Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 14-11-2011, n. 41429

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 13.10.2010 la Corte di Appello di Palermo confermava la condanna alla pena dell’arresto e dell’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a M.P. e a P.R. quali colpevoli dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), artt. 83, 93, 94 e 95 e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 per avere, senza permesso di costruire, senza nullaosta paesaggistico, senza avere denunciato l’inizio dei lavori e senza avere ottenuto la prescritta autorizzazione da parte dell’Ufficio tecnico comunale, realizzato in zona sismica e vincolata un battuto cementizio rettangolare di mt. 8 x 10 circa collocato su un basamento in conglomerato cementizio e un prefabbricato – posizionato sul suddetto basamento – di circa 24 mq composto da listelli e travi di legno e coperto con materiale multistrato in legno.

Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando violazione della L.R. n. 37 del 1985, art. 5 e mancanza di motivazione:

– sulla configurabilità del reato sia per la natura precaria dell’opera prefabbricato a una sola elevazione adibito a uso non abitativo come definita dalla normativa regionale sia perchè l’intervento era realizzabile con DIA;

– sulla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere e al ripristino dello stato dei luoghi:

– sulla scelta di tale obbligo anzichè di altri tra quelli previsti dall’art. 165 cod. pen..

Chiedevano l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è infondato.

Puntualizzato che, quando "le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prava posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza d’appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo" Cassazione Sezione 1 n. 8868/2000, Sangiorgi, RV. 216906, va osservato che i giudici di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza su dati obiettivi puntualmente esaminati, ritenendo, alla stregua delle acquisizioni documentali, che le opere realizzate avessero rilevante consistenza e consolidata struttura, sicchè doveva escludersi l’asserita natura precaria.

Non è corretta, quindi, la censura difensiva secondo cui l’opera (un prefabbricato ad una sola elevazione che non sarebbe destinato ad abitazione), in quanto precaria, non necessitava di permesso di costruire ai sensi della L.R. n. 37 del 1985, art. 5 stante che il manufatto, di dimensioni non modeste, era stabilmente collocato su una piattaforma in conglomerato cementizio.

La precarietà, infatti, va intesa secondo un criterio strutturale, ovvero nel senso della facile amovibilità dell’opera, valutata nel SUO complesso "e non funzionale, ovvero nel senso della temporaneità e provvisorietà dell’uso, sicchè tale disposizione, di carattere eccezionale, non può essere applicata al di fuori dei casi ivi espressamente previsti" Sezione 3 n. 16492/2010 RV. 246771.

Nè, trattandosi di una nuova costruzione in zona indicata, era possibile edificare con la presentazione di una DIA e, quindi in violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, n. 1, come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, secondo cui sono realizzabili mediante denuncia d’inizio d’attività gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli artt. 10 e 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

Va, pertanto, disatteso il motivo in punto di affermazione di responsabilità che si fonda sulle stesse argomentazioni proposte in appello e puntualmente confutate dal giudice del gravame.

In tema di reati edilizi è legittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’esecuzione della demolizione da parte del condannato, come affermato dalle SU di questa Corte sentenza n. 714/1997, RV. 206660, Luongo che ha risolto in tal senso l’esistente contrasto giurisprudenziale considerando che l’ordine di demolizione ha una funzione ripristinatoria del bene offeso (il territorio), e quindi si riconnette all’interesse sotteso all’esercizio stesso dell’azione penale con la conseguenza che la clausola normativa "se non altrimenti eseguita" (la demolizione) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9 e u.c., non attiene a un limite estrinseco al potere del giudice tale da influenzarne la natura, ma considera l’eventualità del suo esercizio che può considerarsi inutiler datum quando l’offesa sia rimossa anche mediante acquisizione del bene al patrimonio del Comune.

Anche l’ultimo motivo non è puntuale perchè la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva ha la specifica funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, come previsto dall’ultima parte dell’art. 165 cod. pen., comma 1.

Grava, quindi, sui ricorrenti l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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