Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-12-2011, n. 6742 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso n. 629/08, notificato il 3 ottobre 2008 e depositato il 6 ottobre 2008, i signori P. M. e F. C. chiedevano la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, VI, 26 maggio 2008, n. 2010, con la quale era stato respinto l’appello dai medesimi proposto avverso una pronuncia di rigetto – n. 1223/2006, emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Lecce),. III – riguardante il parere della Commissione edilizia comunale, di cui all’art. 32 l. 28 febbraio 1985, n. 47 (nella parte in cui proponeva l’eliminazione dell’ultimo piano di un edificio abusivamente realizzato), l’annullamento di tale parere da parte della Soprintendenza ai beni ambientali di Bari ed il conclusivo diniego di autorizzazione paesaggistica del Comune di Ostuni.

Nel ricorso attualmente in esame si segnalava come fattispecie rientrante nell’art. 395 n. 3 Cod. proc. civ. (sopravvenienza di documenti decisivi) l’acquisizione di diverse attestazioni, da cui sarebbe comprovata l’avvenuta realizzazione della costruzione entro la fine di gennaio del 1980, ovvero in data antecedente all’emanazione della l.r. Puglia 31 maggio 1980, n. 56, da cui discendeva un vincolo di in edificabilità assoluta nella fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo. Queste dichiarazioni non sarebbero state prodotte nei precedenti gradi di giudizio non per negligenza dei ricorrenti, ma per originaria riluttanza dei soggetti, poi firmatari delle stesse; e giustificherebbero – ad avviso dei ricorrenti stessi – l’accoglimento dell’appello originariamente proposto, previo annullamento della sentenza, erroneamente basata sulla ritenuta insussistenza di supporti probatori, circa la data di realizzazione della costruzione abusiva.

Premesso quanto sopra, il Collegio non ritiene sussistenti i presupposti applicativi del citato art. 395, primo comma, n. 3) Cod. proc. civ., richiedendo la norma che i documenti, ritenuti decisivi per la soluzione della controversia, non siano stati prodotti in precedenza per "causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario". Non quindi, come appare nel caso di specie, per un tentativo di integrazione ex post della documentazione difensiva, ritenuta insufficiente sul piano probatorio nella sentenza di cui si chiede la revocazione.

La nozione di causa di forza maggiore infatti va ricondotta – come è desumibile dall’art. 1218 Cod. civ. – ad una impossibilità oggettiva, intesa come accadimento non evitabile dalla volontà del soggetto gravato da un obbligo o, come nel caso di specie, da un onere, secondo le peculiarità dell’ambito normativo di riferimento (cfr. Corte Giustizia CE, 13 ottobre 1993, n. 124; Cons. Stato, VI, 5 novembre 1999, n. 1761; IV, 4 marzo 1980, n. 137; Cass., lav. 3 febbraio 1987, n. 978 e 1 giugno 1990, n. 5130).

Nella situazione in esame – indipendentemente dal carattere non decisivo degli atti di notorietà depositati (essendo la costruzione in contrasto anche con le norme del PPUTT – che vieta ogni modifica dell’assetto dei luoghi nella fascia litoranea – e dovendo anche la prova testimoniale essere acquisita, con le giuste forme, nel giudizio, impregiudicato peraltro l’apprezzamento della stessa da parte del giudice) – la prova asseritamente non valutata appare essere stata costituita ex post. Se d’altra parte siammette nel processo amministrativo (limitatamente alla giurisdizione esclusiva o di merito), la prova testimoniale (cfr. art. 63, comma 3, Cod. proc. amm.: Cons. Stato, VI, 25 agosto 2009, n. 5060), appare chiara nella fattispecie la non tempestività del mezzo di prova prodotto (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà), e dunque la non utilizzabilità dello stesso, quale mezzo in sostanza surrettizio per introdurre una prova testimoniale, non richiesta in tempo utile (Cons. Stato, IV, 3 maggio 2005, n. 2094).

Nella situazione in esame, pertanto, il giudicante non aveva a disposizione gli elementi probatori successivamente formati (con conseguente esclusione del c.d. abbaglio dei sensi che costituisce la base dell’azione di revocazione), e i predetti elementi, in quanto formalizzati quali mere dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, non potevano essere considerati nuovi documenti o nuove prove (cfr. Cons. Stato, IV, 7 aprile 2009, n. 1754).

Nella richiamata sentenza del Pretore di Ostuni del 27 febbraio 1989, inoltre, si dichiara sì estinto per oblazione il reato edilizio contestato, ma è anche vero che, in punto di fatto, si riferisce l’ultimazione a rustico dell’immobile all’inizio del mese di ottobre 1983. Dal punto di vista amministrativo, questa data appare, in via astratta, utile per la sanatoria straordinaria delle opere a norma dell’art. 31 l. 28 febbraio 1985, n. 47; ma non anche per affermare che il manufatto abusivo realizzato sia affrancato dalla non condonabilità in ragione del vincolo di inedificabilità assoluta riconducibile – come afferma la sentenza di cui si chiede la revocazione – alla l.r. Puglia n. 56 del 1980, la quale comporta il divieto di condono ai sensi dell’art. 33 della medesima l. n. 47 del 1985. Anche sotto tale profilo, pertanto, nessun travisamento ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 3) Cod. proc. civ. appare riconducibile alla decisione contestata.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso per revocazione in esame debba essere dichiarato inammissibile; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda in esame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione indicato in epigrafe; compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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