offerta, apriva le buste "C", contenenti le offerte economiche, e proclamava aggiudicataria provvisoria la concorrente F. Costruzioni s.p.a. con punti 71,333; l’ATI C. si classificava al terzo posto, con punti 63,908, dietro C. s.p.a. che conseguiva punti 68,320.

L’ATI C., ritenendo però illegittima l’aggiudicazione per vizi afferenti sia la nomina e la composizione della commissione di gara, sia l’attività istruttoria e valutativa da questa espletata, impugnava tale provvedimento, unitamente agli atti di gara, dinanzi al T.A.R. per la Lombardia.

Con motivi aggiunti del 9 febbraio 2010, inoltre, l’ATI C. impugnava l’aggiudicazione definitiva dell’11 gennaio 2010 per illegittimità derivata, nonché per l’ulteriore vizio proprio di violazione della lex specialis per il fatto che l’aggiudicazione definitiva sarebbe avvenuta senza la preventiva verifica della compatibilità urbanistica dell’opera, richiesta dal bando e dal disciplinare.

Con ulteriori motivi aggiunti la ricorrente, nel riproporre le proprie precedenti doglianze, ne aggiungeva una afferente l’errata valutazione dell’offerta dell’aggiudicataria.

La ricorrente chiedeva, in conclusione, l’annullamento degli atti di gara, la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato e la condanna della stazione appaltante al risarcimento in forma specifica, mediante aggiudicazione in proprio favore e stipula del contratto, o, in subordine, al risarcimento per equivalente.

Sia l’Amministrazione che la controinteressata si costituivano in giudizio contestando le censure avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza dell’11 febbraio 2010 il T.A.R. respingeva l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, che vedeva di lì a poco disatteso anche il proprio appello cautelare.

All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale respingeva il ricorso, reputando infondate le censure iniziali della C. ed improcedibili per carenza di interesse le nuove doglianze veicolate con i motivi aggiunti, conclusione, questa seconda, discendente dal rilievo di fondo che l’eventuale riconoscimento dell’inidoneità dell’offerta della prima classificata avrebbe determinato soltanto lo scorrimento della graduatoria a vantaggio della seconda graduata, la C. S.p.a., nei confronti della quale la ricorrente non aveva svolto alcuna censura.

Avverso la sentenza n. 7320/2010 in epigrafe la C. esperiva indi il presente appello, con il quale riproponeva le proprie principali censure, domande ed argomentazioni, criticando la pronuncia del Tribunale per averle disattese.

Si costituivano anche in questo grado di giudizio in resistenza all’impugnativa della C. la Provincia di Lodi e la controinteressata, le quali, espresse le loro ragioni con l’ausilio di più scritti, concludevano perché l’appello venisse dichiarato inammissibile o comunque infondato, con la conferma della decisione appellata.

L’appellante, dal canto suo, con successiva memoria riprendeva le proprie tesi controdeducendo alle obiezioni delle avversarie, ed insisteva per l’accoglimento dell’impugnativa.

Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

1 La Sezione non ritiene necessario intrattenersi sulle eccezioni di inammissibilità dell’appello articolate dalle resistenti difese per difetto di interesse e violazione dell’art. 101 CPA, stante la sicura infondatezza della presente impugnativa nel merito.

Sempre in via preliminare, non guasta puntualizzare che la ricorrente non ha contestato la sentenza di primo grado in questione nella parte in cui la stessa aveva disatteso gli originari motivi di ricorso dal secondo al settimo, concernenti le diverse, minute irregolarità procedurali di cui il primo Giudice ha escluso l’esistenza nel paragr. 3 della sua pronuncia. Per questa parte, quindi, tale sentenza è divenuta definitiva.

2 Tanto premesso, occorre concentrarsi senza indugio sulla doglianza che in primo grado ha trovato espressione nei motivi primo ed ottavo, attinenti a quello che la C. ha definito come "il vizio cardine dell’iniziativa di tutela giurisdizionale" da essa intrapresa.

2a Il vizio così presentato riguarda la composizione della commissione, siccome composta anche da membri asseritamente non "esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto", come richiesto dall’art. 84 d.lgs. n. 163/2006.

