Cons. Stato Sez. V, Sent., 20-12-2011, n. 6678 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con lettera del 7 novembre 1985, l’assessore al personale del Comune di Venezia attribuiva al dipendente comunale Sig. S. O., inquadrato nella V° q.f., le funzioni di Responsabile del servizio autisti di rappresentanza.

2. In data 29 luglio 1991, la Giunta Comunale, con deliberazione n. 3419, conferiva allo stesso le funzioni di Istruttore tecnico (VI q.f.) con riconoscimento della differenza retributiva tra la V e la VI q.f. dal 1° agosto 1991 per dodici mesi, ai sensi dell’articolo 114 del vigente regolamento organico del Comune;

3. Con nota del 6 settembre 1993, il signor O. chiedeva la differenza retributiva anche per gli anni pregressi con decorrenza dalla data del primo incarico e cioè dal 7 novembre 1985.

4. Con nota del 25 ottobre 1993 il Comune rigettava la richiesta.

5. Con ricorso al TAR per il Veneto del 22 dicembre 1993 il dipendente impugnava il provvedimento di rigetto.

6. Con decisione n. 2674 del 12 ottobre 2000 il Tar respingeva il ricorso.

Con ricorso del 16 maggio 2001, cui ha fatto seguito memoria aggiuntiva del 29 settembre 2011 il Signor O. ha appellato la sentenza del T.A.R., assumendo che a seguito dell’ordine di servizio ricevuto con la nota assessorile, si sarebbe concretizzato il diritto al riconoscimento delle differenze retributive reclamate, a termini della normativa che disciplina la materia.

Si è costituito il Comune di Venezia, che ha chiesto il rigetto dell’appello, contestando in diritto le pretese del sig. O..

L’appello è infondato.

L’attribuzione di mansioni superiori ai dipendenti pubblici è disciplinata, a termini della legge delega n. 421/1992, dall’articolo 57 del decreto legislativo n. 29/1993, riprodotto in seguito nell’articolo 52 del dlgs. n. 165/2001, che costituisce attualmente un elemento unitario di riferimento.

L’articolo 52 del decreto n. 165/1991 prevede la possibilità di assegnazione formale di un lavoratore a mansioni "prevalenti" della qualifica immediatamente superiore, esclusivamente per coprire un posto vacante, ovvero per sostituire un altro lavoratore in caso di sua lunga assenza dal servizio, per il periodo massimo di sei mesi prorogabili a dodici.

Con l’assegnazione delle funzioni superiori viene a lui contestualmente riconosciuto il trattamento economico della qualifica temporaneamente rivestita, per la durata dell’effettiva prestazione.

La disciplina legislativa dell’istituto è integrata, in ogni comparto, dalla contrattazione collettiva e per gli enti locali rileva l’articolo 8 del C.C.N.L. dell’anno 2000, che prevede che il conferimento di mansioni superiori deve essere inserito nella programmazione dei fabbisogni di organico, con conseguente assegnazione delle risorse finanziarie necessarie.

Il quadro tracciato afferisce il conferimento delle mansioni superiori "legittime"

La normativa vigente prende poi in considerazione la casistica attinente le mansioni svolte al di fuori delle regole (articolo 52 comma 5) e cioè le mansioni superiori esercitate senza incarico ovvero svolte sulla base di atto nullo o invalido, quelle riguardanti una qualifica ulteriormente eccedente la qualifica superiore e quelle del ruolo dirigenziale, svolte dal personale inquadrato nei livelli.

In questi casi, l’attribuzione o l’esercizio illegittimo delle funzioni sono colpiti da nullità, ma tuttavia comportano la "corresponsione della differenza di trattamento economico" al pubblico dipendente interessato.

Il quadro normativo tracciato non può costituire però il corretto parametro per l’esame della fondatezza del petitum del ricorrente, atteso che la disciplina suddetta è entrata in vigore il 21 febbraio 1993, in epoca successiva al conferimento dell’incarico al signor O., risalente all’anno 1985.

