Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8154 Onorari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 3-4-1992 G.P., premesso che dal 1979 al marzo 1989 era stato dipendente della Casa di Cura Angrisani s.r.l. convenzionata con la Regione Campania con le mansioni di specialista in cinesiologia e terapie fisiche, esponeva che dall’aprile 1989 al settembre 1991 aveva instaurato un diverso rapporto con la suddetta Casa di Cura istituendo a proprie cure e spese un centro di riabilitazione denominato Centro Giada.

L’attore, rilevato che nel settembre 1991 la Casa di Cura Angrisani aveva cessato ogni rapporto con il G., la conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per l’ingiustificata interruzione del rapporto oltre che al pagamento delle somme dovute per l’attività prestata per la convenuta dal settembre at dicembre 1991.

Si costituiva in giudizio la Casa di Cura Angrisani che contestava il fondamento delle domande attrici di cui chiedeva il rigetto.

Il Tribunale adito con sentenza del 2-4-2004 rigettava la domanda attrice.

Proposto gravame da parte del G. cui resisteva la Casa di Cura Angrisani la Corte di Appello di Salerno con sentenza del 21-4- 2009 ha rigettato l’impugnazione, rilevando che l’appellante non aveva fornito la prova di aver aperto il suddetto centro di riabilitazione, essendo anzi risultato in senso contrario dalla certificazione pubblica acquisita che il Centro Giada era stato aperto fin dal 1986.

Per la cassazione di tale sentenza il G. ha proposto un ricorso affidato a tre motivi cui la Casa di Cura Angrisani s.r.l. ha resistito con controricorso seguito successivamente da una memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso in quanto proposto contro la sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 341/2008, in realtà inesistente.

L’eccezione è infondata, posto che la sentenza impugnata è stata indicata nel ricorso per mero errore materiale con il numero 341 del 2008 invece che con il numero 431 dello stesso anno, e che peraltro la data di decisione e di deposito, l’oggetto della decisione e l’indicazione della pronuncia di primo grado consentono inequivocabilmente la corretta identificazione della sentenza impugnata.

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo il ricorrente, deducendo omesso esame di un punto decisivo della controversia ed omessa ed insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per aver affermato che l’appellante aveva fornito solo labili indizi dell’assunto in ordine alla avvenuta stipulazione di una convenzione con la Clinica Villa dei Fiori in base alla quale quest’ultima inviava i pazienti al Centro di riabilitazione che il G. aveva aperto, versandogli il 50% delle rette pagate dalla Regione Campania; il ricorrente sostiene che in realtà l’esistenza della suddetta convenzione emergeva chiaramente dalle deposizioni dei testi escussi, dalle stesse dichiarazioni del legale rappresentante della predetta Clinica, nonchè dalle impegnative USL in possesso del G. e dalle attestazioni di ritenute di acconto.

Il motivo in esame è accompagnato dal seguente "quesito di diritto":

" se costituisca sufficiente motivazione della sentenza impugnata e non piuttosto omissione e contraddittorietà della stessa su punto decisivo della controversia, rappresentato dalla esistenza tra le parti, ognuna costituita da una impresa, di una convenzione di prestazione stabile e continuativa di attività professionale dietro compenso commisurato al numero delle prestazioni, l’affermazione che la parte attrice abbia del suo assunto fornito labili indizi pur essendosi nel processo acquisite prove testimoniali e documentali che rendevano certa la esistenza del rapporto professionale – imprenditoriale posto a fondamento della domanda".

Il motivo è inammissibile.

Premesso che nella specie, dove è stata impugnata una sentenza pubblicata il 21-4-2008, trova applicazione "ratione temporis" l’art. 366 "bis" c.p.c., a prescindere dall’osservare l’erroneo riferimento ad un "quesito di diritto" in presenza della denuncia di un vizio motivazionale, si rileva che, nonostante la natura di tale vizio inerente ad omessa ed insufficiente motivazione, il motivo in oggetto è privo di una illustrazione e di una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione stessa a giustificare la decisione.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2227, 2237 e 2238 c.c., assume che erroneamente il giudice di appello ha qualificato il rapporto intercorso tra le parti come contratto avente ad oggetto la prestazione di una attività professionale di natura intellettuale, ed ha quindi ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 2237 c.c. affermando che, non essendo stata provata l’esistenza di un patto sulla durata del contratto, l’esercizio del recesso da parte del committente era legittimo e non giustificava la domanda di risarcimento danni; era infatti pacifico che l’esponente aveva esercitato l’attività di fisioterapia in un Centro apposito denominato "Centro Giada" con l’impiego di macchinari e del lavoro dello stesso G. e dei suoi dipendenti, integrando così una vera e propria attività di impresa, con conseguente applicazione, in virtù del rinvio operato dall’art. 2230 c.c., dell’art. 2227 c.c. che prevede, in caso di recesso del cliente, il diritto per il prestatore d’opera ad una indennità per il mancato guadagno.

Il motivo in esame è accompagnato dal seguente "quesito di diritto":

"se l’attività professionale del prof. G. prestata mediante collaboratori e dotazioni tecniche quali sono i macchinar impiegati per l’esercizio dell’attività di riabilitazione e di fisioterapia, sotto le varie sue specie, dovesse inquadrarsi, a norma dell’art. 2238 c.c., nell’ambito di applicazione delle disposizioni del titolo secondo del libro 5^ del codice civile ed in particolare dell’art. 2227 c.c. dello stesso codice e non dell’art. 2237 c.c.".

La censura è inammissibile.

Invero il quesito di diritto sopra enunciato, lungi dal prospettare una sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa o affermativa che ad esso si dia discenda in modo inequivocabile … l’accoglimento o il rigetto del ricorso, si sostanzia nella affermazione della natura di impresa del centro di riabilitazione e fisioterapia che il G. avrebbe diretto, ovvero in una prospettazione di mero fatto.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2227 e 2238 c.c., ribadisce che la Corte territoriale, configurando erroneamente il rapporto intercorso tra le parti come prestazione d’opera intellettuale, e non invece come prestazione di opera organizzata in forma di impresa, come effettivamente era avvenuto, ha negato il diritto del G. al risarcimento dei danni conseguenti all’unilaterale recesso dal contratto da parte della Casa di Cura Villa dei Fiori ai sensi degli artt. 2227 e 2238 c.c..

Il motivo è accompagnato dai seguente "quesito di diritto": "se il prof. G., ai sensi degli artt. 2238 e 2227 c.c., avesse diritto al compenso per mancato guadagno a seguito dell’unilaterale recesso da parte della Casa di Cura Villa dei Fiori s.r.l.".

Anche tale motivo è inammissibile in quanto il quesito di diritto come sopra enunciato, risolvendosi nel ribadire l’assunto in ordine alla natura imprenditoriale dell’attività in tesi gestita dal G. a seguito di convenzione con la controparte, è del tutto privo dei requisiti che debbono caratterizzarlo già richiamati in occasione dell’esame del secondo motivo.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2000,00 per onorari di avvocato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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