Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 14-11-2011, n. 41430

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di D.P.D. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b), a lui ascritto per avere realizzato le seguenti opere su un trullo di sua proprietà: 1) chiusura di una veranda coperta sul lato esterno per circa ml. 3; 2) smantellamento di parte della base del trullo con sostituzione di questa con struttura cava in muratura e solaio laterocementizio;

3) platea di cemento con principio di muratura in elevazione.

Il tutto in assenza del permesso di costruire.

Si accertava in punto di fatto che il D.N. stava eseguendo lavori su un trullo, del quale era comproprietario, in base ad una denuncia di inizio attività relativa ad interventi di manutenzione straordinaria e per la realizzazione di un vano WC ricavato dal preesistente vano forno.

In data 1.2.2006 la Polizia Municipale aveva accertato che gli interventi in corso di esecuzione erano difformi da quanto descritto nella DIA e corrispondevano, invece, a quanto poi contestato in imputazione. A seguito di tale accertamento il D.N. aveva presentato un progetto di variante in corso d’opera.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva dedotto che gli interventi eseguiti in base a DIA erano legittimi, non avendo comportato aumento delle unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti, delle superfici o mutamento di destinazione d’uso, come previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), e che la DIA originaria doveva ritenersi validamente integrata dal progetto in variante.

In sintesi, la sentenza ha affermato che i lavori in corso di esecuzione non possono essere qualificati come interventi di manutenzione straordinaria, trattandosi di ristrutturazione edilizia che, tra l’altro, aveva comportato un ampliamento della superficie interna del trullo, passata dagli originali 13 mq. a 24 mq., ottenuto svuotando dall’interno le pareti del manufatto, che risultavano anche dello spessore di due metri per la particolare conformazione del trullo, e sostituendole con una diversa struttura portante. In base a tali rilievi e tenuto conto che vi era stata anche una modifica dei prospetti mediante la parziale chiusura della veranda, la sentenza ha affermato che i lavori non potevano essere eseguiti in base a DIA o a un progetto di variante di quest’ultima, dovendo essere assentiti mediante permesso di costruire.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p. per violazione del principio di correlazione tra imputazione e condanna. Si deduce che la sentenza di primo grado aveva affermato la colpevolezza dell’imputato esclusivamente per avere eseguito lavori di ristrutturazione edilizia, necessitanti dei permesso di costruire, mentre non si faceva alcun cenno ad aumento di volumi o di superfici del trullo.

Solo con la sentenza di appello è stato introdotto un quid pluris, costituito dall’affermazione che vi sarebbe stato un aumento della superficie interna del manufatto; quid pluris che non aveva formato oggetto di menzione nell’imputazione con conseguente diversità del fatto per il quale vi è stata pronuncia di condanna rispetto alla contestazione e violazione del diritto di difesa dell’imputato.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 2.

In sintesi, si sostiene che la DIA originaria doveva ritenersi totalmente integrata dalla variante in corso d’opera presentata dall’interessato, cui gli interventi eseguiti risultavano conformi.

Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente la Corte rileva che tuttora non si è verificata la prescrizione del reato, dovendosi tener conto della sospensione del decorso del termine di prescrizione per il periodo di mesi otto e giorni ventinove a seguito del rinvio del dibattimento dall’udienza del 17.7.2007 al 15.4.2008 per adesione del difensore alla astensione dalle udienze.

Osserva, poi, la Corte in ordine al primo motivo di ricorso che al punto due della imputazione viene analiticamente descritto l’intervento eseguito, dall’interno, sulle pareti che costituiscono la struttura portante del trullo.

Tali pareti, secondo la contestazione, sono state smantellate e sostituite con una struttura cava in muratura, sicchè l’affermazione che vi è stato un aumento della superficie interna del manufatto costituisce un rilievo consequenziale alla descrizione delle caratteristiche dell’intervento, che non rappresenta affatto un quid novi, del tutto estraneo alla originaria contestazione.

Peraltro, anche la sentenza di primo grado aveva già rilevato che per effetto degli interventi eseguiti era stato realizzato un aumento di volumetria del trullo, oltre alla modificazione della sagoma dell’edificio.

Sicchè non vi è stata alcuna violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza.

Deriva da tali rilievi che i lavori eseguiti hanno natura di intervento di ristrutturazione edilizia, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), e non di manutenzione straordinaria di cui alla lett. b), medesimo comma.

Sul punto la sentenza impugnata ha anche osservato che mediante la parziale chiusura della veranda vi è stata anche una modifica dei prospetti, oltre che della superficie utile.

Data la accertata natura, gli interventi di cui alla contestazione rientrano tra quelli che ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), sono subordinati al rilascio del permesso di costruire. Affermazione, peraltro, già contenuta nella sentenza di primo grado e correttamente fondata sulla valutazione della natura degli interventi edilizi di cui alla contestazione.

Per completezza di esame si deve osservare che i lavori di ristrutturazione edilizia, in alternativa al permesso di costruire, possono essere anche eseguiti in base alla denuncia di inizio attività di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. a), come sostituito dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, art. 1, comma 1, lett. e).

Nel caso in esame, però, secondo l’accertamento di merito, il progetto allegato alla denuncia di inizio attività presentata dall’interessato riguardava esclusivamente l’esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria e di trasformazione di un vano forno hi WC. Pertanto, gli accertati lavori di ristrutturazione edilizia venivano sostanzialmente realizzati in assenza di qualsiasi titolo abilitativo.

Per l’effetto la denuncia di inizio attività in variante risulta illegittima, non essendo previsto il ricorso a detto strumento per la regolarizzazione di interventi originariamente abusivi.

Va anche osservato che la denuncia di inizio attività prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 2, può riferirsi solo alla esecuzione di varianti su progetti assentiti mediante permesso di costruire e tali varianti non devono incidere "sui parametri urbanistici e sulle volumetrie" non devono modificare "la destinazione d’uso e la categoria edilizia", nè alterare "la sagoma dell’edificio", nè violare "le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire".

E’ evidente, pertanto, che interventi di ristrutturazione edilizia non possono, in nessun caso, essere eseguiti mediante denuncia di inizio attività in variante di una precedente DIA. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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