Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8162

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Svolgimento del processo

Con atto notificato il 16.6.98 C.G., interdetto e rappresentato dal suo tutore, citò al giudizio del Tribunale di Brescia S.A., al fine di sentir dichiarare la simulazione dell’atto di compravendita del 27.4.95 e la nullità della sottostante donazione, ad oggetto di un appartamento sito in quella città, con conseguente condanna della convenuta alla restituzione.

Costituitasi la S., chiese il rigetto della domanda in quanto infondata.

Espletate prove orali e consulenza tecnica di ufficio grafotecnica, con sentenza n. 1508/05 l’adito tribunale rigettò la domandarne a seguito del decesso dell’attore era stata ribadita dalla sua erede M.M., costituitasi in prosecuzione del giudizio, ritenendola) inammissibile la, pur espletata, prova orale ex art. 2722 c.c., non vertendosi in ipotesi di illiceità dell’atto asseritamente dissimulato; b) accertata, dalla consulenza tecnica, la falsità dell’assunta controdichiarazione, prodotta in fotocopia dalla parte attrice, costituendo il documento in questione il prodotto di un manipolazione di fotocopie, con sovrapposizione della sottoscrizione della S., fotocopiata dall’atto di compravendita e ridotta nelle dimensioni.

All’esito dell’appello della M., cui aveva resistito la S., la Corte di Brescia con sentenza del 10/16.2.10 ha confermato quella impugnata, condannando alle spese l’appellante. Ha ritenuto in particolare la suddetta corte: 1) che legittimamente il primo giudice non avesse tenuto conto delle risultanze della prova orale, atteso il principio della revocabilità delle ordinanze e della relativa inidoneità a pregiudicare la decisione della causa, dettato dall’art. 177 c.p.c.; 2) l’ammissibilità nella specie della querela di falso, in quanto proponibile ex art. 221 c.p.c., in qualsiasi stato e grado del giudizio, anche nei casi di precedente riconoscimento della sottoscrizione; 3) che la contestazione, da parte della convenuta, della domanda diretta a dichiarare la simulazione e la sottostante invalida donazione, implicasse anche quella dei fatti posti a fondamento della stessa.

Contro tale sentenza la M. ricorre con due motivi; resiste la S. con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 157 c.p.c., comma 2, che i giudici di merito, anche discostandosi dalla giurisprudenza di legittimità, avrebbero disatteso, ritenendo revocabile d’ufficio l’ammissione della prova testimoniale, nonostante la parte convenuta non avesse formulato l’eccezione d’inammissibilità, al più tardi proponibile dopo il relativo espletamento, così dando luogo alla sanatoria della nullità della prova, nè chiesto detta revoca in sede di precisazione delle conclusioni.

Il motivo è fondato, alla luce dell’orientamento costante di questa Corte secondo cui "la mancata proposizione del reclamo, ai sensi dell’art. 178 c.p.c., avverso un’ordinanza istruttoria concernente l’ammissione o l’espletamento delle prove, non impedisce alla parte interessata di dolersene davanti al collegio quando questo sia investito di tutta la causa ai sensi del successivo art. 189, sempre che, in sede di conclusioni definitive, abbia richiesto la revoca di detta ordinanza, restando in caso contrario preclusa al collegio la decisione in ordine all’ammissibilità della prova, con l’ulteriore conseguenza che la cennata questione non può neanche essere proposta in sede di impugnazione" (tra le altre v. sent. nn. 16993/07, 7055/04, 12280/00). Tale principio, non superato da successive pronunzie di segno contrario e condiviso da questo collegio, in quanto derivante dalla combinazione tra quelli, più generali, della domanda e della tempestiva deducibilità delle nullità, comporta che nel caso di specie, in cui la parte convenuta non si era avvalsa del reclamo ex art. 178 c.p.c., diretto ad invalidare la prova ammessa nonostante la propria opposizione (che, peraltro, neppure risultarne chiesto, in sede conclusionale, la revoca dell’ordinanza ammissiva, non avrebbe potuto il primo giudice dichiarare di ufficio l’inammissibilità dell’espletato mezzo istruttorio, ormai irrevocabilmente entrato nel processo, con conseguente impossibilità anche da parte di quello di appello di rimetterlo in discussione.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 221 c.p.c., anche in relazione al principio della ragionevole durata del processo dettato dall’art. 111 Cost., comma 2, censurandosi la ritenuta ammissibilità della querela di falso, in quanto proposta soltanto in sede di precisazione delle conclusioni, peraltro richieste dalla stessa parte convenuta, in contrasto con la precedente condotta processuale tenuta dalla medesima, incompatibile con la volontà di impugnare il documento, che era stato prodotto con memoria ex art. 183 c.p.c., cui non vi era stata replica.

