Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 14-11-2011, n. 41433 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 29.09.2010 la Corte di Appello di Catanzaro, dichiarato il fatto di cui al capo a) assorbito in quello di cui al capo d), rideterminava in mesi 2 d’arresto Euro 7.200 d’ammenda la pena inflitta nel giudizio di primo grado a P.V. quale colpevole dei reati di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 44, lett. c) e art. 181 per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo paesaggistico un fabbricato rurale con blocchi di cemento e mattoni forati, con copertura in lamiera, senza permesso di costruire e senza autorizzazione paesaggistica, D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 65, 72, per avere eseguito l’opera con conglomerato cementizio senza progetto esecutivo e senza affidare i lavori a un tecnico abilitato omettendo di denunciare all’ufficio competente l’inizio dei lavori.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando inosservanza di norme processuali a pena di nullità (artt. 33 e segg. c.p.p.) versando il Collegio in condizioni d’incompatibilità per la presenza del consigliere B.A. che aveva partecipato, quale relatore, al procedimento del Tribunale di sorveglianza su istanza di riabilitazione dell’imputato.

La riabilitazione era stata negata con un provvedimento in cui l’estensore si era soffermato sulla sentenza di primo grado del presente procedimento, sicchè era ipotizzatole che il predetto avesse contribuito nella decisione d’appello influenzato dalla precedente decisione.

Denunciava, altresì, – mancata assunzione di una prova decisiva costituita dall’esame degli operanti di PG che avevano eseguito il sopralluogo il cui esame era stato revocato sull’erronea premessa della superfluità dell’incombente che, era, invece, necessario perchè i giudici di merito avevano ritenuto che fossero stati costruiti due corpi di fabbrica, anzichè uno;

– violazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 quinquies, che aveva introdotto una causa di estinzione di tutti i reati contestatigli. Egli, infatti, aveva eseguito la rimessione in pristino spontaneamente, prima che venisse disposta dall’autorità amministrativa, e comunque prima della sentenza di condanna;

– violazione dell’art. 132 cod. pen. con riferimento alla dosimetria della pena essendo eccessivi la pena base e gli aumenti per la continuazione.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Non è puntuale il primo motivo di ricorso non essendo configurabile la nullità della sentenza per l’asserita esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 c.p.p., Cassazione Sezione 5^ n. 40651/2006, RV. 236307; n. 13593/2010 RV. 246716.

Va, peraltro, osservato che la partecipazione del consigliere B. riguardava un procedimento, diverso dal presente, sfociato in un’ordinanza nella quale si dava atto del dato obiettivo costituito da una sentenza di condanna di primo grado per abusivismo edilizio emessa nei confronti del Paolino, dato che, unitamente alle altre segnalate pendenze giudiziarie, deponeva negativamente sulla condotta serbata dopo la condanna inflittagli con sentenza irrevocabile 19.02.1981 dal pretore di Domodossola.

Va, poi, rilevato che è manifestamente infondato il secondo motivo con cui l’imputato si duole della revoca dell’ordinanza d’ammissione dei testi che avevano eseguito il sopralluogo stante che nessun valido argomento egli oppone alla decisione di revoca basata sulla ritenuta superfluità degli esami per l’esaustiva acquisizione di dati probatori relativi alla descrizione da parte dell’ispettore M. dell’abuso relativo all’esecuzione di un fabbricato rurale composto da due corpi di fabbrica.

Su terzo motivo di ricorso si osserva che, secondo il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 quinquies, "la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1".

L’ordine impartito dall’autorità amministrativa è l’intimazione di ripristinare lo stato dei luoghi che è rivolto all’autore dell’abuso e che, ove rimanga inadempiuto, da luogo a esecuzione d’ufficio a spese dell’obbligato.

La nuova fattispecie estintiva può configurarsi soltanto se l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la PA la disponga perchè l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio Cassazione Sezione 3^ n. 3945/2005 RV. 234046; n. 3464/2007 RV. 238628.

Non merita, pertanto, adesione l’assunto difensivo secondo cui l’effetto estintivo conseguirebbe anche nel caso in cui l’ordine sia stato disposto d’ufficio e l’imputato abbia effettuato il ripristino dopo l’ingiunzione comunale a demolire ma prima della sentenza di condanna.

Tale previsione, infatti, attiene al caso in cui la rimessione in pristino non sia stata ordinata dall’autorità amministrativa.

Nel caso in esame, risulta:

– che, con ordinanza 12.01.2007, l’Ufficio tecnico comunale ha ingiunto all’imputato di procedere alla demolizione dell’opera abusiva;

– che la demolizione è intervenuta dopo la notifica dell’ordinanza.

Essendo la rimessione in pristino avvenuta dopo l’emissione dell’ingiunzione, non ricorrevano le condizioni per applicare la causa estintiva.

Anche l’ultimo motivo, peraltro aspecifico, va disatteso avendo la corte territoriale esaurientemente motivato sul punto riducendo la pena per effetto del dichiarato assorbimento del reato di cui al capo a) in quello di cui al capo d) della rubrica.

La manifesta infondatezza del ricorso comporta l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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