Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-12-2011, n. 6740

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La questione sottoposta con l’appello in epigrafe all’esame del Collegio concerne le modalità di presentazione dei certificati ISOEN 9001/2000, in una pubblica gara indetta dall’INDPAP per la fornitura di 1.000 PC desktop, 300 stampanti laser in b/n e relativi servizi di assistenza hw: gara dalla quale era stata esclusa la società E. s.p.a., in data 12 ottobre 2005, per non avere prodotto dette certificazioni in originale o in copia conforme, come richiesto dal bando. Nella situazione in esame, la predetta società aveva infatti allegato una fotocopia dei certificati in questione, riferiti a tre soggetti (inclusi i fornitori), con semplice sigla apposta sotto un timbro recante la dizione "E. s.p.a." e con altro timbro recante la dizione "copia conforme all’originale" (senza firma per esteso e generalità del sottoscrittore).

L’esclusione dalla gara era stata impugnata dalla società interessata, con successivo annullamento della stessa e condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni con sentenza del del Tribunale Amministrativo regionale del Lazio (Roma), IIIter, 15 maggio 2007, n. 4374 notificata il 30 maggio 2007, che ritiene pacifico che la ricorrente avesse prodotto le certificazioni in copia autenticata e non condivisibile la tesi per cui la legge non avrebbe ammesso l’autentica, da parte di un privato, di copie di atti resi da altri privati, avendo le attestazioni di qualità rilevanza pubblicistica e potendo le stesse venire effettuate col sistema dell’autocertificazione: un’autocertificazione che, nel caso di specie, sarebbe stata effettuata con la dicitura "copia conforme all’originale", sottoscritta dal legale rappresentante della società e accompagnata dalla fotocopia di un documento di identità del medesimo, a norma degli articoli 19 e 19bis d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. Nessuna preclusione, al riguardo, sarebbe stata riconducibile all’art. 49 del medesimo decreto presidenziale, riferito alla diversa fattispecie dei certificati di conformità CE, da non confondere con le certificazioni di qualità ISO e UNI.

Quanto al risarcimento del danno, la sentenza prevedeva che l’Amministrazione soccombente proponesse un’offerta economica entro sessanta giorni dalla relativa notifica, tenuto conto della perdita di chance conseguente all’esclusione dalla gara prima dell’apertura delle buste contenenti l’offerta economica.

Avverso la sentenza veniva proposto l’appello in esame (n. 5828/07, notificato il 28 giugno 2007 e depositato il 12 luglio 2007, interrotto per fallimento dell’impresa appellante con ordinanza n. 4120/11 in data 8 luglio 2011 e riassunto con atto notificato il 28 luglio 2011), con prioritaria censura di mancata aderenza alle risultanze documentali, dato che la ditta esclusa non aveva presentato copia della certificazione sottoscritta da un suo rappresentante ben identificato, con ulteriore assenza della prevista fotocopia di un documento di identità del sottoscrittore.

Non erano individuabili, pertanto, i presupposti applicativi degli articoli 19 e 19bis del citato d.P.R. n. 445 del 2000, che fanno rinvio, quanto a requisiti formali, agli articoli 47 e 38 del medesimo decreto presidenziale. In assenza di requisiti essenziali, d’altra parte, una richiesta di integrazione documentale sarebbe stata lesiva della par condicio dei concorrenti.

Quanto al riconoscimento di una responsabilità dell’Amministrazione, posto a base dell’accoglimento della domanda risarcitoria, doveva viceversa esser considerato l’orientamento giurisprudenziale – pacifico alla data di adozione del provvedimento impugnato – circa l’impossibilità di produrre atti sostitutivi dei certificati CE, ex art. 49, comma 1 e 18, d.P.R. n. 445 del 2000, come interpretato anche dalla circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 8875/2000. La condanna al risarcimento, oltre a non tenere conto dell’assenza di colpa, per oggettive incertezze interpretative, sarebbe stata poi generica e immotivata, non risultando dettato alcun criterio di quantificazione del danno.

Il Collegio ritiene l’appello meritevole di accoglimento.

In base alla documentazione prodotta in giudizio ed alle argomentazioni difensive dell’appellata, la sentenza non trova conferma nella parte in cui sostiene che la certificazione ISOEN 9000/2000 è stata prodotta in copia regolarmente autenticata, nel rispetto delle modalità prescritte dagli articoli 19 e 38 d.P.R. n. 445 del 2000. La certificazione, viceversa, risulta prodotta in fotocopia, con apposizione a fondo pagina di due timbri recanti, rispettivamente, la dicitura "copia conforme all’originale" e – al margine opposto del foglio – l’indicazione "E. s.p.a.", solo quest’ultima sottoscritta, con sigla illeggibile, senza precisazione del soggetto firmatario e senza allegazione di un documento di identità.

La circostanza di fatto risulta sostanzialmente ammessa da E. s.p.a., che si limita ad affermare che l’INPDAP avrebbe potuto verificare – con un "grado di diligenza minima" – la riconducibilità della sigla, apposta in calce alla documentazione contestata, all’ing. Paolo Zubani, sottoscrittore di altri documenti, formalmente prodotti come legale rappresentante della società e con allegazione del documento di identità (in particolare per quanto riguarda l’autocertificazione, attestante la persistenza dei requisiti di partecipazione).