Nella prospettazione di parte ricorrente, la rilevazione del vizio avrebbe dovuto condurre ineludibilmente ad un’integrale invalidazione della procedura. L’appellante ha infatti chiarito -pag. 25 dell’appello- che tale era il solo scopo della censura nel suo insieme, in quanto la lamentazione relativa ai punteggi in concreto assegnati dai commissari "non tecnici" aveva il solo senso di confermare l’esistenza del vizio così dedotto, e non anche il fine di indurre il Giudice adìto a riconoscere un supposto diritto della C. all’immediata aggiudicazione in luogo -e a preferenza- della F. Costruzioni.

Con il suo originario primo motivo la ricorrente ha dunque dedotto la violazione dell’art. 84 d.lgs. 163/2006, nonché dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento, per essere stati nominati tra i componenti della commissione, unitamente a tre tecnici, tra i quali il suo presidente, anche il dott. Rindone, Vicesegretario Generale della Provincia, e la dott.ssa Laura Cassi, Segretario e Direttore Generale del Comune di Maleo.

L’illegittimità denunziata risiederebbe anche nella contraddittorietà tra la qualità delle predette nomine e l’affermazione, contenuta nella determina n. 515 del 28 luglio 2009, per cui, trattandosi di "procedura complessa per la gestione della quale l’Ente non dispone di tutte le professionalità necessarie", era stato ritenuto di "procedere all’individuazione di professionalità esterne ai sensi dell’art. 84, comma 8, d.lgs. 163/2006", nonché di dotare la commissione di supporti di professionalità esterne (peraltro in concreto non utilizzate) da attivare in caso di bisogno su questioni di carattere tecnico e/o giuridico insorte durante lo svolgimento della procedura.

La ricorrente soggiunge che, ove si considerassero i soli voti tecnici di Pozzi, Ronsisvalle e Rozza, e non anche quelli espressi dai componenti Rindone e Cassi, tale è stata la divergenza tra i punteggi attribuiti dalla parte tecnica della commissione e quelli assegnati dai suoi membri non tecnici, che l’ATI C., che è risultata terza classificata, si sarebbe rivelata invece vincitrice della gara stessa e aggiudicataria dell’appalto.

2b Queste deduzioni sono state tuttavia persuasivamente superate dal Tribunale attraverso le seguenti, condivisibili argomentazioni.

"Dispone, invero, l’art. 84, comma 8, del codice dei contratti: "I commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari della stazione appaltante. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, i commissari diversi dal presidente sono scelti tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma 25, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie:…".

Nel caso di specie la stazione appaltante ha affermato, come riportato dalla stessa ricorrente, che l’Ente non dispone di tutte le professionalità necessarie, di conseguenza ha selezionato soltanto due componenti esperti esterni, con ciò, evidentemente ritenendo di aver reperito, all’interno della sua compagine, tre componenti con professionalità adeguate.

Osserva il Collegio che il requisito generale dell’esperienza "nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto" (previsto, dall’art. 84 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, per i componenti della commissione giudicatrice di una gara per l’affidamento di un appalto pubblico) deve essere inteso gradatamente e in modo coerente con la poliedricità delle competenze di volta in voltarichieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare; non è necessario, pertanto, che l’esperienza professionale di ciascun componente copra tutti i possibili ambiti oggetto di gara, in quanto è la Commissione, unitariamente considerata, che deve garantire quel grado di conoscenze tecniche richiesto, nella specifica fattispecie, in ossequio al principio di buon andamento della pubblica amministrazione (cfr. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 4 giugno 2008, n. 1126).

La ricorrente sostiene che la dott.ssa Cassi e il dott. Rindone non abbiano competenza adeguata.

Dalla documentazioni in atti si evince che la dott.ssa Cassi, sebbene laureata in scienze politiche, svolge le funzioni di Segretario Comunale dal 1984 ed ha fatto parte, nelle diverse qualità di componente, presidente o membro esperto, di un numero considerevole di gare (n. 98, come da curriculum – doc. 7 Provincia): ciò implica un’esperienza specifica maturata sul campo, di tipo amministrativo, procedurale e tecnico, nel settore degli appalti pubblici che è, per le esposte ragioni, requisito di professionalità indispensabile all’interno di una commissione giudicatrice.

