Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8175 Legittimazione attiva e passiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 22-2-1993 M.U., M.S., M.A. e A.R., premesso di essere comproprietari di tre botteghe site al piano terra del fabbricato in (OMISSIS), convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Messina C.D., chiedendo la condanna di quest’ultimo al pagamento dell’indennità ex art. 1127 c.c., per la sopraelevazione del terzo piano dell’immobile, dal medesimo realizzata negli anni 1991-1992.

Nel costituirsi, il C. contestava la fondatezza della domanda, sostenendo che il diritto all’indennità richiesta maturava solo a costruzione ultimata e che, comunque, l’impresa che aveva avuto in appalto i lavori si era assunta l’obbligo di pagare tale indennità ai proprietari degli appartamenti sottostanti.

A seguito di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 16-2-2000 il Tribunale adito condannava il convenuto a corrispondere agli attori l’indennità di sopraelevazione nella misura di L. 14.143.050, oltre rivalutazione monetaria ed interessi dalla domanda.

Avverso la predetta decisione proponeva appello il C..

Con sentenza depositata il 2-12-2009 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduceva l’importo degli onorari e dei diritti liquidati dal giudice di primo grado in favore degli attori.

M.D., C.M. e C.S., quali eredi di C.D., deceduto il (OMISSIS), hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, sulla base di due motivi, nei confronti di M.U., M.S., A.R., T.L. e S.T., gli ultimi due quali eredi di M.A..

Ha resistito con controricorso il solo M.U., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.

I ricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 112, 132 e 161 c.p.c.. Deducono che la Corte di Appello, nel richiamare, nell’epigrafe della sentenza impugnata, le conclusioni rassegnate dalle parti all’udienza del 26-2-2001, non ha tenuto conto delle nuove conclusioni formulate – a seguito della riapertura della fase istruttoria disposta con ordinanza collegiale del 15-2-2005 per la produzione di documenti- all’udienza del 7-3-2007, con le quali l’appellante si è riportato a "tutto quanto dedotto, richiesto ed eccepito nell’atto di appello e nei successivi atti e verbali di causa". Sostengono che nella specie non si è trattato di una mera irregolarità del giudice di merito nella trascrizione delle conclusioni, ma di un vizio invalidante per l’omesso esame, nel merito, delle eccezioni sollevate dall’appellante con la comparsa conclusionale depositata il 20-12-2004, da considerarsi tempestive rispetto alla nuova data di precisazione delle conclusioni.

Il motivo deve essere disatteso.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, la mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una semplice irregolarità formale irrilevante ai fini della sua validità, occorrendo, perchè siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto inciso sull’attività del giudice, nel senso di averne comportato o una omissione di pronuncia sulle domande o sulle eccezioni delle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati. (Cass. 2-8-2007 n. 16999; 23-2-2007 n. 4208; Cass. 9-1-2007 n. 209; Cass. 31-5-2006 n. 12991).

Nel caso di specie, il motivo è formulato in termini del tutto generici, non avendo i ricorrenti specificato, in concreto, quali eccezioni, proposte con la comparsa conclusionale di appello depositata il 20-12-2004, non siano state esaminate dalla Corte territoriale. Questa Corte, pertanto, non è posta nelle condizioni di verificare se, al di là del dato formale della mancata trascrizione delle conclusioni definitive nella sentenza impugnata, effettivamente il giudice del gravame abbia omesso di prendere in considerazione eccezioni ritualmente proposte dall’appellante.

2) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 100, 113, 189 e 345 c.p.c.. Sostengono che la Corte di Appello ha errato nel ritenere tardive e inammissibili le eccezioni sollevate dagli appellanti con la comparsa conclusionale del 29-12-2004 in ordine alla effettiva titolarità attiva e passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio.

Il motivo è fondato.

