Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8169 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 13.7.1991 i sigg.ri L.R.A. e M.I., premesso di essere comproprietari di un fabbricato sito in (OMISSIS), con annesso cortile comune, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Salerno i coniugi A.E. e L.R.V., proprietari dello stabile confinante, deducendo che questi ultimi avevano sopraelevato il fabbricato di loro proprietà trasformando il lastrico solare in piano abitabile con violazione delle distanze legali e rendendo comune un muro di proprietà esclusiva degli attori; che in tale sopraelevazione avevano realizzato nuove ed illegittime vedute; che avevano installato una canna fumaria lungo il confine ed occupato in vario modo il suolo comune. Chiedevano gli attori che il tribunale adito condannasse i convenuti alla demolizione delle opere murarie in sopraelevazione, alla demolizione della canna fumaria ed all’eliminazione di altri asseriti "abusi". E.A. e L.R.V. si costituivano contestando l’avversa domanda e chiedendo in via riconvenzionale la condanna degli attori all’eliminazione del balcone e di due finestre realizzate nella parete verso il cortile comune in quanto poste a distanza non legale, oltre al risarcimento del danno.

All’esito dell’espletata istruttoria, il tribunale di Salerno con sentenza del 21.09.2003, accoglieva in parte fa domanda attrice, dichiarando l’illegittimità del balcone situato al piano mansarda per la parte risultante inferiore alla distanza di m. 5 dal confine, condannando i convenuti ad eliminare la parte illegittima dell’opera;

dichiarava altresì l’illegittimità della finestra al primo piano e del balconcino in sopraelevazione disponendone l’eliminazione ad opera dei convenuti. Accoglieva in parte la riconvenzionale di questi ultimi dichiarando l’illegittimità della parte di balcone realizzato dagli attori sul cortile interno con la loro condanna alla rimozione della parte a distanza inferiore a 1 metro e mezzo. Avverso la predette sentenza proponevano appello i La R. – M., con riferimento in particolare alla parte in cui il giudice aveva ritenuto legittima in parte la sopraelevazione, che invece doveva ritenersi del tutto illegittima essendo soggetta alle norme sulle distanze legali come ogni altra costruzione; gli appellati E. – L.R. da parte loro, formulavano impugnazione incidentale.

L’adita Corte d’Appello di Salerno con sentenza n. 581/2005 depos. in data 1.9.2009, in parziale riforma della pronuncia impugnata, dichiarava l’illegittimità della sopraelevazione realizzata dagli appellati e ne disponeva la rimozione mediante abbattimento, dichiarando assorbito l’appello incidentale. Riteneva la corte distrettuale che la sopraelevazione comportando un aumento di volumetria con trasformazione del sottotetto in mansarda abitabile, costituiva una nuova costruzione come tale soggetta ai distacchi minimi previsti dalle norme del c.c. e da quelle urbanistiche. E poichè secondo tate ultima normativa non erano ammesse le costruzione in aderenza, il nuovo manufatto doveva ritenersi illegittimo in quanto non rispettante la distanza minima dal confine, con conseguente ordine di riduzione in pristino.

Ricorrono per la cassazione della predetta pronuncia A.E. e L.R.V. sulla base di 8 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resistono con controricorso L.R.A. e M.I..

Motivi della decisione

Con il 1^ motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 873 c.c.. Deducono che nel caso in cui la normativa locale preveda una distanza dal confine superiore a quella prevista dall’art. 873 c.c., l’eventuale mancato rispetto di tale distanza non avendo carattere integrativo della disciplina del codice civile ex art. 832 c.c., non comporterebbe la demolizione dell’opera, ma solo il risarcimento del danno, ciò che è ipotizzabile nella fattispecie atteso che la costruzione è stata costruita in aderenza. La doglianza oltre che essere nuova, non ha pregio.

La giurisprudenza di questa S.C. è pacifica nel ritenere che le norme di edilizia locale prescriventi nelle costruzioni distanze maggiori di quelle previste dal codice civile fissandole in relazione al confine, anzichè direttamente fra le costruzioni medesime, hanno anche esse carattere integrativo della disciplina del codice civile, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 872 c.c., la loro violazione da diritto a pretendere la riduzione in pristino, oltre al risarcimento dei danni (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14351 del 03/11/2000; Cass. n. 8848 del 10.5.2004).

Ha altresì precisato questa Corte, che: "In tema di distanze legali, sono da ritenere integrative delle norme del codice civile solo le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all’altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalità la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni, mentre le norme che, avendo come scopo principale la tutela d’interessi generali urbanistici, disciplinano solo l’altezza in sè degli edifici, senza nessun rapporto con le distanze intercorrenti tra gli stessi, tutelano, nell’ambito degli interessi privati, esclusivamente il valore economico della proprietà dei vicini; ne consegue che, mentre nel primo caso sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, nel secondo è ammessa la sola tutela risarcitoria" ( Cass. n. 1073 del 16/01/2009).