Quanto al dott. Rindone la ricorrente ne afferma la mancanza di competenza adeguata ma non fornisce alcun elemento a suffragio della sua tesi, non potendo, a tal fine, sopperire il frontespizio di una pagina estratta dal sito della Provincia di Lodi da cui risulta soltanto che il dott. Francesco Rindone è il Dirigente responsabile del Dipartimento sviluppo economico e formativo (doc. 32 ricorrente): l’affermazione, pertanto, si risolve in una petizione di principio."

2c Avverso i precisi argomenti svolti dal primo Giudice la C. non adduce significativi elementi di novità rispetto alle prospettazioni offerte in prime cure.

La Sezione, a conferma della pronuncia oggetto di scrutinio, intende innanzitutto osservare come i suoi contenuti si inseriscano con piena coerenza nel solco degli indirizzi della giurisprudenza dominante.

I casi noti in cui questo Consiglio ha riscontrato la presenza del vizio che viene qui dedotto erano caratterizzati dalla prevalenza, nelle singole commissioni, di elementi sprovvisti di competenze tecniche specifiche (C.d.S., VI, 25 luglio 1994, n. 1261), ad esempio per il fatto che quattro componenti del collegio su cinque erano privi di diploma di laurea (C.d.S., V, 17 marzo 2009, n. 6297), oppure in quanto il personale amministrativo predominava su quello tecnico (C.d.S., V, n. 5100/2008), o comunque quest’ultimo costituiva una netta minoranza (C.d.S., V, 9 giugno 2003, n. 3242).

Nel caso concreto, per converso, la maggioranza della commissione era pacificamente composta da tecnici: e la critica mossa dalla ricorrente è semplicemente quella che il relativo collegio non fosse composto in via "esclusiva" da esperti "nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto", secondo la necessità che si vuole insita nella previsione dell’art. 84 del Codice dei contratti pubblici.

Una interpretazione tanto radicale del precetto non risponde, peraltro, all’elaborazione giurisprudenziale cui la norma si riallaccia né al più ampio principio di cui la stessa è espressione, che portano a ritenere indispensabile, sì, ma di regola anche sufficiente, che i tecnici dello specifico settore rappresentino la maggioranza (e non addirittura la totalità) dei componenti della commissione.

Non sembra superfluo ricordare che, in questa materia, ancor prima dell’avvento del d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza amministrativa aveva già chiarito che quello del possesso da parte dei commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole costituiva un principio "immanente nell’ordinamento generale, che trascende il settore dei lavori pubblici, per rendersi operativo in qualsiasi gara, in quanto risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa; pertanto, pur in mancanza, nel settore degli appalti di servizi, di un’espressa disposizione concernente la composizione della commissione giudicatrice, questa, avendo anche in detto settore il compito di valutare la qualità del servizio offerto, deve essere composta, almeno prevalentemente, da persone fornite di specifica competenza tecnica o munite di qualificazioni professionali che tale competenza facciano presumere" (Consiglio Stato, sez. V, 18 marzo 2004, n. 1408; 17 marzo 2009 n. 6297).

Più recentemente, e sulla stessa lunghezza d’onda, questa Sezione ha confermato che la regola fissata dall’art. 84 del codice approvato con d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, per la quale i componenti della commissione di gara vanno scelti fra soggetti dotati di competenza tecnica adeguata alle peculiarità dello specifico settore interessato dall’appalto da assegnare, costituisce espressione di principi generali, costituzionali e comunitari, volti ad assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa, e, in quanto tale, è applicabile anche alle procedure di evidenza pubblica non disciplinate dal codice dei contratti pubblici. (V, 4 marzo 2011, n. 1386).