Anteriormente all’emanazione del decreto n. 29/1993, la disciplina relativa al conferimento delle mansioni superiori ai dipendenti degli enti locali, era rimessa alla regolamentazione dell’ente stesso.

Per il Comune di Venezia la materia era disciplinata dall’articolo 114 del regolamento organico, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n.115/1985 che così si esprimeva: "… in casi del tutto eccezionali, da verificarsi, su segnalazione del settore interessato ed istruttoria dell’Assessorato al personale, in rapporto alle strutture organizzative esistenti e ai programmi dell’Amministrazione, e purchè ci sia vacanza nella pianta organica di una figura professionale, la Giunta municipale, sentite le OO.SS, può conferire con propria deliberazione, le funzioni ad un dipendente appartenente a livello funzionaleretributivo immediatamente inferiore rispetto a quello di appartenenza della figura professionale di cui vengono conferite le funzioni stesse. La durata dell’incarico è limitata ad un anno. L’incarico può essere rinnovato con motivato provvedimento solo nel caso risulti bandito il relativo concorso per la copertura del posto di cui trattasi".

L’articolo 114 del regolamento configurava quindi il conferimento delle mansioni superiori come ipotesi eccezionale, subordinando alla vacanza di una figura professionale prevista in pianta organica, la possibilità di affidare ad un dipendente funzioni del livello immediatamente superiore a quello di appartenenza, per il periodo massimo di un anno, rinnovabile solo in caso fosse stato già bandito il concorso per la copertura del posto. L’affidamento era di stretta competenza della Giunta Comunale, che deliberava avendo in conto la struttura organizzativa esistente, le professionalità presenti e i programmi dell’Amministrazione, su istruttoria dell’assessorato al personale, sentite le organizzazioni sindacali.

Tanto premesso si osserva che:

1. la lettera assessorile del 7 novembre 1985 non è provvedimento adottato nel rispetto della procedura indicata, in quanto promana da organo incompetente, insiste in una situazione priva del carattere della straordinarietà, prescinde dai programmi di fabbisogno dell’ente e travalica i limiti temporali prescritti;

2. il contenuto dell’incarico non ha valenza di affidamento di mansione superiori di carattere prevalente, consistendo, per espressa indicazione del conferente, nel compito di articolare i turni di servizio o in altre similari attività, e quindi in circoscritti compiti operativi di natura organizzatoria, non comportanti l’integrale ed organico svolgimento di mansioni, ad accresciuto contenuto professionale, ascrivibili alla VI qualifica funzionale a termini del D.P.R. n. 347/1993.

In ordine all’impedimento a corrispondere differenze retributive in fattispecie quali quella di interesse, si è ripetutamente espresso questo Consiglio di Stato, trattando di affidamento di mansioni superiori extra ordinem (Cons. St. sez V, n. 1382/2010), nella considerazione che nel pubblico impiego le mansioni superiori sono irrilevanti sia ai fini economici, sia di progressione di carriera, quando non sia la legge a disporre altrimenti. Ciò in quanto nel rapporto di pubblico impiego, non assimilabile al rapporto di diritto privato, tali elementi non possono costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (Ad. plen. n. 22/99).

Nè al fine di rendere rilevanti le mansioni superiori svolte, ai fini della loro retribuibilità, è invocabile l’art. 2126 c.c., il quale riguarda lo svolgimento di attività lavorativa da parte di chi non è qualificabile quale pubblico dipendente "di diritto".

L’articolo 2103 c.c. relativo all’obbligo di adeguare il trattamento economico alle mansioni esercitate, è poi applicabile soltanto nei limiti previsti da norme speciali (Cons. St. sez IV, n. 113/06).

Parimenti, la pretesa al riconoscimento di benefici economici non può trovare diretto fondamento nell’articolo 36 Cost., che sancisce il principio di corrispondenza della retribuzione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.

Non può infatti la norma trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale (Cons. St. Ad. plen. n. 22 cit.).

L’appello va pertanto rigettato.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si quantificano in misura di E. 3000 (tremila).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in misura di E. 3000 (tremila), oltre ad oneri di legge su onorari e diritti, liquidati in euro 2700,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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