Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-12-2011, n. 6736 Indennità di anzianità e buonuscita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. per il Lazio respingeva il ricorso collettivamente proposto da appartenenti ai diversi corpi di polizia (Arma dei Carabinieri; Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza), inteso ad ottenere la liquidazione dell’indennità di buonuscita includendo nella base di calcolo anche l’indennità pensionabile di polizia prevista dall’art. 43 della legge 10.04.1981, n. 121.

Avverso detta sentenza hanno proposto appello il sig. G. R. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe, contestando le conclusioni del giudice di prime cure.

Sostengono in particolare:

– la natura retributiva e stipendiale dell’emolumento in questione e la sua conseguente riconduzione fra i corrispettivi di cui, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 1033/1973, si deve tener conto ai fini della liquidazione dell’ I.B.U.;

– che a ciò non osta il contrario indirizzo di cui alla decisione dell’ Adunanza Plenaria n. 19 del 17 settembre 1996, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale (sentenza della Corte Costituzionale n. 243 del 1993 sulla natura di retribuzione differita con funzione previdenziale del trattamento di fine rapporto) e del quadro normativo (art 2 della legge 8 agosto 1995, n 335);

– che con riguardo ad altri trattamenti indennitari (indennità di posizione introdotta dall’art. 1 della legge 2 ottobre 1997, n. 334; indennità perequativa di cui all’ art. 19 della legge n. 266 del 1999; speciale indennità pensionabile per il capo della Polizia di Stato e per i comandanti dell’ Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) si è provveduto alla loro inclusione nella base di calcolo dell’ i.b.u., malgrado con specificatamente contemplati dall’ art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973;

– che l’indennità di polizia costituisce retribuzione fissa e continuativa, rapportata alle specifiche condizioni di impiego del personale interessato, che concorre a formare il trattamento stipendiale da assumersi a riferimento in sede di liquidazione dell’i.b.u.

L’ l’ I.N.P.D.A.P. non si è costituito in giudizio.

2). La questione circa la computabilità dell’indennità operativa del personale militare nella base di calcolo dell’ i.b.u. è stata già risolta in senso contrario alle ragioni dei ricorrenti con decisione dell’ Adunanza Plenaria n. 19 del 17 settembre 1996, il cui indirizzo ha da ultimo trovato conferma nella decisione delle sez. VI^, n. 98 del 13 gennaio 2010.

2.1). Il collegio – anche alla luce dei motivi e considerazioni introdotti dagli odierni appellanti – non ravvisa ragioni per discostarsi dal principio di diritto affermato nella predetta decisione n. 19 del 1996 e ritiene pertanto di non dover rimettere nuovamente la questione all’esame dell’Adunanza Plenaria, secondo quanto ora prescritto dall’art. 99, comma 3, cod. proc. amm.

2.2). In contrario a quanto sostenuto dai ricorrenti il consolidato e più recente indirizzo della giurisprudenza della Corte Costituzionale porta ad escludere che all’indennità di buonuscita possa ricondursi la natura di retribuzione differita, onde inferire uno stretto rapporto, agli effetti della base di computo dell’ i.b.u., con ogni voce retributiva del trattamento economico percepito in attività di servizio.

In tema di trattamenti previdenziali e pensionistici la Corte Costituzionale ha, infatti, più volte ribadito l’ampia discrezionalità del Legislatore di modularne l’entità, i termini, i modi di computo e di accesso, in relazione alle esigenze di compatibilità finanziaria, di bilancio e di contenimento della spesa pubblica nel settore della previdenza (ex multis Corte Costituzionale n. 324 del 16.07.1999; n. 17 del 23.01.1990).

Alla stregua di detto indirizzo è rimessa alla disciplina positiva la selezione delle voci del trattamento di attività cui raccordare il quantum l’indennità di buonuscita che, come innanzi detto, assolve funzione di previdenza e non retributiva. Per stabilire l’idoneità di un certo compenso a far parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita ciò che rileva non è, pertanto, il carattere sostanziale di esso ma il dato formale, ossia il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento che ha concorso a determinare il trattamento economico in attività di servizio.