Nella genesi di questo ampio principio ha giocato un ruolo significativo l’indirizzo ermeneutico avviato dalla Corte costituzionale con la sentenza del 15 ottobre 1990 n. 453, secondo il quale " la presenza di tecnici o esperti – interni o esterni all’amministrazione, ma in ogni caso dotati di adeguati titoli di studio e professionali rispetto alle materie oggetto di prova – deve essere, se non esclusiva, quanto meno prevalente". Tale principio, è stato infatti osservato, "seppur enunciato in un caso concernente la composizione di commissioni giudicatrici in concorsi pubblici, assume una portata generale in quanto è rivolto a garantire, nell’ambito dei procedimenti selettivi, scelte finali fondate sull’applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei concorrenti." (V, 9 giugno 2003, n. 3242).

Correlativamente, è stato reputato che la costituzione di una commissione di cinque membri a presenza maggioritaria di tecnici esperti sia invece coerente con le regole di carattere generale in tema di commissioni giudicatrici di procedure concorsuali che sono state messe a fuoco dalla giurisprudenza (anche della Corte costituzionale) a salvaguardia delle superiori esigenze di buon andamento, imparzialità e trasparenza (V, 26 aprile 2005, n. 1902).

Di questo più ampio indirizzo è dunque espressione la disciplina recata dall’art. 84 del Codice degli appalti pubblici, dove la necessaria professionalità della commissione preposta a procedure rette dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa viene rimarcata tanto nel comma 2 dell’articolo, dove è prescritto che ne facciano parte degli "esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto", quanto nel suo seguente comma 8, dove si esigono "adeguateprofessionalità".

La giurisprudenza, avuto riguardo a tali previsioni, ha puntualizzato altresì che " l’art. 84 del d.lvo 163/2006, in sostanziale continuità con l’art. 21 della legge n. 109/1994 e succ. mod e con la previsione regolamentare di cui all’art. 92 del dpr n. 554/1999, laddove ha inteso prevedere che i commissari siano "selezionati tra i funzionari della stazione appaltante" non ha inteso privilegiare in senso assoluto il requisito dell’inserimento nell’organico dell’ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, come può evincersi dalle ulteriori previsioni normative delle citate disposizioni. La valutazione prognostica sulla professionalità di chi giudica quindi, non può prescindere dalla concreta disamina di ciò che costituisce oggetto di giudizio, ed a tal fine il possesso del titolo di studio adeguato è elemento che garantisce a monte, sotto un profilo presuntivo, dell’adeguatezza della scelta." (VI, n. 4829 del 7 ottobre 2008; al fine di evitare che sussistano elementi che possano indurre consociati e partecipanti alla gara a dubitare dell’adeguatezza professionale dei membri della commissione, la decisione della Sez. V, 17 marzo 2009, n. 6297, afferma la necessità del possesso di un idoneo titolo di studio e della pregressa esperienza nel settore).

In coerenza con queste indicazioni, nello specifico il primo Giudice ha giustamente osservato, d’altra parte, che il requisito dell’esperienza "nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto" deve essere inteso in modo coerente con la poliedricità delle competenze sovente richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare; e le difese degli appellati hanno posto un corretto accento anche sulla necessità di tenere conto della professionalità (non è detto solo strettamente tecnicosettoriale) di volta in volta implicata dagli specifici criteri di valutazione la cui applicazione sia prevista dalla lex specialis (memoria di costituzione della F., pagg. 2025).

Da tutto ciò si desume l’ineccepibilità della conclusione del Tribunale nel senso dell’insussistenza del vizio dedotto, in quanto è essenzialmente la commissione nel suo complesso a dover garantire il possesso delle conoscenze tecniche occorrenti, nella specifica fattispecie, in ossequio al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Tanto più si sottrae a censura la composizione della commissione di cui si controverte se si considera, quanto ai suoi due componenti "non tecnici": che la dott.ssa Cassi, pur di laurea -scienze politiche- e professione non tecnica -segretaria comunale dal 1984 e direttore generale di un Comune, vantava una notevole esperienza e competenza proprio in tema di gare pubbliche, per avere fatto parte, come componente, presidente o membro esperto, di un numero considerevole di commissioni di gara (pari a 98, come da curriculum in atti); e che il dott. Rindone, oltre ad essere Responsabile del Dipartimento Sviluppo economico e formazione del personale, nonché Vice Segretario generale dell’Ente appaltante, era anche al tempo il Segretario generale f.f. della Provincia, e perciò il suo vertice burocratico (e in tale veste sarebbe stato individuato come componente della commissione, secondo quanto ha riferito la difesa provinciale senza trovare smentita), e dall’attestazione in atti risulta avere presieduto nell’ultimo decennio n. 18 procedure di gara.

