Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8159 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 1.2.2005 R.G. e C. M., premesso di essere proprietari di una villetta in (OMISSIS), lamentavano di essere stati spossessati nel passaggio condominiale che, dall’area di parcheggio sottostante il condominio, conduce alla scala di uso comune che consente l’uscita a cielo aperto. Convenivano in giudizio T. F. e B.D., proprietari dei posti auto prospicienti detta uscita, al fine di sentire pronunciare i provvedimenti necessari per ripristinare la situazione preesistente allo spoglio e alle molestie e per garantire la reintegra nel possesso corrispondente all’esercizio della servitù di passaggio pedonale.

I convenuti riconvenzionalmente chiedevano la manutenzione del loro possesso.

Escussi informatori e disposta ctu, con ordinanza 20.6.2006 il tribunale di Torino respingeva le domande e compensava le spese:

decisione appellata in via principale dai ricorrenti ed in via incidentale dai resistenti.

La Corte di appello di Torino, con sentenza 1360/2008 reintegrava i R. – C. nel possesso della servitù di passaggio pedonale attraverso la zona ove i T. – B. parcheggiavano le autovetture, con condanna alle spese.

La Corte, a prescindere dalla unificazione della struttura bifasica del procedimento possessorio, dichiarava la nullità dell’impugnata sentenza con necessità di decidere nel merito possessorio.

Rilevato il contrasto delle prove testimoniali, faceva riferimento alla ctu ed alla copiosa documentazione, concludendo che i T. avevano reso impraticabile il passaggio parcheggiando le loro auto in maniera così vicina da non permettere il transito.

Ricorrono i T. – B. con due motivi, resistono i R. – C..

Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

Col primo motivo si denunzia violazione degli artt. 669 sexies, 669 septies, 703 c.p.c., per la dichiarata nullità del provvedimento, nemmeno richiestale col secondo violazione degli artt. 1140, 1168, 2697 c.c., artt. 115, 116, 705 c.p.c..

Sulla prima censura, pur in astratto condivisibile, va osservato che il contrasto giurisprudenziale sulla natura bifasica o meno del giudizio possessorio, ormai definitivamente risolto, non ha mai riguardato la possibilità di impugnare con appello il provvedimento di rigetto che si pronunzia anche sulle spese (Cass. 24.6.2008 n. 17177, Cass. 6.11.2006 n. 23619, S.U. 20.7.1999 n. 480); così come è appellabile il provvedimento che reintegra nel possesso, non fissa termine per il giudizio di merito e provvede sulle spese (Cass. 27.2.2001 n. 2910).

La doglianza difetta di interesse e concretamente non produce alcuna conseguenza pratica, posto che l’effetto devolutivo dell’impugnazione comportava in ogni caso la necessità per la Corte di appello di esaminare il merito possessorio.

In ordine alla seconda va osservato quanto segue:

Questa Corte suprema non ignora che, per la configurabilità del possesso ("ad usucapionem"), è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno "ius in re aliena" ("ex plurimis" Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).

Nè è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454).

Occorre distinguere tra possesso utile ai fini della usucapione e situazione di fatto tutelabile in sede di azione di reintegrazione, indipendentemente dalla prova che spetti un diritto, da parte di chi è privato violentemente od occultamente della disponibilità del bene.

La relativa legittimazione attiva spetta non solo al possessore uti dominus ma anche al detentore nei confronti dello spoliator che sia titolare del diritto e tenti di difendersi opponendo che "feci sed iure feci".

Nella specie la corte di appello ha dato atto del contrasto tra le prove testimoniali ed ha fatto riferimento alla ctu ed ai documenti.

Il ricorrente riporta le prove testimoniali, ma la circostanza rischia di ritorcersi contro la tesi suffragata, posto che, in tema di possesso, appare maggiormente valutabile una prova positiva anzicchè quella negativa, che, riferendo di un mancato transito, non può escluderlo in assoluto.

A chi invoca la tutela è sufficiente provare una situazione di fatto, protrattasi per un periodo di tempo apprezzabile, con la conseguenza che, per l’esperimento dell’azione di reintegrazione, è sufficiente un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purchè abbia i caratteri esteriori di un diritto reale (Cass. 1 agosto 2007 n. 16974, 7 ottobre 1991 n. 10470).

Nella specie la Corte di appello ha ritenuto significativo il certificato prevenzione antincendi che prevedeva l’uscita di sicurezza n. 1, quella per cui è causa, il regolamento di condominio che prevede zone di collegamento pedonale con le scale, il documento- dichiarazione dell’arch. To., che precisa che ad ogni scala di servizio compete una zona tra le auto adibita ad accesso.

In definitiva il ricorso va respinto, con condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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