Non vi è, in conseguenza, corrispondenza biunivoca necessaria tra la pensionabilità di un emolumento e la sua inclusione nell’indennità di buonuscita

La base contributiva dell’indennità di buonuscita resta stabilita dall’art. 38 del. d.P.R. n. 1032/1973 ed è costituita dall’80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al fondo, dalla tredicesima mensilità (art. 2 della legge n. 75 del 1980), dall’indennità integrativa speciale (art. 1 della legge n. 87 del 1994), nonché dagli altri assegni tassativamente indicati nella disposizione in argomento. La riserva di legge ai fini dell’inclusione di ogni altro emolumento aggiuntivo allo stipendio o paga tabellare nella base contributiva su cui calcolare l’ i.b.u. trova conferma nel puntuale disposto di cui al comma terzo dell’art. 38 ove è espressamente stabilito che "Concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale".

2.3). Quanto all’invocata assimilazione, agli effetti della determinazione della base contributiva, dell’ indennità di buonuscita al trattamento di fine rapporto secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 5, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con rinvio all’art. 2120 cod. civ., si tratta di disposizione che trova applicazione al personale assunto successivamente dal 1° gennaio 1996 (condizione che non ricorre nei confronti degli appellanti che nel predetto anno risultano tutti già cessati dal servizio). Gli appartenenti alle "Forze di polizia di Stato" inoltre – secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 4, della legge 3 febbraio 1993, n. 29 (ora art. 3 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) – sono sottratti alla contrattazione collettiva, disciplinata dagli art. 45 e segg. della legge medesima, cui l’art. 2 della legge n. 335 del 1995 innanzi richiamato rinvia, con norma programmatica, ai fini della determinazione della disciplina attuativa del t.f.r.

2.4). Da ultimo i ricorrenti – in contrario alla tesi restrittiva che qualifica il solo stipendio tabellare quale base di calcolo dell’ i.b.u., con esclusione di ogni altro emolumento aggiuntivo di carattere indennitario, ancorché erogato con carattere di continuità e stabilità, salvo i casi di espressa previsione ex lege – assumono a termine paragone del loro diritto il diverso indirizzo osservato dall’ I.N.P.D.A.P. con riguardo all’ indennità di posizione introdotta dall’art. 1 della legge 2 ottobre 1997, n. 334; all’ indennità perequativa di cui all’ art. 19 della legge n. 266 del 1999 e alla speciale indennità pensionabile, prevista dall’art. 2, comma terzo, della legge n. 121 del 1981 in favore del capo della Polizia di Stato e poi estesa ai comandanti dell’ Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza

Osserva il collegio che l’indennità di posizione di cui al richiamato art. 1 della legge n. 334 del 1997 fu introdotta per i dirigenti generali dello Stato "in attesa dell’estensione del regime di diritto privato al (relativo) rapporto di lavoro… in aggiunta al trattamento economico in godimento, fondamentale ed accessorio" e poi estesa, in via perequativa, alle qualifiche equiparate delle forze di polizia e delle forze armate. L’ I.N.P.D.A.P. ha, pertanto, correttamente ricondotto detto corrispettivo, ai fini della base di calcolo dell’ i.b.u., nella nozione di retribuzione stipendiale, che veniva ad essere integrata in via temporanea ed a titolo di anticipazione del futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale. La natura del compenso in questione non è venuta meno al momento della sua estensione alle qualifiche di vertice dei corpi di polizia e militari, stante la sua funzione perequativa del trattamento stipendiale a regime rispetto a quello corrisposto alla dirigenza dello Stato.

Quanto all’ indennità prevista dall’art. 2, comma terzo, in favore del Capo della polizia (poi estesa ai comandanti dell’ Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) -, assunta a parametro di raffronto ai fini dell’inclusione dell’ indennità di impiego operativo nel computo dell’ i.b.u. – si tratta di compenso collegato alla posizione apicale rivestita nell’ ordinamento del corpo, riconducibile ai compensi indennitari corrisposti ai funzionari con qualifica dirigenziali, espressamente presi in considerazione dall’art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1071, laddove – in linea con quanto posto in rilevo dalla Corte costituzionale con la decisione n. 278 del 27 giugno 1995 in fattispecie analoga relativa all’indennità operativa del personale militare – l’indennità di polizia, indistintamente corrisposta a tutto il personale appartenente al corpo, si caratterizza per diversità di contenuto e scopi e "non può essere assunta quale "tertium comparationis" per inferire l’illegittimità della mancata inclusione della seconda – del tutto disomogenea – nel computo della buonuscita".

Per le considerazioni che precedono l’appello va, in conseguenza, respinto.

Nessuna determinazione è assunta in ordine alle spese del giudizio non essendosi costituito l’intimato istituto di previdenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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