Passando all’esame del 2 motivo con esso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 873 c.c. e delle norme del PRG del comune di Giffoni. Si sostiene che la Corte d’Appello non avrebbe fatto applicazione delle norme generali del PRG le quali prevedono che le distanze tra corpi di fabbrica appartenenti ad uno stesso edificio sono libere purchè davanti ad ogni apertura in fronte sia assicurato una visuale libera non minore di ml. 10.

La doglianza è inammissibile in quanto questione nuova; ad ogni modo la disposizione non sembra applicabile in sede di sopraelevazioni, nè comunque non risulta che la mansarda sia conforme a tale normativa. D’altra parte sembra che il PRG escluda che, per la zona interessata, si costruisca in aderenza.

Con il 3 motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell’art. 885 (innalzamento del muro comune) e art. 880 (presunzione di comunione del muro divisorio) in relazione con gli artt. 872 e 873 c.c.. Essi sostengono di essersi limitati a realizzare una (lecita) sopraelevazione del muro comune. La censura è infondata: la sopraelevazione del muro comune era funzionale alla realizzazione della mansarda.

Con il 4 motivo gli esponenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’artt. 872 e 873 c.c. e sembrano sostenere che nella specie era stato semplicemente mutato la destinazione d’uso del sottotetto, ma non realizzata una mansarda, con conseguente inapplicabilità della norma in tema di distanze. La doglianza è infondata risultando in contrasto con quanto emerso in punto fatto, e risolvendosi dunque in una "quaestio faci?" come tale non consentita in questa sede.

Con il 5 motivo, i ricorrenti denunciano l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso; essi sostengono che sarebbe incomprensibile "la riduzione in pristino nella situazione antecedente alla sopraelevazione e riconduzione della mansarda alla sua funzione di tetto di copertura a falda come assentito originariamente in via amministrativa"; in altre parole essi sembrano sostenere che non potevano essere condannati a ricondurre la costruzione realizzata a quanto previsto dall’autorizzazione edilizia nel momento che avevano realizzato qualcosa di diverso. La doglianza non ha pregio, potendo avere rilievo solo in sede di esecuzione.

Passando al 6 motivo, con esso si deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso: la corte non ha neppure tenuto conto delle conclusioni del CTU che aveva ritenuto legittima della mansarda. La doglianza è priva di pregio perchè la corte distrettuale ha ampiamente motivato al riguardo, per cui le generiche critiche degli esponenti si risolvono, anche in questo caso in quaestio facti.

Con il 7^ motivo viene dedotta l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso. La censura riguarda il posizionamento della canna fumaria effettuata dai ricorrenti a ridosso con il confine dell’adiacente proprietà degli attori.

Criticano l’assunto della Corte, secondo cui: "Quanto al posizionamento della canna fumaria giova osservare che la stessa in parte insiste sul muro di sopraelevazione di talchè l’abbattimento della parte sopraelevata consente il riposizionamento a distanza legale della canna fumaria. " Deducono che la Corte " non spiega quale sarebbe la distanza legale cui i1 posizionamento della canna fumaria debba attenersi." La doglianza è inammissibile.

Sul punto la Corte Appello non si è pronunziata, per cui fuori luogo viene censurata (sotto il profilo dell’incomprensibilità) un passo della motivazione, con il quale la Corte di merito voleva solo dire che la demolizione del muro comportava anche quella della canna fumaria che sul muro era montata, salvo il diritto degli esponenti a ricollocarla in altro luogo nel rispetto della normativa vigente.

Con il 8 motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. assorbimento dell’appello incidentale da essi ( convenuti) proposto diretto a conseguire il rigetto delle domande di eliminazione delle vedute esercitabili dagli attori dal primo piano dalla mansarda del balcone senza dire nulla sulla finestra. L’appello incidentale riguardante la veduta al primo piano non poteva essere assorbito dalla pronunzia di abbattimento della sopraelavazione, per cui la Corte era tenuta a pronunziarsi su tale impugnazione incidentale.

La doglianza appare fondata essendo evidente l’omessa pronuncia sul mancato rispetto delle distanze legali della finestre al primo piano.

Conclusivamente dev’essere accolto l’8 motivo del ricorso, ciò che comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa, anche per le spese di giustizia, alla Corte d’Appello di Napoli.

P.Q.M.

la Corte rigetta i primi 7 motivi del ricorso, accoglie l’8^ motivo, cassa la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di giustizia, alla Corte d’Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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