Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-07-2011) 14-11-2011, n. 41464

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., con ordinanza deliberata il 15 dicembre 2010 (motivazione depositata il 3 febbraio 2011), ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, in data 23 novembre 2010, applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di U.I., sottoposto ad indagini per il delitto di tentato omicidio di B.Y., in concorso con A.C..

I gravi indizi sono stati indicati nell’arresto dell’ U. nella quasi flagranza del fatto, nelle dichiarazioni della persona offesa, nell’immediata identificazione degli aggressori, nel referto medico delle lesioni patite dalla vittima e nelle informazioni rese da I.G., convivente dell’indagato, oltre che nel sequestro degli oggetti impiegati per colpire il B..

Il Tribunale ha ritenuto inattendibile la versione difensiva dell’ U. che aveva negato l’aggressione, mentre l’ A. aveva dichiarato che al fatto parteciparono sia lui, armato di accetta, sia l’ U., armato di un tubo metallico, mezzi coi quali colpirono alla testa il B., reo di aver loro negato il denaro richiestogli, che in precedenti occasioni aveva invece dato, provocando alla vittima un trauma cranico e vaste ferite al cuoio capelluto, con interruzione del pestaggio solo grazie all’intervento dell’ispettore di polizia, M..

Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha ravvisato il concreto pericolo di commissione di fatti della stessa specie, a norma dell’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), desunto dalle specifiche modalità e circostanze dell’azione, sintomatiche della propensione dell’indagato alla violenza, aggiungendo che l’unica misura idonea a salvaguardare le medesime esigenze si profilava quella di massimo rigore per mancanza di sufficienti garanzie di autocontrollo e disciplina da parte del prevenuto.

La gravità dei fatti e la pena edittale per essi prevista, infine, rendevano proporzionata, ad avviso del Tribunale, la misura adottata non ritenendosi applicabile il beneficio della sospensione condizionale della pena e risultando inadeguate altre misure a contenere la pericolosità manifestata dall’indagato.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso l’ U. personalmente, deducendo l’erronea applicazione degli artt. 56 e 575 c.p. e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

Non sarebbe rispondente alla realtà dei fatti storici la rappresentazione di essi che si legge nei conformi provvedimenti dei giudici della cautela, con speciale riguardo all’elemento psicologico non riconducibile all’ipotizzato dolo alternativo e, neppure, configurabile come dolo eventuale incompatibile con il contestato tentativo di omicidio, tenuto anche conto delle lesioni non gravi subite dal B., il quale, nell’immediatezza dei fatti, fu in grado di rendere informazioni alla polizia e di riconoscere fotograficamente i propri aggressori.

Ciò comproverebbe che non vi fu nell’indagato la volontà di colpire a morte la vittima, indipendentemente dall’intervento delle forze dell’ordine.

Il ricorrente valorizza altresì il dato che, essendo il B. affetto da pregresso trauma con ematoma ed intervento chirurgico da cui sarebbe residuata una forma di epilessia, come da referto medico in atti, non sussisterebbe prova certa del nesso eziologico tra le lesioni patite dal B. il (OMISSIS) e la condotta dello stesso U., non potendosi escludere che esse siano riconducibili al pregresso trauma.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile perchè, pur enunciando i vizi di inosservanza della legge penale con riguardo all’elemento psicologico del delitto contestato e di mancanza o contraddittorietà della motivazione in punto di gravi indizi di colpevolezza del concorso dell’ U. nel tentativo di omicidio in danno del B., in realtà propone una diversa lettura degli elementi fattuali addotti a sostegno dell’impianto indiziario.

Al riguardo, rileva l’ordinanza impugnata, con motivazione adeguata e coerente, immune da vizi logici e giuridici, che la condotta accertata (colpire, ripetuta mente, con una accetta e un tubo metallico la persona offesa) era oggettivamente idonea a provocare l’evento della morte e che gli atti posti in essere dai coindagati erano diretti, in modo non equivoco, a cagionare l’evento suddetto, espressamente confutando l’argomento difensivo secondo il quale le conseguenze non gravissime riportate dalla persona offesa – che, come annota la stessa ordinanza, non erano ancora compiutamente definite per la prognosi riservata assunta dai sanitari – dovevano ritenersi incompatibili, in radice, con la configurabilità del tentato omicidio.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento alla cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

La cancelleria provvedere alle comunicazioni previste dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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