Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 14-11-2011, n. 41468

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Lecce, investito ex art. 309 cod. proc. pen., quale giudice del rinvio, della richiesta di riesame avanzata dall’indagato C.I., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 5.6.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per i reati di cui all’art. 81 cod. pen.; art. 624 c.p. e art. 625 c.p., nn. 2 e 5; art. 56 c.p. e art. 629 c.p., comma 2 e art. 61 c.p., nn. 2 e 5.

Al C. era in particolare contestato di avere, in concorso con G.G. e P.A. rubato, previa effrazione, quattro moto custodite, per la riparazione, nell’officina di C.L. e di avere quindi estorto al Ca. la somma di 1.500 Euro, quale prezzo per la restituzione dei mezzi; fatti commessi dal 30 gennaio ai primi di febbraio dell’anno 2007.

Richiamate le ragioni dell’annullamento, a ragione della conferma della misura il Tribunale evidenziava, illustrandole, le dichiarazioni della persona offesa e l’intercettazione ambientale del 30.1.2007, relativa a conversazione tra G., Pa., S. e P., in cui si attribuiva al C. il ruolo di "cavallo" (di ritorno) per le moto.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Luca Leoci, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Denunzia violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, osservando:

2.1. quanto al compendio indiziario, che l’intercettazione ambientale non bastava a colmare le lacune evidenziate dalla sentenza d’annullamento, anche perchè in essa si faceva riferimento alla figura del C. come presunto autore del furto di tre moto descritte nella conversazione intercettata come "nuovissime", sicchè esse non potevano essere quelle sottratte dall’officina di riparazione del Cu.; che bastava leggere le dichiarazioni del Cu. per capire come il C. era estraneo ai reati, essendosi prestato solo ad aiutare la persona offesa;

2.2. quanto alle esigenze cautelari, che il provvedimento impugnato non dava in ogni caso contezza della necessità della custodia in carcere a distanza tanto notevole (oltre tre anni e mezzo) dai fatti;

che neppure si giustificava l’evidente disparità di trattamento rispetto ai coindagati, l’uno, il G. non attinto da alcuna misura, l’altro posto agli arresti domiciliari.

Motivi della decisione

1. Il ricorso appare sotto ogni aspetto inammissibile.

2. Deve ricordarsi che la precedente ordinanza del Tribunale del riesame, pur essa confermativa dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, era stata annullata dalla quinta Sezione di questa Corte con sentenza del 16.11.2010, sul rilievo che la motivazione presentava lacune e incongruenze. In particolare, si rilevava che i giudici del riesame avevano ritenuto che il C. avesse preso parte diretta all’azione criminosa solamente sulla base del fatto che lo stesso aveva accompagnato G. G. allorchè aveva proposto al Cu. di fargli recuperare i motocicli rubati (dietro il pagamento della somma iniziale di 900 Euro e di altra successiva per complessivi 1.500 Euro), offrendosi, in quel contesto, il C. di anticipare al Cu. (che aveva accettato stante la sua difficoltà economiche) parte del denaro necessaria per riottenere le moto rubate. Il Tribunale aveva così omesso: di valutare il comportamento tenuto dal ricorrente sotto il profilo soggettivo; di evidenziare, in ordine al reato di furto dei motocicli, gli elementi a carico del C.; di esaminare la natura dei rapporti tra C., G. e la persona offesa. In breve, si era illogicamente ritenuto che l’offerta di "anticipazione" del denaro, proveniente al C., fosse, da sola, idonea ad integrare una condotta rafforzativa del proposito criminoso del G..

3. Orbene, il Giudice del rinvio ha nuovamente confermato la misura osservando, anzitutto, che la lettura delle dichiarazioni della persona offesa consentiva di affermare che l’intervento del ricorrente era chiaramente collocabille nell’ambito ("nel corso") delle trattative estorsive; egli dunque aveva sicuramente partecipato a tali trattative, dalla parte degli estorsori. A carico del C. stava inoltre, si aggiunge, il contenuto della conversazione, oggetto di intercettazione ambientale, intrattenuta il 30.1.2007 tra i coimputati G., Pa., S. e P., nella quale, commentando la fuga del P. in occasione del furto e le trattative instaurate per la loro restituzione al derubato, lamentandosi la pochezza del prezzo richiesto, si diceva che il C. stava operando, con G., come "cavallo" di ritorno per le moto.

4. A fronte di tale ricostruzione, nella quale esaustivamente si da conto del ruolo di concorrente svolto nella vicenda delittuosa dal C., illustrandosi le fonti di prova e plausibilmente valutandosene i contenuti, il ricorso svolge censure che non soltanto sono di fatto, e perciò solo improponibili in questa sede, ma sono anche del tutto generiche.

4.1. In relazione all’intercettazione ambientale si contesta difatti che essa potesse riferirsi al furto in esame, sull’assunto che gli intercettati parlavano di moto "nuovissime".

L’osservazione non è autosufficiente, reitera obiezione alla quale il Tribunale ha già risposto, non considera la risposta, è nel complesso priva di concreto rilievo.

Basterà ricordare che nella conversazione citata, come riportata dal provvedimento impugnato, si parla di moto "nuove", e non nuovissime, e che il Tribunale ha già plausibilmente osservato, da un lato, che il contesto complessivo appariva chiaramente riferibile al furto ai danni del Cu., dall’altro che il riferimento alle moto nuove, svolto nell’ambito degli apprezzamenti sulla inadeguatezza, per difetto, delle cifre richieste per la restituzione, non poteva intendersi come a moto appena uscite di fabbrica, ma evidentemente a moto in ottime condizioni: argomenti questi che, come detto, il ricorso neppure considera.

4.2. In relazione al ruolo attribuito al ricorrente dalla persona offesa, il ricorso si limita quindi ad affermare che bastava leggere tali dichiarazioni per capire come il C. fosse estraneo ai reati.

E’ sufficiente dunque rilevare che la doglianza non soltanto è di merito, ma è assolutamente priva di autosufficienza (la Cassazione non può ricercare e leggere gli atti probatori).

5. Quanto alle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura, il Tribunale ha osservato che la professionalità dimostrata nell’organizzazione del furto e delle richieste estorsive, e la pessima personalità emergente dai numerosissimi, in parte specifici e comunque gravi, precedenti penali, imponevano l’applicazione di misura cautelare custodiale. L’esistenza di precedenti per resistenza e violenza a Pubblico ufficiale e violazioni alle prescrizioni della sorveglianza speciale denotando una tendenza alla insubordinazione e trasgressione incompatibile con gli arresti domiciliari.

Contrariamente a quanto si afferma nel ricorso, la motivazione è perciò esaustiva e plausibile e, sottolineando il dato costituito dalla estrema pericolosità del ricorrente – desumibile, oltre che dai fatti in esame, dai numerosi precedenti, anche specifici e gravi – dimostra che sono state considerate da un lato le situazioni soggettive e personali del ricorrente, dall’altro la necessità della misura cautelare nonostante il tempo trascorso dai fatti.

Inammissibile è, infine, la pretesa di istituire un paragone con posizioni non oggetto di cognizione in questa sede. Per altro il Tribunale esaurientemente spiega perchè forme custodiali attenuate potevano ritenersi inadeguate alla luce della tipologia di alcune delle condanne riportate dal ricorrente, denotanti la tendenza a non rispettare autorità e prescrizioni.

6. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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