Cons. Stato Sez. V, Sent., 20-12-2011, n. 6688

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza 30 ottobre 2007, n., 10656, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio accoglieva il ricorso proposto dall’ associazione R. F. F.C. avverso la determinazione dirigenziale 27 settembre 2006, n. 25239, con la quale il Comune di Roma aveva approvato gli atti della procedura finalizzata all’individuazione del soggetto concessionario ai fini della ristrutturazione, del ripristino funzionale e della gestione dell’impianto sportivo di proprietà comunale sito nel parco di Tor di Quinto su un’area complessiva di 30.000 mq.

All’esito della procedura la D. P. s.r.l. era risultata aggiudicataria mentre la R. F. si classificava al terzo posto, alle spalle dalla Cogeim s.p.a.

Il Primo Giudice considerava assorbente e fondato il motivo di ricorso di ricorso finalizzato a censurare la mancata predeterminazione dei sottocriteri di valutazione delle offerte.

La seconda classificata Cogeim s.p.a. non proponeva invece ricorso, con la conseguenza che l’esito della procedura diventava nei suoi riguardi inoppugnabile.

2. Con la decisione 25 gennaio 2009, n. 1134 questo Consiglio respingeva gli appelli proposti dal Comune di Roma e dalla controinteressata D. P. s.r.l. mentre accoglieva l’appello incidentale proposto dall’Associazione "R. F." finalizzato a censurare la mancata esclusione dell’ aggiudicataria D. P. dalla procedura.

3. Con la decisione 21 maggio 2010, n. 8845, questa Sezione, a fronte della mancata riedizione della procedura amministrativa in conformità alle regole sancite nel decisum del Consiglio di Stato, accoglieva un primo ricorso in ottemperanza proposto dalla R. F., assegnando al Comune di Roma il termine di 60 giorni al fine di dare esecuzione alla decisone n. 1134/2009 e disponendo la contestuale nomina del Commissario ad acta per l’eventualità dell’ulteriore inerzia dell’amministrazione.

4.Con determinazione 9 giugno 2010, n. 1334, il Comune di Roma, all’esito della ripetizione della gara attuata, in conformità alle ricordata sentenza di questo Consiglio, senza la partecipazione della D. P. s.r.l., perveniva all’aggiudicazione in favore di R. F..

A valle di detta statuizione non interveniva, tuttavia, alcun atto finalizzato ad assicurare l’immissione dell’aggiudicataria nel possesso dell’impianto sportivo in esame.

Con determinazione dirigenziale n. 560 del 18.11.2011 il Comune di Roma ha, da ultimo, disposto la revoca della rammentata determinazione dirigenziale n. 1334/2010.

5. Con il ricorso in ottemperanza la R. F. chiede l’esecuzione della sentenza n.1134/2009 con l’ordine di disporre la consegna all’associazione ricorrente dell’impianto sportivo in parola e la condanna del Comune al pagamento, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo, di una somma non inferire a euro 1.027,00 pro die.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Roma e la società D. P., che hanno eccepito l’inammissibilità e chiesto la reiezione del ricorso.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

In sede di discussione il Comune di Roma ha eccepito l’improcedibilità del ricorso in ragione della sopravvenuta carenza di interesse conseguente all’adozione del rammentata determinazione dirigenziale n. 560 del 28.11.2011.

Si deve, per completezza, osservare che all’esito dell’odierna udienza é stato esaminato e dichiarato inammissibile il ricorso per opposizione di terzo n. 3357/2011 proposto dalla Cogeim s.p.a. avverso la sentenza di cui si chiede in questa sede l’esecuzione.

6. Il ricorso è meritevole di positiva valutazione alla stregua delle considerazioni che seguono.

6.1. Il Collegio deve, in prima battuta, confutare le eccezioni di inammissibilità svolte da entrambe le parti resistenti.