I due componenti "non tecnici" potevano ritenersi, quindi, depositari di sicura professionalità, capacità tecniche e competenza giuridicoamministrativa in tema di gare, elementi che non potevano che completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione nel suo insieme, dalla composizione comunque prevalentemente tecnica, rendendola pienamente idonea alla complessa attività valutativa da compiere.

3 La ricorrente assume, inoltre, che le proprie doglianze circa la composizione della commissione sarebbero state corroborate dalla documentazione agli atti del giudizio, della quale si predica il valore sintomatico sotto più profili.

3a Viene lamentato, in particolare, che si sarebbe verificato uno "svilimento" del giudizio espresso dai commissari di estrazione tecnica, per quanto essi fossero in maggioranza numerica. Mentre i medesimi, infatti, avevano gratificato con il più alto punteggio le proposte dell’ATI C., i componenti non tecnici, al contrario, le avevano sottovalutate. E questo denoterebbe che la commissione non sarebbe stata in grado di individuare l’aggiudicataria facendo una corretta applicazione delle norme di legge e della lex specialis.

In contrario è tuttavia agevole opporre che i differenziali di punteggio sui quali la ricorrente punta l’indice, oltre a non essere circoscritti alla sola sua offerta, ma riscontrabili, come le resistenti difese hanno osservato in dettaglio, anche rispetto ad altre concorrenti, e rinvenibili pure tra alcune valutazioni di componenti entrambi di estrazione schiettamente tecnica, costituiscono l’inevitabile ricaduta del margine di libero apprezzamento tipicamente rimesso a ciascun membro della commissione, come pure delle insopprimibili differenze di sensibilità individuale esistenti tra i diversi componenti. Onde gli stessi differenziali non possono essere fatti assurgere in alcun modo ad indici dimostrativi di "incompetenza" individuale, come invece la ricorrente arbitrariamente pretenderebbe.

Anche per tale ragione non vale, dunque, appellarsi ad un presunto "svilimento" del giudizio espresso dai commissari "più competenti". Dietro l’enfasi dialettica di tale formula, invero, c’è solo il semplice quanto ineccepibile dato obiettivo per cui ciascuno dei commissari, e quindi anche i due sui quali si sono concentrate le attenzioni di parte ricorrente, altro non ha fatto che esprimere, in concorso con i suoi omologhi, le proprie personali valutazioni, in adempimento del mandato ricevuto.

3b Altro profilo di censura da esaminare è il seguente. Secondo quanto è stato denunziato con i secondi motivi aggiunti, la commissione non si sarebbe avveduta che la proposta tecnica dell’aggiudicataria non era conforme al capitolato speciale, e conteneva difformità rispetto al -pur vincolante- progetto definitivo posto a base di gara, oltre ad essere peggiorativa rispetto alla performance prescritta dalla documentazione di gara. Nonostante tutto ciò -prosegue la C.- la controinteressata, il cui progetto esecutivo, in seguito sviluppato, nemmeno avrebbe potuto essere approvato, non solo non era stata esclusa dalla gara, ma si era vista attribuire dai commissari non tecnici le valutazioni più elevate, e comunque un punteggio complessivo ingiustificato.

Queste supposte, ulteriori manchevolezze in tesi ascrivibili alla commissione, secondo l’impostazione della C., dovrebbero innanzitutto fornire supporto alla sua censura di fondo sulla difettosa composizione del medesimo organo.

A questo riguardo è però facile convenire con la controinteressata che gli indicati elementi di novità, lungi dall’accrescere la credibilità dell’assunto (sopra, peraltro, già confutato) dell’incompetenza personale dei due componenti non tecnici della commissione, deporrebbero semmai per una deficienza della commissione nella sua interezza, per non essersi essa avveduta delle criticità dell’offerta della F..

Di più: la natura prettamente tecnica delle suddette criticità avrebbe fatto sì che la responsabilità della loro mancata rilevazione sarebbe stata imputabile soprattutto ai membri del collegio di estrazione tecnica, nei cui riguardi, tuttavia, nessun tipo di riserva è stata mai espressa dalla ricorrente.

