Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 15-11-2011, n. 41703

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Torino giudicava con il rito ordinario A. G. imputato del reato di estorsione continuata, ex art. 81 cpv – 629 c.p., in danno di B.T. che, mediante la minaccia di mali ingiusti per lei ed il figlio, costringeva a consegnare n. 10 assegni bancari circolari dell’importo di L. 2.000.000 ciascuno, nonchè una carta bancomat ed un carnet di assegni firmati in bianco che successivamente poneva all’incasso; costringendo inoltre la B. a sottoscrivere un finanziamento di L. 21.000.000 per l’acquisto di un’autovettura Mercedes della quale si appropriava con proprio profitto e corrispondente danno per la parte offesa;

fatti commessi in (OMISSIS); con la recidiva ex art. 99 c.p.;

al termine del giudizio l’imputato veniva condannato con sentenza del 12.04.2006 alla pena ritenuta di giustizia;

La corte di appello di Torino investita del gravame, confermava la decisione impugnata con sentenza del 16.06.2010;

L’imputato ricorre per cassazione a mezzo del suo difensore, deducendo: MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

1)- il ricorrente censura la decisione impugnata per omessa ed illogica motivazione, non avendo dato convincente risposta ai rilievi sollevati nell’atto di appello, e al riguardo lamenta:

– omessa motivazione riguardo all’ipotesi formulata dall’appellante di ricondurre la vicenda nell’ambito del delitto di cui all’art. 640 c.p., stante l’assenza di minacce volte ad estorcere le somme di cui all’imputazione;

– l’inattendibilità della parte offesa stante la mancanza di riscontri esterni al suo racconto; -la motivazione sarebbe caduta nel vizio di travisamento della prova, discendente dall’erronea lettura degli atti del processo; CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La sentenza impugnata risulta congruamente motivata, in punto di responsabilità dell’imputato, avendo osservato che, se pure in un primo momento la B. aveva consegnato all’ A. un carnet di assegni bianco per contribuire agli investimenti prospettabile dal medesimo, in un momento successivo la stessa parte offesa era stata oggetto di pressanti e gravi minacce per l’incolumità sua e del figlio, così da essere costretta, dapprima, a sottoscrivere un finanziamento per l’acquisto di un’autovettura Mercedes della quale non aveva mai avuto il possesso e, poi, a consegnare all’imputato dieci assegni circolari per l’importo di L. 10.000.000 ciascuno.

Si tratta di una motivazione del tutto congrua ai fini della dimostrazione degli elementi soggettivo ed oggettivo del reato contestato, avendo evidenziato che, dopo un un’iniziale rapporto di fiducia, la donna era stata costretta a versare ingenti somme sotto la minaccia di gravi pericoli per l’incolumità sua e del figlio;

per converso, le deduzioni difensive si risolvono in valutazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre, Cassazione penale sez. 4^ 29 gennaio 2007, n. 12255.

Il ricorrente deduce che la ricostruzione dei fatti operata nella sentenza sarebbe viziata dalla mancanza di attendibilità della parte lesa ma si tratta di un motivo che non tiene conto della congrua motivazione della Corte di appello, che ha sottolineato come la B. sia pienamente credibile: – per avere "reso un racconto articolato, dettagliato, preciso nello spazio e nel tempo", – per avere confermato le sue iniziali dichiarazioni nel dibattimento e nel contraddittorio tra le parti; e per essere pienamente attendibile in quanto le sue dichiarazioni erano state confortate da numerosi elementi di riscontro, (tutti segnalati nella sentenza del Tribunale), tra i quali, non ultima la "memoria Marini/Rosolia" confermativa sia pure indirettamente di tutta la vicenda.

Si tratta di una motivazione che appare congrua perchè aderente alle emergenze fattuali ed immune da illogicità evidente perchè conforme ai criteri di comune esperienza e, pertanto, risulta incensurabile in questa sede di legittimità, Cassazione penale, sez. 4^ 16 gennaio 2006, n. 11395.

Del tutto infondato è poi il motivo relativo al dedotto travisamento della prova perchè generico, in quanto non specifica le prove che sarebbero state oggetto di travisamento, e perchè si traduce in sostanza nella prospettazione di una diversa interpretazione delle prove già compiutamente analizzate nella sentenza impugnata.

Va ricordato, in proposito, che in tema di ricorso per cassazione, alla luce della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è sindacabile il vizio di "travisamento della prova", che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia, Cassazione penale, sez. 2^, 28 maggio 2008. n. 25883 circostanze solo dedotte dal ricorrente ma non dimostrate in alcun modo.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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