Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-09-2011) 14-11-2011, n. 41422

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Messina con sentenza in data 2 luglio 2010 ha confermato la sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Messina, emessa all’esito di rito abbreviato in data 11 novembre 2009, che ha condannato E.G. alla pena di anni 4 di reclusione per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 56 e 609 quater c.p., perchè compiva, anche in tempi diversi, atti idonei diretti in modo non equivoco a compiere atti sessuali con i minori: L.P.D. R., P.S., U.C., L.M., consistiti nell’avvicinare i minori e richiedere agli stessi il compimento di atti sessuali, nonchè all’art. 582, per avere provocato uno stato d’ansia reattivo a L.P.D.R., fatti commessi in Messina, fino al 22 giugno 2008, procedibilità ex art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4, per connessione al reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, in quanto aveva violato le prescrizioni indicate nella misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Messina, con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, con pene accessorie e condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile L.P..

L’imputato, tramite il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento per i seguenti motivi:

1. Erronea applicazione della legge penale, nonchè carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto l’imputato non ha posto in essere alcun contatto corporeo e quindi alcun atto lesivo della autodeterminazione delle parti offese, non avendo coartato la loro volontà, nè avendo posto in essere alcuna intimidazione psicologica, essendosi limitato a formulare proposte.

Non si sarebbe avuta quindi una rilevante compressione della libertà sessuale dei minori e risulterebbe quindi mancante l’elemento oggettivo tipico del reato come contestato;

2. Erronea applicazione della legge penale, nonchè carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto la condotta dell’imputato non costituisce un’azione penalmente rilevante, non integrando il requisito di idoneità dell’atto necessario per configurare il tentativo;

3. Erronea applicazione della legge penale, nonchè carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto il giudice di merito avrebbe dovuto applicare la circostanza attenuante della minore gravità.

Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata, che peraltro riprende per relationem i contenuti di quella di primo grado, ha affermato che "tutti i tentativi di approccio sessuale realizzati all’imputato erano idonei ad intaccare l’integrità psico-fisica dei minori adescati", con conseguente stato di prostrazione psichica, almeno in un caso, verificata in capo al minore L.P.. I giudici di merito hanno ritenuto di doversi richiamare ad un orientamento giurisprudenziale che ha affermato che il bene giuridico tutelato non è la libertà di autodeterminazione, poichè il minore non è in grado di esprimere un valido consenso, ma l’integrità psico-fisica, che i giudici hanno ritenuto lesa dalle condotte dell’imputato, approcci pesanti e consistenti, che i giudici hanno valutato idonei a realizzare l’offesa al bene giuridico, non potendosi parlare di "mere molestie a sfondo sessuale".

Anche la motivazione della decisione di primo grado aveva richiamato la giurisprudenza che consente di ravvisare il tentativo anche in assenza di un contatto fisico tra imputato e persona offesa, sempre che la condotta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo della intenzionalità, per concludere con l’affermazione che nel caso di specie tali requisiti sussistono "nella condotta di chi si avvicini ad un ragazzino di età inferiore ai quattordici anni per proferire con atteggiamento insinuante e suggestivo esplicite richieste evocanti atti volti a soddisfare l’istinto sessuale", mentre in un caso l’imputato aveva cercato di coartare la volontà del minore L., strattonandolo per costringerlo a salire nel proprio ciclomotore al fine di appartarsi in un luogo isolato.

2. Invero se è vero che il delitto di atti sessuali con minorenne si configura a prescindere o meno dal consenso della vittima, non soltanto perchè la violenza è presunta dalla legge, ma anche perchè la persona offesa è considerata immatura ed incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali (cfr. Sez. 3, n. 27588 del 15/6/2010, L, Rv. 248107), è anche vero che ai fini dell’integrazione del tentativo è necessaria sia l’intenzione dell’agente di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali (sussistente nel caso di specie) sia, sul piano oggettivo, l’idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale, anche, eventualmente, ma non necessariamente, attraverso contatti fisici, sia pure di tipo superficiale o fugace, non indirizzati verso zone cd. erogene (Cfr. Sez. 3, n. 21840 del 17/2/2011, L, Rv. 249993:

nella fattispecie il soggetto agente aveva mostrato alla persona offesa infraquattordicenne immagini pedopornografiche, abbracciandola e rivolgendole domande sul suo abbigliamento intimo; si veda anche Sez. 3, n. 12987 del 3/12/2008, Brizio, Rv.243090).

3. Quanto al requisito oggettivo della condotta, quanto alla sua idoneità e non equivocità, i giudici di merito non hanno fornito motivazione sufficiente in merito agli specifici comportamenti ascrivibili all’imputato, nel momento in cui ne hanno affermato la responsabilità in relazione ai reati come contestati, limitandosi a citare – precisazione peraltro contenuta nella sentenza di primo grado – solo lo strattonamento posto in essere dall’ E. nei confronti del piccolo L.M.. Risulta quindi necessario che il giudice del rinvio esamini gli elementi di prova raccolti al fine di analizzare nello specifico i comportamenti posti in essere dall’imputato nei confronti dei singoli minori alla luce dei citati principi di diritto, per verificare la sussistenza dei necessari requisiti di cui all’art. 56 c.p., rispetto alla possibilità che il predetto abbia limitato l’incidenza delle proprie condotte a mere molestie, verificando i singoli fatti di reato, come contestati, alla luce dei rilievi che furono già avanzati con i motivi di appello.

I primi due motivi di ricorso risultano pertanto, per le ragioni sopra esposte, fondati; resta assorbito il terzo motivo di ricorso.

La sentenza deve quindi essere annullata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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