Il motivo è infondato.

La querela di falso costituisce il rimedio estremo, la cui precipua finalità è quella di superare la fede privilegiata, che l’ordinamento attribuisce, oltre che agli atti pubblici ( art. 2700 c.c.), anche alle scritture private, limitatamente alla provenienza delle dichiarazioni in esse contenute da chi figuri averle sottoscritte, nei casi in cui la sottoscrizione sia stata riconosciuta, ovvero debba considerarsi legalmente riconosciuta ( art. 2701 c.c.).

Tra tali ultimi casi rientrano quelli di cui all’art. 221 c.p.c. e, segnatamente, l’ipotesi di cui al n. 2, allorquando, alla produzione in giudizio del documento, la controparte cui la sottoscrizione sia stata attribuita o contro la quale la scrittura sia stata prodotta, non la disconosca o non dichiari di non conoscerla, nella prima udienza o nel primo atto difensivo successivo alla produzione.

Una volta verificatasi tale situazione processuale, alla parte che non abbia operato il tempestivo disconoscimento non resta che ricorrere alla querela di falso, alla cui proponibilità l’art. 221 c.p.c., proprio in considerazione della particolarità del rimedio e delle rigorose forme che, nei successivi articolane disciplinano l’esperimento, non pone limitazioni di sorta, quanto al grado e stato del giudizio.

Da quanto sopra consegue che, come è stato ribadito recentemente da questa Corte, con pronuncia che questo collegio condivide, l’unico limite processuale alla proposizione de qua sia costituito dall’avvenuta rimessione della causa al collegio (v. n. 17900/11).

A nulla rileva, dunque, che in precedenza via sia stato un riconoscimento espresso o tacito della sottoscrizione (v. Cass. n. 25556/08), che non preclude detta proposizione, attesa la finalità dell’estremo rimedio in questione, che è proprio quella di consentire di rimuovere la fede privilegiata, comunque formalmente acquisitaci documento, cui neppure può opporsi il principio della ragionevole durata del processo, sul quale deve ritenersi nella specie preminente quello della tutela delle garanzie difensive, correlate all’esigenza, di rilievo anche pubblicistico (di cui è sintomatica la previsione della partecipazione del P.M. ex art. 223 c.p.c., al procedimento de quo) di tutela della fede pubblica, cui la querela di falso assolve, quale extrema ratio processuale diretta a far emergere la verità sostanziale, sottostante il mero e formale dato documentale.

L’accoglimento del primo motivo ed il rigetto del secondo comportano, conclusivamente, la cassazione della sentenza impugnata limitatamente alla parte in cui la prova testimoniale è stata ritenuta inammissibile; sicchè, essendo rimasto confermato l’accertamento della falsità della controdichiarazione, il giudice del rinvio dovrà riesaminare, senza tener conto di quest’ultima, la questione della simulazione, valutando le prove orali, ormai irrevocabilmente entrate nel processo, ed ogni altro utile elemento acquisito.

Il regolamento delle spese del presente giudizio, infine, va rimesso al giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della corte di provenienza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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