Dette eccezioni muovono dal non condivisibile presupposto secondo il quale l’esecuzione della sentenza di annullamento della procedura competitiva sarebbe stata assicurata mediante la ripetizione della procedura mentre esorbiterebbe dall’effetto conformativo della pronuncia la concreta esecuzione dell’aggiudicazione mediante l’attribuzione al ricorrente vittorioso del bene della vita, rappresentato nella specie dall’effettiva assegnazione della disponibilità dell’impianto sportivo. Reputa, infatti, la Sezione che, in omaggio ai canoni costituzionali e comunitari di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale richiamati dall’art. 1 del codice del processo amministrativo, la portata dell’obbligo comportamentale sancito dal precetto giudiziario non possa essere sganciato dall’apprezzamento dell’interesse sostanziale al quale è preordinata la proposizione del ricorso. Ne deriva che, anche a fronte di sentenza che si limita all’annullamento della procedura con effetto di riedizione, senza spingersi al giudizio sulla fondatezza della pretesa al conseguimento diretto dell’aggiudicazione, l’amministrazione è tenuta, onde soddisfare l’interesse del ricorrente vittorioso, non solo a ripetere la procedura emendandola dai vizi colti dalla sentenza ma anche, in caso di esito favorevole al ricorrente del procedimento, ed ove non sussistano ragioni ostative debitamente esternate, ad adottare gli atti, consequenziali all’aggiudicazione, necessari allo scopo di assicurare al ricorrente medesimo l’ id quod interest.

Il richiamato principio di effettività della tutela, particolarmente pregnante nella fase dell’esecuzione del giudicato, in un quadro normativo ed interpretativo sempre più sensibile all’esigenza di garantire la soddisfazione reale della pretesa della parte vittoriosa – si pensi all’art. 44, comma 2, lett. b, n. 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69, che prevede, quale criterio di delega, l’adozione di pronunce costitutive, dichiarative e di condanna, volte a soddisfare la pretesa sostanziale della parte vittoriosa – conduce, in sostanza, a ritenere che l’attuazione della pronuncia costitutiva del giudice amministrativo non possa fermarsi all’approdo formale e parentetico del conseguimento di un provvedimento formalmente favorevole, ma debba implicarne la relativa esecuzione in modo idoneo ad assicurare il concreto perseguimento dell’utilitas.

Una diversa impostazione, che ritenesse soddisfatto il vincolo riveniente dal giudicato mediante la ripetizione del procedimento culminante in un atto favorevole sulla carta, ma nella realtà improduttivo di effetti, porterebbe ad una chiara elusione sostanziale della pronuncia ed alla frustrazione della finalità, propria del giudizio di ottemperanza, di garantire l’esecuzione satisfattoria dello jussum giurisdizionale.

Deve allora ritenersi non conforme agli obblighi derivanti dalla sentenza della cui esecuzione si tratta la condotta tenuta dall’amministrazione, concretatasi nell’adozione di un provvedimento di aggiudicazione non portato ad esecuzione con gli atti ed i comportamenti necessari al fine dell’attribuzione del bene della vita solo formalmente riconosciuto.

6.2. Può essere, a questo punto, esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso svolta dal Comune resistente in ragione della sopravvenienza della determinazione di revoca parziale dell’aggiudicazione disposta in favore dell’associazione ricorrente.

L’eccezione è infondata in quanto l’atto in esame si appalesa elusivo del giudicato e, quindi, affetto da nullità, rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e 31, comma 4, e 114, comma 4, lettera b), del codice del processo amministrativo.

Osserva, infatti, la Sezione che l’atto in esame, denominato "Revoca parziale della determinazione dirigenziale n. 1334 del 9 giugno 2010", dispone la sospensione dell’aggiudicazione mediante il differimento degli atti conseguenziali alla stessa fino al 2013, ossia all’esito della definitiva decisione sulla candidatura olimpica di Roma capitale.

Trattasi, ad avviso della Sezione, di atto soprassessorio, animato dal solo intento di procrastinare l’attribuzione al ricorrente del bene della vita che gli compete a titolo di corretta e compiuta esecuzione del giudicato favorevole.

Il differimento dell’esecuzione dell’aggiudicazione non può, infatti, trovare idoneo fondamento nell’interesse pubblico ad assicurare la disponibilità dell’impianto ai fini della relativa destinazione all’avvenimento olimpico.

