Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 14-11-2011, n. 41432

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Napoli ha affermato la colpevolezza di M.A.I. in ordine al reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, a lui ascritto per avere detenuto per la somministrazione e la vendita kg. 40 di alimenti, tra carne e pesce, in cattivo stato di conservazione, nonchè di dubbia provenienza.

Gli alimenti di cui alla contestazione erano stati rinvenuti presso il ristorante Simbad S.r.l., sito in (OMISSIS);

ristorante del quale l’imputato era addetto alla gestione.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con un unico, articolato, mezzo di annullamento il ricorrente denuncia (a violazione ed errata applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 178 e segg. c.p.p., nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

Si espone che il M., a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, era stato tratto a giudizio immediato del Tribunale per rispondere del reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, per avere detenuto per la vendita Kg. 6 di lupini in cattivo stato di conservazione.

All’udienza del 13.4.2010, dichiarata la contumacia dell’imputato, su richiesta del P.M., veniva modificata la contestazione nei termini di cui alla successiva pronuncia di condanna.

A questo punto il giudice di merito, invece di sospendere e rinviare il dibattimento, disponendo la notifica del verbale all’imputato, aveva provveduto a detta notificazione al difensore in udienza ed aveva disposto la prosecuzione del processo, senza neppure concedere il termine a difesa previsto dagli artt. 519 e 520 c.p.p..

In particolare sul primo punto si deduce che l’imputato aveva eletto domicilio presso lo studio del suo difensore con la conseguente nullità della notifica eseguita in udienza.

Nel prosieguo del motivo di gravame si denunciano vizi di motivazione della sentenza in ordine alla affermazione di colpevolezza del M. quale gestore del ristorante in cui furono rinvenuti gli alimenti in cattivo stato di conservazione.

Si deduce, in sintesi, che titolare del ristorante all’epoca del fatto era tale C.A., quale amministratore della società Simbad S.r.l., e che l’attribuzione della qualità di gestore del medesimo ristorante al M. costituisce un’affermazione apodittica della sentenza, non trovando riscontro nelle risultanze processuali.

Si denuncia, infine, l’inosservanza dei parametri di cui all’art. 133 c.p. in ordine alla determinazione della pena inflitta, deducendosi che l’incensuratezza dell’imputato avrebbe dovuto indurre il giudice di merito a concedergli le attenuanti genetiche, trattandosi peraltro di fatti di lieve entità.

Il ricorso non è fondato.

Emerge dall’esame del verbale di udienza dinanzi al Tribunale in data 13.4.2010 che, a seguito della modifica dell’imputazione effettuata dal P.M., il giudice monocratico, rilevato che il difensore di fiducia dell’imputato ne era altresì domiciliatario, ha disposto la notifica del verbale a mani del predetto difensore e questi ha accettato la notifica, senza chiedere alcun termine a difesa.

Va, quindi, rilevato in punto di diritto che, secondo l’indirizzo interpretativo ormai consolidato di questa Corte, la notifica di atti diretti all’imputato, eseguita presso il difensore di fiducia che ne sia domiciliatario, è valida anche se effettuata in luogo diverso da quello indicato nella elezione di domicilio (sez. 1^, 20.1.2010 n. 4605, Fuscà, RV 246316; sez. 6^, 15.10.2009 n. 49498, Santise, RV 245649; sez. 2^, 5.2.2002 n. 21109, P.C. in proc. Seghieri M ed altro, RV 221848).

Sicchè, la notifica del verbale contenente la modificazione della contestazione disposta dal P.M. è stata validamente effettuata in udienza nelle mani del difensore di fiducia, il quale, rappresentando l’imputato per effetto della declaratoria di contumacia, ai sensi dell’art. 420 quater c.p.p., comma 2, avrebbe dovuto chiedere l’eventuale sospensione del dibattimento.

Per completezza di esame va altresì rilevato che, in ogni caso, trattandosi di nullità a regime intermedio, il difensore avrebbe dovuto provvedere a eccepire immediatamente detta nullità, ai sensi dell’art. 182 c.p.p., comma 2, essendosi verificate la stessa in presenza della parte, così come rappresentata.

Gli ulteriori motivi di gravame sono manifestamente infondati.

La attribuzione al M. della qualità di preposto all’attività di gestione del ristorante è supportata da una motivazione adeguata, immune da vizi logici, essendo stato evidenziato dal giudice di merito che l’imputato provvedeva a gestire gli incassi del locale, era in possesso della relativa documentazione e provvedeva ad impartire gli ordini al personale dipendente.

La valutazione in ordine alla determinazione della pena è di merito e non è suscettibile di censura in sede di legittimità.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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