Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-12-2011, n. 6728 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. – Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso (fondato su tre motivi) proposto dall’odierna appellante T. L. ved. S. avverso il provvedimento del Sindaco del Comune di Caldaro prot. n. 15926/BM/ba/r del 17 ottobre 1997 (nonché avverso i relativi pareri della commissione edilizia comunale), di diniego della domanda di condono edilizio presentata l’8 luglio 1986 ai sensi della l. 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione alle opere abusive realizzate negli anni 1975 e 1976 sulle pp.ff. 4422 e 4424 e sulle neoformate pp.ed. 1624, 1625, 1626, 1627 e 1628 C.C. Caldaro, località Hirten nei pressi del Lago di Caldaro, costituite da sette strutture fisse (in particolare, da una legnaia e locale deposito attrezzi della superficie di mq 26,29, da un altro deposito attrezzi della superficie di 18,34 mq, da una tettoia ad uso spogliatoio della superficie di 12,09 mq, da una toilette della superficie di 4,47 mq, da un grill con zoccolo in muratura, da una vasca in cemento della circonferenza di 2,70m e da un box metallico adibito ad autorimessa). L’adito T.r.g.a. rilevava, segnatamente, l’insanabilità delle opere ai sensi degli artt. 27 e 44 l. prov. 21 gennaio 1987, n. 4, e 1 e 6 l. prov. 22 giugno 1995, n. 15, in quanto insistenti su aree comprese in zona agricola rispettivamente in zona di rispetto. Il T.r.g.a. condannava inoltre la ricorrente a rifondere all’Amministrazione comunale le spese di causa.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo quale unico complesso motivo "violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 5 c.p.c. ovvero omessa o comunque insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia" (v. così, testualmente, la rubrica del motivo d’appello) e chiedendo, in sua riforma, l’accoglimento del ricorso in primo grado.

3. Si costituiva l’appellato Comune, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

4. All’odierna pubblica udienza la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato.

In linea di diritto, si premette che le leggi statali 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724, in materia di condono edilizio, non trovano applicazione nell’ordinamento autonomistico provinciale, se non attraverso l’esercizio da parte della Provincia autonoma della potestà legislativa primaria di cui essa dispone a sensi dell’art. 8 n. 5) in relazione all’art. 4 dello statuto speciale, peraltro espressamente fatta salva dalle clausole di salvaguardia contenute negli artt. 1, comma 3, l. n. 47 del 1985, e 39, comma 21, l. n. 724 del 1994 (v. sul punto, ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 23 gennaio 2006, n. 200). A norma degli artt. 44 l. prov. 21 gennaio 1987, n. 4, e 6 l. prov. 22 giugno 1995, n. 15, emanati nell’esercizio della menzionata potestà legislativa primaria spettante alla Provincia, le istanze di sanatoria presentate prima della loro entrata in vigore devono ritenersi presentate ai sensi e per gli effetti delle leggi statali n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, sicché deve aversi riguardo alla disciplina provinciale per individuare le fattispecie di insanabilità assoluta previste, da entrambe le leggi provinciali, (tra l’altro) per le opere abusive realizzate nel verde agricolo, nel verde alpino e in zona boschiva e per le opere incompatibili con le disposizioni sulla tutela ambientale (v. artt. 27, comma 2, l. prov. n. 4 del 1987, e 1, comma 2 lett. c), l. prov. n. 15 del 1995).

Orbene, posto in linea di fatto che le opere in questione insistono su aree ubicate in zona di verde agricolo e, in aggiunta, in zona di rispetto sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi d.P.G.P. del 14 febbraio 1979 (pubblicato sul Suppl. ord. al B.U. n. 23 dell’8 maggio 1979), si osserva che nell’impugnata sentenza correttamente è stata affermata la legittimità del diniego di condono e del previo parere negativo della commissione edilizia comunale del 9 ottobre 1997, motivati sul rilievo dell’insanabilità delle opere ai sensi della citata normativa provinciale. Giova al riguardo precisare che nel caso di specie l’abuso edilizio è colpito da insanabilità assoluta sia ai sensi della l. prov. n. 4 del 1987, sia ai sensi della l. prov. n. 15 del 1995, sicché irrilevanti sono le questioni di individuazione del regime temporale delle due citate leggi provinciali, quali sollevate dall’odierno appellante sotto il profilo dell’asserita inapplicabilità della l. prov. n. 15 del 1995.

Costituisce, poi, acquisito principio giurisprudenziale che l’eventuale insanabilità dell’opera dev’essere rapportata all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto, in quanto tale valutazione corrisponde all’esigenza di vagliare l’attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente (v. sul punto, per tutte, C.d.S., Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20), con conseguente infondatezza, anche sotto il profilo in esame, della censura di erronea applicazione retroattiva della previsione normativa in esame.

Destituita di fondamento è, altresì, la doglianza dell’erronea mancata applicazione dell’istituto del silenzioassenso, in quanto secondo precedenti specifici di questo Consiglio, da cui non v’è ragione di discostarsi, l’insanabilità delle opere, nelle ipotesi sancite dai citati artt. 27, comma 2, l. prov. n. 4 del 1987 e 1, comma 2, l. prov. n. 15 del 1995, è ostativa alla formazione del silenzioassenso sull’istanza di condono per decorso del biennio di cui agli artt. 29, comma 12, l. prov. n. 4 del 1987 e 1, comma 9, l. prov. n. 15 del 1995 (v., sul punto, C.d.S., Sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4181).

Né, infine, può ravvisarsi la denunziata contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione comunale – sotto il profilo che la stessa, a fronte di una prima determinazione (adottata il 23 giugno 1988, secondo l’assunto della ricorrente mai comunicatale) volta a richiedere l’integrazione documentale della domanda di condono, abbia poi adottato il provvedimento negativo prescindendo da ogni integrazione documentale -, assorbendo invero la rilevata insanabilità assoluta, risultante ex actis, ogni ulteriore esigenza istruttoria procedimentale.

6. Per le esposte ragioni l’appello è da respingere, con conseguente accollo delle spese all’appellante soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere all’appellato Comune le spese di causa, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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