Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-09-2011) 14-11-2011, n. 41409

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 29 settembre 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lucera, a sensi dell’art. 425 cod. proc. pen., ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti degli imputati in epigrafe precisati in relazione ai reati previsti dagli artt. 416 e 407 cod. pen. (perchè il fatto non sussiste), art. 640 cpv. cod. pen. (per insufficienza degli elementi idonei sostenere l’accusa in giudizio), art. 483 cod. pen. (perchè il fatto non costituisce reato). Ora, secondo l’accusa, alcuni titolari di agenzie di pompe funebri, loro dipendenti e necrofori si erano associati per commettere una serie di truffe ai danni del Comune e, con raggiri dei parenti dei defunti, non provvedevano a corrispondere all’ente il pagamento dei diritti per i servizi cimiteriali da loro percepiti da parte dei privati. Ciò posto, il Giudice ha analizzato le dichiarazioni delle persone informate sui fatti (che vengono sunteggiate nella impugnata sentenza) le quali, a vario titolo avevano avuto necessità di contattare le agenzie di pompe funebri;

all’esito di questa disamina, ha rilevato solo una gestione privatistica dei servizi cimiteriali, alcune irregolarità ed un episodio che poteva essere sussunto nella ipotesi di truffa semplice per la quale era carente la querela. Il Giudice ha ritenuto carente qualsiasi prova per configurare il reato di associazione a delinquere ed insufficienti gli elementi acquisiti per sostenere l’accusa per il delitto di truffa aggravata; stante i non precisi ricordi delle persone informate sui fatti, ha considerato inutile ed intempestiva l’attivazione dei poteri di integrazione probatoria a sensi dell’art. 421 cod. proc. pen.; per la stessa ragione non ha reputato invitare l’organo della accusa a precisare le imputazioni che erano generiche e prive della necessaria tassatività.

Il delitto di violazione di sepolcro è stato ritenuto insussistente in fatto e quello di falso ideologico carente dello elemento psicologico.

Per l’annullamento della sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica deducendo difetto di motivazione violazione di legge; critica la scelta del Giudice di non utilizzare gli strumenti normativi di completamento delle indagini e di avere provveduto a sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. in ipotesi di prova insufficiente o contraddittoria che si prestava a soluzioni alternative e possibili ulteriori sviluppi in sede dibattimentale.

Indi, elenca gli elementi accusatori che richiedevano l’ulteriore corso del processo.

Le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento.

La udienza preliminare, nella configurazione assunta per effetto delle innovazioni introdotte con la L. n. 479 del 1999 ha modificato, ma non perduto nonostante l’arricchimento del materiale cognitivo a disposizione del Giudice, la sua originaria funzione di "filtro" contro le accuse infondate l’art. 425 c.p.p., comma 3 prevede che si debba pronunciare una sentenza di non luogo a procedere, tra l’altro, quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori oppure inidonei a sostenere l’accusa in giudizio (in conformità della norma dell’art. 125 disp. att. cod. proc. pen. in materia di l’archiviazione).

Sul tema, la Corte Costituzionale (con sentenze 6 luglio 2001 n. 224 e 12 luglio 2002 n. 335) e le Sezioni Unite (con sentenza 29 maggio 2008 n. 25695), hanno puntualizzato che la fondamentale regola probatoria, al fine che rileva, resta qualificata da una delibazione di tipo prognostico sulla possibilità di successo della futura nella fase dibattimentale. Tale regola salvaguardia due esigenze contrapposte, cioè, la necessità di evitare dibattimenti inutili e di non pregiudicare situazioni che non sono immutabili (ex plurimis:

Cass. Sez. 4 sentenza 23 settembre 2010 n. 38586).

Pertanto, il Giudice deve essere effettuata una previsione sulla superfluità del dibattimento avendo come referente non solo le emergenze agli atti, ma quelle presumibilmente acquisibili in prosieguo e valutare se gli elementi probatori insufficienti o contraddittori dei quali dispone possano trasformarsi in prove piene all’esito della dialettica dibattimentale.

Se tale prognosi è negativa, per esigenze di tutela dell’imputato e per ragioni di economia processuale, si deve pronunciare una sentenza a sensi dell’art. 425 cod. proc. pen..

Le novazioni legislative rendono più incisiva la valutazione dell’udienza preliminare tanto da indurre la Consulta a considerarla un giudizio di merito sulla consistenza della accusa che si esaurisce, tuttavia, nella prognosi della sostenibilità della futura accusa (sentenza 12 luglio 2002 n. 335); la stessa Corte Costituzionale (sentenza 16 luglio 2009 n. 242 ed ordinanza 27 gennaio 2010 n. 33) ha sostenuto la diversità della udienza preliminare rispetto al dibattimento sotto il profilo dello accertamento perchè nella prima non deve essere verificata la responsabilità dell’imputato, ma la utilità del dibattimento.

Per quanto rilevato, si deve concludere che il Giudice, in presenza di elementi che risultano insufficienti o contraddittori, non deve decidere pro reo come se fosse applicabile il parametro degli artt. 529 e 531 cod. proc. pen.; la sentenza di non luogo a procedere trova la sua radice in un compendio probatorio non modificabile nel dibattimento. Tanto premesso, si rileva che il Giudice della impugnata sentenza si è attenuto alle regole che disciplinano la udienza preliminare e la decisione ex art. 425 cod. proc. pen. evidenziando, per i delitti di associazione a delinquere ed abuso di atti di ufficio, come la inconsistenza (non la mera insufficienza) degli elementi a sostegno del teorema accusatorio non potesse essere colmata con ulteriori indagini o il vaglio dibattimentale.

Ora il Giudice non ha emesso un provvedimento integrativo del materiale probatorio dando per scontato che il deficit dell’apporto informativo dei testimoni non fosse modificabile e colmabile sia in sede di udienza preliminare sia al dibattimento. In tale modo, non ha dato per scontato l’esito negativo, prima di assumerle, di prove dichiarative dal momento che ha fatto presente che le persone informate sui fatti avevano riferito tutto quanto a loro conoscenza;

questo patrimonio conoscitivo, tuttavia, era lacunoso, non sufficiente per sostenere l’accusa e non incrementabile in un futuro dibattimento.

La correttezza di questa conclusione è confermata dalla redazione dei capi di imputazione, che sono carenti della necessaria tassatività, e dal rilievo che il Ricorrente non ha segnalato quali ulteriori investigazioni siano fattibili ed utili.

Pure condivisibile è – per la palesa mancanza dello elemento soggettivo emergente allo stato degli atti per i delitti ex artt. 407 e 483 cod. pen. – la conclusione del Giudice sulla inutilità dell’ulteriore corso di giustizia.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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