Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8181 Simulazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.A., To.An., To.Vi., T.P., T.V., T.C., S. M.A., P.M.G. e P.G., eredi legittimari di T.P., convennero dinanzi al Tribunale di Catania T.S., M.P. e O.M. G. chiedendo che, previa dichiarazione di simulazione relativa, in quanto dissimulanti una donazione, dei contratti con cui il loro de cuius, poco prima di morire, aveva venduto alla O. un fondo in contrada (OMISSIS) ed alla M. una casa in (OMISSIS), fosse disposta la riduzione per lesione di legittima delle donazioni e delle disposizioni testamentarie che avevano nominato eredi i convenuti T. e M.. Con sentenza non definitiva del 1983, parzialmente riformata in appello e poi passata in giudicato, il Tribunale dichiarò la simulazione degli atti impugnati e, accertato che il relictum era costituito soltanto da un autocarro, il cui valore era assorbito integralmente dai debiti, riconobbe il diritto degli attori alla reintegrazione delle loro quote di legittima, pari complessivamente a 10/18. Con successiva sentenza del 2002, lo stesso giudice di primo grado condannò la M. al pagamento della quota del controvalore della casa di (OMISSIS), nel frattempo alienata, mentre dispose la vendita all’incanto, attesa la sua indivisibilità, del fondo di (OMISSIS).

Interposto gravame da entrambe le parti, con sentenza n. 1416 del 23 ottobre 2009 la Corte di appello di Catania confermò la sentenza impugnata, tranne che in relazione al fondo di (OMISSIS), che assegnò, dietro loro richiesta, agli attori, con loro condanna al pagamento di una somma a titolo di conguaglio. In particolare, per quanto qui ancora interessa, il giudice di secondo grado affermò che la richiesta di assegnazione congiunta avanzata dagli attori meritava accoglimento, in quanto essi risultavano titolari della quota maggioritaria sul bene, mentre dichiarò infondata, rigettandola, la loro domanda diretta alla condanna della controparte al pagamento, pro quota, dell’indennità ricevuta dall’Anas per l’espropriazione di una parte del fondo (OMISSIS), rilevando che le risultanze di causa non permettevano di stabilire se la superficie espropriata facesse effettivamente parte del bene donato dal de cuius, che l’indennità di esproprio risultava corrisposta alla O. e non agli eredi testamentari e che, comunque, la consistenza dell’asse ereditario era stata accertata in modo ormai definitivo dalla precedente sentenza del 1983, passata in giudicato.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 9 dicembre 2010, ricorrono T.S. e M.P., affidandosi ad un solo motivo.

T.A., To.An., T.P., T. V., T.C., S.M.A., P. M.G. e P.G. resistono con controricorso e propongono, a loro volta, ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo.

To.Vi. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti, i quali deducono che, risultando la sentenza impugnata depositata il 23 ottobre 2009, il termine lungo di impugnazione stabilito dall’art. 327 cod. proc. civ., computata la sospensione per il periodo feriale, scadeva l’8 dicembre 2010, laddove il ricorso è stato notificato il giorno successivo.

L’eccezione è palesemente infondata, tenuto conto che l’8 dicembre è giorno festivo, sicchè il termine di scadenza era da ritenersi prorogato, per effetto della disposizione di cui all’art. 155 c.p.c., comma 4 al giorno successivo. L’unico motivo del ricorso principale, avanzato da T.S. e M.P., denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 720 cod. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello abbia accolto la richiesta delle controparti di assegnazione del fondo (OMISSIS) e disatteso, senza motivare, l’analoga richiesta fatta agli attuali ricorrenti nel proprio atto di appello, così violando la regola iuris che, in sede di divisione, in presenza di contrapposte richieste di assegnazione di un immobile non divisibile, attribuisce preferenza al condividente che sia titolare della quota maggiore, anche nel caso gli altri richiedenti, che ne abbiano fatto richiesta congiunta, superino, sommando le loro quote, quella a lui spettante, II motivo è fondato nei termini che seguono.

Va premesso che, come dedotto dal ricorrente principale nel proprio ricorso, risulta che effettivamente questi, al momento di costituirsi in appello con comparsa contenente anche appello incidentale, si era dichiarato disponibile ad acquistare il fondo sito in contrada (OMISSIS), facendo nel contempo offerta di pagare un congruo prezzo.

Ciò posto, tale richiesta risulta completamente ignorata dal giudice di appello, che, senza prenderla in esame, ha accolto l’analoga domanda di assegnazione avanzata congiuntamente dagli altri eredi.