Si deve, al riguardo, considerare che la proiezione nel futuro dell’avvenimento asseritamente incompatibile con il mantenimento dell’anticipazione mette in luce il carattere prima facie prematuro dell’esercizio del potere di autotutela in ragione dell’assenza di quell’interesse pubblico attuale necessario, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di revoca e di sospensione, alla stregua del disposto degli art. 21 quater e 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 nonché dei principi generali in tema di autotutela decisoria con esito di riesame.

L’esigenza, sottolineata nella determinazione di che trattasi, di evitare il consolidarsi di situazioni giuridiche fonte di potenziali conflitti; è poi perseguibile, in ragione dell’incertezza dell’avvenimento presupposto, dato dalla designazione della città di Roma come sede olimpica, mediante l’inserzione di apposite clausole, volte a disciplinare l’evenienza, nella convenzione regolativa del rapporto con l’aggiudicatario piuttosto che attraverso l’adozione di atti volti ad incidere in modo sproporzionato sull’interesse del ricorrente ed a frustrare l’affidamento ingenerato dall’esito del giudizio in ordine al conseguimento del bene della vita.

Si deve soggiungere che la finalità elusiva che permea la determinazione di revoca è corroborata dalla considerazione che la dichiarata intenzione di riservare la disponibilità pubblica dell’impianto è contraddetta, anche in via di fatto, dal comportamento dell’amministrazione che, secondo la non contraddetta prospettazione del ricorrente, si è concretizzato nella tolleranza dell’occupazione sine titulo del centro sportivo da parte della precedente aggiudicataria che ha subito l’annullamento dell’aggiudicazione.

Si deve, in definitiva, dichiarare, la nullità del provvedimento sulla scorta del rilievo che il rinvio ad un momento futuro ed incerto dell’effettiva attribuzione del bene della vita, riconosciuto come spettante all’esito della riedizione della procedura imposta dalla pronuncia, si connota in termini di elusione del giudicato amministrativo.

6.3. In accoglimento del ricorso in epigrafe si deve pertanto ordinare all’amministrazione di adottare tutti gli atti necessari a norma dell’avviso di gara ed i conseguenziali comportamenti finalizzati a garantire al ricorrente l’effettiva disponibilità dell’area in esame ai fini dell’esercizio delle attività oggetto della concessione alla stregua della lex specialis.

Si reputa, all’uopo, congruo il termine di trenta giorni, decorrente dalla notificazione o comunicazione della presente decisione.

6.4. Nelle more della compiuta esecuzione, nei termini ora esposti, della sentenza n.1134/2009, la Sezione reputa suscettibile di positiva valutazione la richiesta, formulata dal ricorrente, di applicazione nei confronti dell’amministrazione resistente della sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo.

6.4.1. Giova rammentare che detta norma ha introdotto, in via generale, nell’architettura del processo amministrativo, l’istituto della cd. penalità di mora già regolato, per il processo civile, con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare,.dall’art. 614 bis del codice di procedura civile procedura civile, aggiunto dall’art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

Trattasi di una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, modellata sulla falsariga dell’istituto francese dell’astreinte, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all’ obbligazione sancita a sua carico dal’ordine del giudice.

Si deve aggiungere, ai fini che qui rilevano, che detta misura assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento.

Trattasi, cioè, di una pena e non di un risarcimento.

Riprova di questa qualificazione giuridica e connotazione funzionale dell’istituto è la circostanza che, nel dettare i criteri guida per la quantificazione dell’ammontare della sanzione, l’art. 614 bis, comma 2, del codice di procedura civile considera la misura del danno quantificato e prevedibile solo uno dei parametri di commisurazione in quanto prende in considerazione anche altri profili, estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, la natura della prestazione e ogni altra circostanza utile, tra cui si può annoverare il profitto tratto dal creditore per effetto del suo inadempimento.