Deve premettersi che nella specie trova applicazione, ratione temporis, dell’art. 345 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 353 del 1990, il quale consentiva alle parti di proporre in appello nuove eccezioni, salva l’applicazione, per le spese del giudizio di secondo grado, delle disposizioni dell’art. 92 c.p.c., se la deduzione poteva essere fatta in primo grado.

Nella vigenza della citata normativa, questa Come ha più volte avuto modo di affermare che non attiene alla "legitimatio ad causam", ma al merito della lite, la questione relativa alla titolarità, attiva o passiva, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, risolvendosi essa nell’accertamento di una situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della pretesa azionata: tale questione (a differenza della legitimatio ad causam, che è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio) è affidata alla disponibilità delle parti e può essere prospettata in sede di appello con specifico motivo di gravame e, comunque, non oltre la precisazione delle conclusioni, che delimitano e fissano definitivamente l’ambito del thema decidendum (tra le tante, v. Cass. 21-6-2001 n. 8476; Cass. 1-8-2000 n. 10042; Cass. 9-5-2000 n. 5877;

Cass. 26-1-1998 n. 712; Cass. 17-6-1997 n. 5407; Cass. 13-1-1995 n. 377). E’ stato ulteriormente precisato che la relativa eccezione, se è stata sollevata in primo grado, è riesaminabile dal giudice d’appello solo quando la parte interessata, vittoriosa per altre ragioni, l’abbia espressamente riproposta ai sensi dell’art. 346 c.p.c.; mentre, se non è stata dedotta nel grado anteriore, la stessa, quale eccezione nuova ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2, deve essere proposta non oltre la rimessione della causa al collegio (Cass. 14-4-1988 n. 2961).

Nella fattispecie in esame la Corte di Appello, nel rilevare che in primo grado non era insorta alcuna contestazione sul punto, ha ritenuto che le questioni attinenti alla effettiva titolarità del rapporto giuridico di cui si controverte avrebbero dovuto costituire oggetto di rituale impugnazione. Essa, conseguentemente, ha ritenuto tardive le eccezioni sollevate dall’appellante con la comparsa conclusionale del 28-12-2004 circa l’effettiva qualità di condomini in capo agli attori al tempo della sopraelevazione e circa la qualità di proprietario del lastrico solare in capo al C..

Così statuendo, il giudice del gravame ha disatteso i principi di diritto innanzi enunciati, non avendo tenuto conto del fatto che le eccezioni dell’appellante, essendo dirette solo a paralizzare la domanda attrice e ad ottenerne il rigetto, e non essendo state fatte valere nel giudizio di primo grado, non richiedevano una specifica impugnazione, ma potevano essere dedotte, in appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2, fino al momento della rimessione della causa al collegio.

Le eccezioni in parola, pertanto, dovevano considerarsi tempestivamente proposte ed essere esaminate nel merito, essendo state formulate dall’appellante con la comparsa conclusionale del 24/12/2004 ed essendo entrate a far parte del thema decidendum per effetto della successiva riapertura della fase istruttoria, disposta dalla Corte di Appello con ordinanza collegiale del 15-2-2005.

Come è stato chiarito dalla giurisprudenza, infatti, con riguardo a un procedimento (come quello di specie) pendente alla data del 30/4/1995, per il quale viene in considerazione il regime normativo anteriore alla novella del codice di rito di cui alla L. n. 353 del 1990 e successive modificazioni, le eccezioni sollevate per la prima volta con la comparsa conclusionale vengono a far parte del tema del dibattito e, in quanto tali, devono essere esaminate in sede decisoria, se, dopo la loro formulazione, intervenga la riapertura della fase istruttoria ex art. 280 c.p.c., e la causa venga rimessa all’istruttore per l’adempimento di ulteriori incombenze (cfr. Cass. 23-5-1981 n. 3398; Cass. 1-10-1976 n. 3210).

In accoglimento del motivo in esame, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Messina, la quale si atterrà ai principi di diritto innanzi enunciati e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente grado ad altra Sezione della Corte di Appello di Messina.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *