Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8164

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione dei 15-10-2002 C.L. conveniva dinanzi al Tribunale di Monza la Immobiliare Futura s.r.l., chiedendo, tra l’altro, l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione di alcune parti di un complesso immobiliare sito in (OMISSIS), avente accesso da Via (OMISSIS) e da Via (OMISSIS), di proprietà della convenuta, che lo aveva acquistato il 18-4-2002 da S.C..

Nel costituirsi, l’Immobiliare Futura s.r.l. chiedeva il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa la S..

Quest’ultima si costituiva contestando a sua volta le fondatezza della domanda attrice.

Con sentenza dell’8-3-2007 il Tribunale di Monza accoglieva la domanda di usucapione proposta dall’attrice e quella di garanzia proposta dalla convenuta nei confronti della terza chiamata, rigettando invece le altre domande formulate dal C..

Avverso la predetta decisione proponeva appello l’Immobiliare Futura s.r.l. A tale gravame aderiva la S., la quale in via subordinata chiedeva la riforma della sentenza impugnata, con riduzione della somma liquidata a titolo risarcitorio in favore della convenuta.

Con sentenza depositata il 15-3-2010 la Corte di Appello di Milano, in accoglimento dell’appello, rigettava la domanda di usucapione proposta dall’attore, con assorbimento della domanda di garanzia proposta dalla convenuta.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso C. L., sulla base di due motivi.

Hanno resistito con separati controricorsi la Immobiliare Futura s.r.l. e S.C..

In prossimità dell’udienza l’Immobiliare Futura s.r.l. ha depositato una memoria.

Motivi della decisione

1) La controricorrente Immobiliare Futura s.r.l. ha eccepito in limine l’inammissibilità del ricorso, sotto il profilo della mancanza di sottoscrizione dell’atto di impugnazione da parte di uno dei due difensori ai quali è stato conferito congiuntamente il mandato.

L’eccezione è infondata.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, il ricorso per cassazione è validamente sottoscritto anche da uno soltanto dei due o più difensori muniti di procura, quando il ministero difensivo sia stato loro affidato dalla parte senza l’espressa ed inequivoca volontà di esigere l’espletamento congiunto dell’incarico, atteso che, ai sensi dell’art. 1716 c.c., in caso di coesistenza di più mandati con lo stesso oggetto, ciascun mandatario è abilitato al compimento dell’atto, se la delega non richieda l’azione congiunta (tra le tante v. Cass. 11-6-2008 n. 15478; Cass. 29-3-2007 n. 7697;

Cass. 6-6-2006 n. 13252; Cass. 8-3-2006 n. 4921; Cass. Sez. Un. 17/7/2003 n. 11188).

Nella specie, il C., con la procura apposta in calce al ricorso, ha delegato gli avvocati Carlo Pier Maria De Cata e Stefano Zamponi a rappresentarlo e difenderlo dinanzi alla Corte di Cassazione per l’impugnazione della sentenza della Corte di Appello di Milano n. 740/2010. Detta procura non esprime affatto la volontà della parte di conferire mandato congiunto ai due difensori, rendendo così operante il principio sopra enunciato. Non rileva, in contrario, il riferimento, contenuto nella sola intestazione del ricorso, a un incarico "in unione" ai due difensori; locuzione che, peraltro, per la sua genericità, non varrebbe a comprovare l’inequivoca volontà della parte di conferire un mandato congiuntivo (v. Cass. 8-3-2006 n. 4921).

2) Risulta altresì priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall’altra controricorrente S., la quale sostiene che, essendo stata la procura speciale rilasciata in data anteriore (il 27-5-2010) a quella del ricorso (1/6/2010), difetterebbe il requisito della contestualità; di modo che la procura avrebbe dovuto essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

E’ sufficiente osservare, al riguardo, che la procura al difensore apposta a margine o in calce al ricorso per cassazione deve considerarsi conferita, salva diversa manifestazione di volontà, per il giudizio di cassazione, in quanto, costituendo corpo unico con l’atto cui inerisce, esprime necessariamente il suo riferimento a questo e garantisce il requisito della specialità (v. per tutte Cass. Sez. Un. 24-11-2004 n. 22119). Nella specie, pertanto, non può dubitarsi della validità della procura speciale rilasciata dalla ricorrente in calce al ricorso per cassazione, a nulla rilevando il fatto che tale mandato rechi una data anteriore a quella della redazione del ricorso stesso. Nessuna norma, infatti, prescrive che la procura a margine o in calce al ricorso debba presentare una stretta contestualità, oltre che topografica, anche cronologica con tale atto, essendo, per converso, necessario e sufficiente, al fine di soddisfare il requisito di specialità richiesto dall’art. 365 c.p.c., che la procura sia stata rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e in data anteriore o contemporanea alla sottoscrizione del ricorso; requisiti che pacificamente ricorrono nel caso in esame.

3) Con il primo motivo di ricorso il C. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1141 e 1158 c.c., in relazione all’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cu l’attore, con riguardo alle porzioni di immobile non interessate dai contratti di locazione, avrebbe fruito "in progressione di una forma di mera detenzione precaria". Sostiene, in particolare, che il fatto che il C. abbia abitato e fruito dell’intero compendio immobiliare in questione fin dal 1981 è stato dato per pacifico dalla S. nella memoria istruttoria di replica depositata in primo grado, e che, in base all’art. 1141 c.c., deve presumersi il possesso in colui che esercita il potere di fatto sulla cosa.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che la Corte di Appello, nel ritenere incerta l’epoca di inizio dell’attività artigianale da parte dell’attore, ha omesso di esaminare la visura effettuata presso la CCIAA di Milano (documento affoliato al n. 9 del fascicolo di primo grado dell’attore, il cui indice è stato riprodotto alle pagine 36-39 della sentenza impugnata), da cui risulta che il C. ha intrapreso l’attività principale in (OMISSIS), in data 10-2-1981, con iscrizione al REA in data 15-6-1981. Sostiene, inoltre, che il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto inattendibile il teste R. C., il quale ha riferito di aver trascorso con il C. il Capodanno del 1981, e ritenuto per converso attendibili le deposizioni dei testi di parte convenuta.

4) I due motivi, che in quanto tra loro connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Giova rammentare che la presunzione di cui all’art. 1141 c.c., comma 1, concerne l’elemento intenzionale del possesso, non esonerando, invece, l’interessato dall’onere di provare l’esercizio del potere di fatto sulla cosa. Questa Corte, infatti, ha più volte avuto modo di affermare che chi agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e quindi, tra l’altro, non solo del corpus, ma anche dell’animus; il secondo, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se lo svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto dominicale è già di per sè indicativo dell’intento, in colui che le compie, di avere la cosa come propria, sicchè allora è il convenuto che deve dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale (tra le tante v. Cass. 11/6/2010 n. 14092; Cass. 6-8-2004 n. 15145; Cass. 13-12-2001 n. 15755; Cass. 5-7-1999 n. 6944).

Nella specie, la Corte di Appello non si è discostata da tali principi, in quanto, all’esito di una esaustiva valutazione delle risultanze processuali, ha escluso, con apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede, che l’attore abbia esercitato un possesso uti dominus degli immobili per cui è causa sin dal 1980-1981 e, comunque, per il tempo necessario ai fini dell’acquisto di tali beni per usucapione.

Nel pervenire a tali conclusioni, la Corte di Appello ha mostrato di aver tenuto conto delle indicazioni contenute nella visura camerale invocata dal ricorrente, allorchè ha rilevato, a pag. 34, che a dire del C. "la decorrenza del possesso ad usucapionem oscillerebbe tra il 1980 – quando la sua impresa individuale neppure risultava dichiarata alla CCIA – ed il 1981, con controproducente e non superata ambiguità". Il predetto documento, a tutta evidenza, è stato, sia pure implicitamente, ritenuto inidoneo a comprovare che effettivamente l’attore abbia avuto il possesso uti dominus dell’immobile sin dagli anni 1980-1981, a fronte delle altre emergenze documentali e delle risultanze della prova testimoniale raccolta in primo grado, la cui globale valutazione ha fatto maturare nel giudice del gravame il convincimento che il controverso possesso immobiliare abbia avuto inizio in epoca successiva e, comunque, non anteriore al 1985, epoca alla quale risalgono i primi riscontri documentali di fatture intestate all’impresa individuale del C. e di opere di manutenzione da quest’ultimo effettuate in alcuni dei locali per cui è causa. Il tutto sulla base di una motivazione adeguata, con la quale, in particolare, è stato dato sufficiente conto delle ragioni della ritenuta inattendibilità (oltre che della irrilevanza ai fini della delibazione della controversa usucapione) delle dichiarazioni rese dal teste R., essendosi evidenziato che nel 1981 (anno di riferimento da quest’ultimo indicato) gli immobili in questione si presentavano in condizioni di inabitabilità, per assoluta mancanza di serramenti sia esterni che interni, elettricità, acqua, servizi igieni e sanitari in funzione (v. pag. 42 della sentenza impugnata).

Ciò posto, si osserva che il ricorrente, nel sostenere la piena valenza probatoria della visura camerale e nel contestare il giudizio espresso dalla Corte di Appello circa l’attendibilità dei testi escussi, propone, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, sostanziali censure di merito, che mirano ad ottenere una diversa e più favorevole valutazione del materiale probatorio rispetto a quella compiuta dal giudice territoriale. In tal modo, peraltro, si sollecita a questa Corte l’esercizio di un potere di cognizione che non le compete.

Come è noto, infatti, la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 7-1-2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662, 3 marzo 2000 n. 2404).

I vizi di motivazione denunciabili in cassazione, pertanto, non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, in quanto spetta solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 28-7-2008 n. 20518; Cass. 11/11/2005 n. 22901; Cass. 12-8-2004 n. 15693; Cass. 7-8-2003 n. 11936).

5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida per la Immobiliare Futura s.r.l. in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali, e per a S. in euro 5.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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