Va soggiunto che, nell’ambito del processo amministrativo, l’istituto presenta un portata applicativa più ampia che nel processo civile in quanto l’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile, della riferibilità del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile. La scelta appare coerente con il rilievo che il rimedio dell’ottemperanza, grazie al potere sostitutivo esercitabile, nell’alveo di una giurisdizione di merito, dal giudice in via diretta o mediante la nomina di un commissario ad acta, non conosce, in linea di principio, l’ostacolo della non surrogabilità degli atti necessari al fine di assicurare l’esecuzione in re del precetto giudiziario. Ne deriva che, nel sistema processualamministrativo, lo strumento in esame non mira a compensare gli ostacoli derivanti dalla non diretta coercibilità degli obblighi di contegno sanciti dalla sentenza del giudice civile mentre del rimedio processualcivilistico condivide la generale finalità di dissuadere il debitore dal persistere nella mancata attuazione del dovere di ottemperanza. Si deve soggiungere che, per quanto non specificamente disposto dall’art. 114 cit., troveranno applicazione anche nel processo amministrativo, attesa l’identità di ratio, le regole dettate dal codice di procedura civile, segnatamente con riferimento ai prima ricordati parametri di quantificazione della sanzione.

6.4.2.Venendo al caso di specie, reputa la Sezione che sussistano i tre presupposti stabiliti dall’art. 114 cit. per l’applicazione della sanzione: quello positivo della richiesta di parte e quelli negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità e della non ricorrenza di altre ragioni ostative.

Quanto alla richiesta di parte essa è stata ritualmente formulata nel ricorso per ottemperanza.

Alla stregua di un giudizio comparativo, reputa poi il Collegio che la gravità e la protrazione dell’ inadempimento dell’amministrazione, la non particolare complessità degli obblighi comportamentali imposti dalla sentenza da eseguire e l’insussistenza di profili di pregiudizio per interessi sensibili del debitore, non consentano di apprezzare profili di manifesta iniquità.

Del pari non risultano comprovate e neanche dedotte altre ragioni ostative all’applicazione della sanzione pecuniaria.

Venendo al quantum, non può trovare accoglimento la richiesta, articolata da parte ricorrente, di rapportare l’importo della sanzione all’utile mancato, a sua volta commisurato al triplo del canone concessorio, ossia alla misura di euro 1.027,00, pro die.

Tale quantificazione è ispirata ad una logica risarcitoria non compatibile, come in precedenza osservato, con la natura giuridica e la finalità dell’istituto.

In applicazione dei parametri di cui all’art. 614 bis del codice di procedura civile si deve invece reputare congrua, in ragione della gravità dell’inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, dell’entità del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto, la misura, commisurata al canone di concessione, di 300 euro al giorno, da corrispondere in caso di mancata esecuzione della sentenza nel termine prima assegnato di trenta giorni dalla notificazione o comunicazione di questa decisione.

La sanzione pecuniaria prenderà, quindi, a decorrere dal trentunesimo giorno per l’arco di tempo di quindici giorni.

La caratterizzazione sanzionatoria della misura e la sua finalità di coazione indiretta implicano, peraltro, l’accentuarsi, in termini di progressività, della gravità della condotta inottemperante del debitore in caso di ulteriore protrazione della stessa nel tempo. Si reputa, per conseguenza, equo che la misura della sanzione pecuniaria cresca progressivamente, in caso di prolungamento dell’ inottemperanza, nella misura del 50%, ogni quindici giorni, con riferimento alla base data dall’importo progressivamente rideterminato.

Ne deriva che, in caso di perdurante inadempimento allo spirare dei quindici giorni iniziali, la sanzione sarà computata, per i quindici giorni successivi, nella misura di 450 euro (300+150) mentre sarà di 675 (450+225) nei quindici giorni ancora posteriori e così via seguitando.

7. Il ricorso va, in definitiva, accolto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura dispositivo specificata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

accoglie il ricorso in epigrafe specificato, dichiara la nullità della determinazione dirigenziale 28 novembre 2011, n. 560, ordina all’amministrazione di eseguire, nei sensi in motivazione specificata, la decisione n. 1134/2009 di questa Sezione nel termine di trenta giorni, decorrente dalla notificazione o comunicazione della presente decisione, e condanna altresì Roma Capitale, in caso di ulteriore inottemperanza, al pagamento, in favore del ricorrente, delle somme in motivazione specificate a titolo di sanzione pecuniaria ex art. art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo.

Condanna in solido Roma Capitale e D. P. s.r.l. s.r.l. al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese della presente fase di giudizio che liquida nella misura di euro 6.000,00 (seimila//00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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