Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-09-2010) 14-11-2011, n. 41414

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Svolgimento del processo

1. E.G., nato a (OMISSIS), era imputato: A) del delitto di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 291 bis, comma 1, perchè, in concorso con altri, trasportava sul territorio dello Stato a bordo di un’autovettura cento chilogrammi convenzionali di tabacchi lavorati esteri contrabbando;

B) del delitto di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 67 e 70, e D.P.R. n. 43 del 1973, artt. 292 e 296 perchè in concorso con altri, sottraeva cento chilogrammi convenzionali di tabacchi lavorati esteri al pagamento dell’IVA (in (OMISSIS), con la recidiva reiterata specifica).

Il Tribunale di Napoli, Sezione G.I.P., con sentenza del 15/6/2010 lo dichiarava colpevole dei reati ascritti e, concesse le generiche equivalenti alla recidiva, ritenuta la continuazione tra i reati, con la diminuente per il rito abbreviato, lo condannava alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 400.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali di custodia cautelare; con la confisca di quanto in sequestro.

2. Con sentenza del 18-27 gennaio 2011 la Corte di Appello di Napoli, 7^ Sezione Penale, rigettava l’impugnazione.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con tre motivi.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso, articolato in tre motivi, si denuncia, sotto vari profili, la erronea applicazione della disciplina del reato continuato.

In particolare sarebbe stato violato l’art. 81 c.p. laddove prescrive che in caso di reato continuato la pena non possa essere superiore a quella che risulterebbe dalla somma materiale delle sanzioni comminate separatamente per i singoli reati.

Il ricorrente poi denuncia la violazione dell’art. 81 deducendo che per effetto del vincolo della continuazione le varie condotte delittuose devono essere intese come un unico reato.

2. Il ricorso è infondato.

E’ infatti priva di fondamento la censura del ricorrente secondo cui la pena complessiva irrogata per il reato continuato sarebbe stata, nella specie, superiore alla pena irrogabile per i due reati unificati dal vincolo della continuazione.

In particolare la corte d’appello ha confermato il calcolo della pena effettuato dal g.i.p., ossia ha considerato la pena di due anni e tre mesi di reclusione per il reato più grave di cui al capo A e ha applicato un aumento di tre mesi per la continuazione in riferimento al reato di cui al capo B; così rimanendo nei limiti della pena irrogabile per il secondo reato contestato. Conseguentemente non c’è stata nessuna violazione della soglia massima costituita dalla cumulo materiale delle pene per i reati legati dal vincolo della continuazione.

La pretesa della ricorrente secondo cui il g.i.p. , avendo applicato una pena vicina al minimo edittale per il reato più grave, avrebbe dovuto considerare l’aumento per la continuazione tenendo conto del minimo della pena anche per il reato concorrente è destituita di fondamento perchè la valutazione della gravità del reato concorrente non è legata alla valutazione di gravità del reato da considerarsi più grave in ragione della pene edittale ai fini del calcolo della pena complessiva del reato continuato.

Infatti, come più volte ha affermato questa corte (ex plurimis Cass., Sez. 6, 14 luglio 2010 – 23 settembre 2010, n. 34382), per la determinazione della violazione più grave in caso di reato continuato il giudice deve fare riferimento alla pena edittale prevista per ciascuno dei reati, con la conseguenza che più grave deve essere considerata la violazione punita più severamente dalla legge.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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