Il Collegio ritiene pertanto fondata e assorbente la censura di violazione, da parte di E. s.p.a, delle modalità di autenticazione di cui agli articoli 18 e 19 d.P.R. n. 445 del 2000, anche se con motivazione diversa da quella espressa dalla Commissione aggiudicatrice nella seduta del 12 ottobre 2005, nel cui verbale si richiama la prescrizione del bando, per cui le certificazioni ISO 9001/2000 andavano prodotte, a pena di esclusione, in originale o in copia conforme e – "trattandosi di certificazioni rilasciate da soggetti privati, non di documenti o atti conservati dalla P.A." – si afferma che le stesse non potevano essere fornite dal privato "con le modalità previste dagli articoli 19 e 19 bis della legge n. 445/2000", dovendosi ravvisare, come "unica modalità prevista dalla legge (…) quella disciplinata dall’art. 18 d.P.R. 445/2000" (ovvero con autentica ad opera di uno dei soggetti – notaio, cancelliere, segretario comunale o altri funzionari – specificati dalla norma).

A quest’ultimo riguardo va rammentata la sentenza del Consiglio di Stato, VI, 19 gennaio 2007, n. 121, citata da entrambe le parti, che sottolinea come – anche interpretando estensivamente l’art. 49 (secondo cui i "certificati di conformità CE (…) non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore") – va ritenuta non surrogabile con autocertificazione (o con diverso documento) l’attestazione di possesso del requisito, ma non anche la mera autenticazione del documento tipico comprovante tale possesso, secondo le modalità alternative di cui all’art. 19 del medesimo D.P.R. n. 445 del 2000. La disposizione prevede infatti una forma particolare di autocertificazione, riferita non al possesso di determinati "stati, qualità personali o fatti a conoscenza dell’interessato", nei termini di cui al successivo art. 47, ma la conformità all’originale di atti o documenti conservati o rilasciati da pubbliche amministrazioni, pubblicazioni ovvero titoli di studio o di servizio prodotti in copia.

Del resto siffatte attestazioni – benché formalmente rilasciate da soggetti privati – hanno contenuto vincolato e rilievo pubblicistico, così come pubblicistica è la funzione certificativa che ne consente il rilascio, con conseguente applicabilità della normativa in materia di autenticazione di copie richiamata.

Detta normativa, contenuta negli articoli 19 e 19bis d.P.R. n. 445 del 2000, costituisce d’altra parte – per espresso richiamo ivi contenuto – una forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, disciplinata dal successivo art. 47, e pertanto non si sottrae ai requisiti di forma del precedente art. 38, implicanti la sottoscrizione del soggetto interessato, unita a copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore. Quanto sopra ha lo scopo di realizzare la massima collaborazione fra cittadino e amministrazione, in un’ottica di semplificazione delle procedure, ma senza elidere l’indispensabile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica, non essendo, altrimenti, l’atto in grado di dispiegare gli effetti certificativi previsti, per difetto di una forma essenziale prescritta dalla legge e non altrimenti sanabile (cfr. in tal senso Cons. Stato, V, 11 gennaio 2006, n. 52, 4 maggio 2006, n. 2477, 17 maggio 2007, n. 2521; 4 maggio 2006, n. 2478 e 12 giugno 2009, n. 3690; VI, 22 ottobre 2010, n. 7608).

Nella situazione in esame appare evidente che l’autenticazione dei documenti, già in precedenza specificati, non era avvenuta nel rispetto delle modalità di cui agli articoli 19 e 38 d.P.R. n. 445 del 2000, di modo che l’esclusione dalla gara della società appellata costituiva un atto dovuto, in presenza di un disciplinare che prescriveva la presentazione delle certificazioni ISOEN 9000/2001, per l’attività richiesta, in originale o copia conforme, con le seguenti precisazioni:

a) "la mancanza di uno o più documenti richiesti sarà motivo di esclusione dalla gara"

b) "non è ammessa la sostituzione dei certificati e delle dichiarazioni con fotocopie e duplicati, non autenticati nelle forme previste dagli articoli 18 e 19 del D.P.R. n. 445/2000".

Discende da quanto sopra il carattere non caducante – ex art. 21octies l. 7 agosto 1990, n. 241 – dell’erronea motivazione della commissione aggiudicatrice, la quale aveva escluso le modalità alternative di autenticazione di copie previste da queste norme: norme, comunque, non puntualmente osservate, con conseguenze assimilabili a quelle dell’omessa presentazione del documento.

Il Collegio inoltre non ritiene che, nel caso di specie, la carenza documentale sia tra quelle che consentono la successiva regolarizzazione, essendo questa in alcuni casi ammessa, ma solo in assenza di esplicita previsione (nella fattispecie viceversa sussistente) di esclusione dalla gara per la carenza documentale stessa, in attuazione del cosiddetto principio di strumentalità delle forme per cui l’invalidità di un atto per vizi procedurali può essere riconosciuta solo quando gli adempimenti formali omessi non ammettano equipollenti, per il raggiungimento dello scopo perseguito (cfr. Cons. Stato, V, 28 gennaio 2005, n. 187, 5 luglio 2005, n. 3716 e 23 marzo 2004, n. 1542).

Nel caso di specie, la mancata osservanza di adempimenti – peraltro di facile esecuzione e imposti dalla ragionevole esigenza di acquisire attestazioni di incontestabile veridicità, responsabilmente fornite da chi in potere di impegnare le società partecipanti – costituiva una espressa causa di esclusione dalla gara prevista dal bando, con la conseguenza dell’ impossibilità di accertamenti o integrazioni successive: i quali, oltre ad appesantire l’attività amministrativa, non avrebbero potuto non determinare lesione della par condicio degli altri partecipanti alla gara, che avessero con maggiore diligenza osservato le formalità prescritte.

Per le ragioni esposte, il Collegio ritiene che l’appello vada accolto, con gli effetti precisati in motivazione e con assorbimento delle restanti ragioni difensive.

Quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della non univoca giurisprudenza sulla questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per gli effetti, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado, in rapporto sia al richiesto annullamento dell’atto di esclusione dalla gara, sia alla conseguente istanza risarcitoria.

Compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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