Così facendo, la Corte di merito è incorsa in un palese vizio di motivazione, in quanto, in presenza di congiunte e contrapposte richieste di assegnazione, avrebbe dovuto esaminarle entrambe e quindi valutare le condizioni che, nel caso concreto, dovevano portare a preferire l’uno rispetto all’altro dei condividenti, esplicandone le ragioni. La statuizione impugnata incorre altresì nella denunziata violazione dell’art. 720 cod. civ., pur dovendosi sul punto correggere l’interpretazione di tale disposizione propugnata dai ricorrenti.

La tesi secondo cui, in presenza di più richieste di assegnazione di un bene non comodamente divisibile, dovrebbe essere preferito, in ragione del cd. favor divisionis, il coerede titolare della quota maggioritaria rispetto al gruppo di coeredi che la richiedano congiuntamente e le cui quote, sommate tra loro, superino la quota dell’altro condividente, che pure risulta seguita da arresti non recenti di questa Corte (Cass. n. 1566 del 1999; Cass. n. 7588 del 1995; Cass. n. 8922 del 1991), deve ritenersi infatti superata dal più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità. In particolare, si è affermato che il giudice, nell’esercizio del potere di attribuzione dell’immobile ritenuto non comodamente divisibile, non trova alcun limite nelle disposizioni dettate dall’art. 720 cod. civ., che, al contrario, gli conferiscono un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnarlo, con la precisazione, tuttavia, che tale potere, che pure si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, sottratto come tale al sindacato di legittimità, impone, da un lato, l’obbligo di esaminare e valutare i contrapposti interessi delle parti e, dall’altro, trova un necessario temperamento nell’obbligo di indicare i motivi in base ai quali ritiene di dover dare la preferenza all’uno piuttosto che all’altro degli aspiranti all’assegnazione (Cass. n. 11641 del 2010; Cass. n. 22857 del 2009; Cass. n. 24053 del 2008;

Cass. n. 3646 del 2007). Il Collegio condivide e fa proprio tale orientamento, in quanto più rispondente alla lettera ed alla ratio sottesa alla disposizione di cui all’art. 720 cod. civ.. Ne deriva che, in tali limiti, le censure sollevate dal ricorso principale meritano accoglimento, non avendo il giudice di secondo grado nè esaminato la richiesta di assegnazione del bene formulata dagli attuali ricorrenti nè valutato i contrapposti interessi delle parti e motivato la sua scelta.

Con un unico motivo i ricorrenti in via incidentale denunziano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 560 e 561 cod. civ. e vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata per avere disatteso la loro richiesta di condanna dei convenuti alla corresponsione, prò quota, dell’indennità di espropriazione corrisposta dall’Anas nel 1978. La decisione sul punto, sostengono i ricorrenti, è palesemente errata, in quanto non ha tenuto conto che, dalla consistenza dell’immobile accertata dal consulente tecnico al momento della vendita simulata e successivamente in pendenza di giudizio, emergeva chiaramente che la superficie espropriata era compresa nella vendita, sicchè, essendo pacifico che l’indennità era stata corrisposta successivamente, nel 1978, essa, per effetto della declaratoria di simulazione della vendita, doveva essere calcolata ai fini della reintegrazione della quota di legittima dei richiedenti.

Il mezzo, per come formulato, appare inammissibile per difetto di interesse. La motivazione della Corte di appello si basa, a ben vedere, su tre distinte ragioni, avendo rigettato la domanda degli appellanti sia per l’incertezza relativa alla circostanza se l’immobile ceduto alla O. includesse o meno la superficie oggetto di espropriazione, sia perchè i richiedenti assumono che la relativa indennità sarebbe stata corrisposta alla O., mentre hanno avanzato la domanda di conferimento nei confronti di T. S., che, infine, in ragione della considerazione che il relictum ereditario risultava ormai accertato, quanto alla sua consistenza oggettiva, con sentenza passata in giudicato, in forza di un accertamento ormai non più contestabile.

Tanto precisato, le censure sollevate dal motivo non sembrano investire l’argomentazione che ha rigettato il corrispondente motivo di appello dei consorti T. sulla base della ritenuta preclusione derivante dal giudicato formatosi sulla sentenza parziale che aveva accertato la consistenza dei beni ereditari, che costituisce una ratio decidendi autonoma, idonea e sufficiente, di per sè, a sorreggere la sentenza impugnata. Da ciò consegue l’inammissibilità del motivo, dovendo trovare qui applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, ove una sentenza (o un capo di essa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere alla cassazione della pronunzia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione (Cass. 18 maggio 2005, n. 10420; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2274;

Cass. 26 maggio 2004, n. 10134). E’ sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia disattesa la censura avanzata nei confronti di una di dette ragioni, perchè il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni.

Il ricorso incidentale va pertanto respinto.

La sentenza va quindi cassata in relazione al ricorso principale e la causa rinviata ad altra Sezione della Corte di appello di Catania che si atterrà, nel decidere, ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche alla liquidazione delle spese.

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; cassa, in relazione al ricorso principale, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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