Senza dire, poi, che la mancata percezione di queste supposte criticità non sarebbe necessariamente espressione di una carenza di competenza, potendo invece anche ricondursi, in alternativa, a mancanze di altra natura, come ad es. una generica carenza di attenzione.

Si può pertanto senz’altro confermare la conclusione dell’infondatezza della critica di parte che ha investito la composizione della commissione, censura che da nessun elemento è risultata corroborata.

3c La C. si duole che il Tribunale abbia dichiarato improcedibili i suoi motivi aggiunti non solo, peraltro, in nome di una loro presunta attitudine ad avvalorare l’originaria censura di inadeguatezza della commissione, ma anche sotto una diversa angolazione.

L’esclusione dell’appellata dalla gara, viene difatti qui dedotto, non avrebbe dato vita sic etsimpliciter ad uno scorrimento della graduatoria in favore della seconda classificata, secondo quanto ritenuto invece dal T.A.R., bensì avrebbe richiesto una preventiva espunzione dei punteggi conseguiti da ciascuna concorrente nei suoi diretti confronti con l’offerta della F.. Con il che, deduce l’appellante, "l’operazione di ricalcolo dei punteggi conseguente all’estromissione dalla procedura dell’offerta aggiudicataria ben avrebbe potuto condurre ad una rimodulazione della graduatoria finale a vantaggio dell’ATI C.".

Neppure queste argomentazioni possono però essere condivise.

La decisione del T.A.R. di dichiarare improcedibili le nuove doglianze introdotte dai motivi aggiunti poggiava, si rammenta, sul rilievo che un eventuale riconoscimento dell’inidoneità dell’offerta della prima classificata avrebbe potuto determinare null’altro che uno scorrimento della graduatoria a vantaggio della ditta classificatasi seconda, nei cui confronti la C., terza graduata, non aveva mosso alcun tipo di contestazione.

Orbene, l’appellante oppone a tale conclusione l’argomento per cui l’esclusione dell’appellata dalla gara non avrebbe dato vita solo ad un mero scorrimento della graduatoria, ma avrebbe richiesto preventivamente di espungere i punteggi conseguiti da ciascuna concorrente nei suoi confronti diretti con la F.: e la relativa operazione di ricalcolo dei punteggi sarebbe potuta sfociare, viene detto, anche in una rimodulazione della graduatoria finale a vantaggio dell’ATI C..

Anche a voler ipoteticamente seguire il ragionamento così proposto, tuttavia, è inevitabile osservare che costituiva onere dell’appellante dimostrare l’effettività del proprio interesse a base della censura, requisito che il primo Giudice aveva appunto escluso. Onde la parte non poteva limitarsi ad affacciare una mera "ipotesi di esistenza" del proprio interesse, come ha invece fatto, ma doveva farne constare la effettiva sussistenza, svolgendo uno sviluppo dei conteggi dei quali aveva dedotto la necessità, e dimostrando che per tale via si sarebbe davvero potuti pervenire ad un avvicendamento nella seconda posizione della graduatoria.

3d Si rivela infine immune da vizi anche la decisione del primo Giudice di disattendere la richiesta istruttoria di parte ricorrente. Le eventuali carenze del progetto esecutivo della controinteressata, a tutto concedere, non avrebbero potuto dare vita che ad una risoluzione del suo titolo contrattuale, e di riflesso ad un ordinario scorrimento della graduatoria di gara (ai sensi dell’art. 140 d.lgs. n. 163/2006, specificamente richiamato dal capitolato) a beneficio dell’impresa seconda classificata, e non certo ad una caducazione integrale della procedura.

Da qui la correttezza della conclusione della carenza di interesse alla -istruttoria della- censura.

4 In conclusione, le ragioni esposte impongono il rigetto dell’appello, siccome infondato.

Le spese processuali del presente grado sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Condanna l’appellante al rimborso delle spese processuali del presente grado, che si liquidano nella complessiva misura di euro seimila oltre gli accessori di legge, da dividere in quote eguali tra le due parti appellate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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