Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 15-11-2011, n. 41701

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Messina, con decisione del 15.10.2010, confermava la sentenza emessa in data 02.12.2009 dal GUP presso il Tribunale di Patti, che, in esito al giudizio abbreviato, aveva condannato:

F.T.A., Z.C.G. e C. G. per concorso nel reato di estorsione ( artt. 110 e 629 c.p.) commesso in danno di I.B. che, mediante minacce trasmesse per telefono ed anche a mezzo "sms", veniva costretto a consegnare la somma di Euro 300,00; fatti commessi il (OMISSIS);

Ricorrono per cassazione gli imputati F. e Z. a mezzo dei rispettivi Difensori;

F.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c) e).

1) nullità della sentenza per violazione dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) per omessa notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello;

2-3) nullità della sentenza per violazione dell’art. 629 c.p. e per manifesta illogicità della motivazione, avendo ritenuto l’estorsione senza motivare sulla sufficienza della minaccia, inidonea ad incutere timore e coartare la volontà della parte offesa;

4) omessa ed illogica motivazione riguardo alla pena, inflitta in misura eccessiva;

Z.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c) e).

1-2) nullità della sentenza per violazione dell’art. 629 c.p. e per manifesta illogicità della motivazione, avendo ritenuto il reato di estorsione senza motivare sulla minaccia, inidonea ad incutere timore e coartare la volontà della parte offesa;

la sentenza sarebbe illogica anche per avere omesso di considerare che lo Z. non aveva proferito minacce e che si era limitato ad accompagnare il F.;

3) la condotta dello Z. era stata determinata dalla necessità di reperire somme per il sostentamento della famiglia, sicchè allo stesso andava riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 1;

4-5-6-7) in ogni caso, la Corte di appello aveva errato nel negare le attenuanti di cui:

all’art. 62 c.p., n. 4, che ricorreva stante la modestia della somma versata dall’ I.; – all’art. 114 c.p., che andava riconosciuta per il comportamento marginale e meramente passivo dello Z.;

8-9) la pena era stata inflitta in misura superiore ai minimi edittali, senza tenere conto della minor gravità della condotta del ricorrente e delle ragioni che lo avevano spinto a tale azione;

CHIEDONO l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il primo motivo proposto dal ricorrente F. è inammissibile perchè del tutto generico, atteso che si limita a dedurre l’omessa notifica del decreto di citazione al giudizio di appello, senza aggiungere alcuna altra specificazione.

Deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi privi di specificità, intesa la genericità come indeterminatezza. (Cassazione penale, sez. 2^, 08/04/2010, n. 16329).

Nella specie si deduce l’omessa notifica ma si trascura del tutto di indicare quando e come sia stata effettuata la notifica e in qual modo si sia determinata l’impossibilità per l’imputato di venire a conoscenza del processo di appello.

Tali precisazioni erano necessarie ai fini della specificità del ricorso in quanto la nullità assoluta ed insanabile della citazione dell’imputato, ex art. 179 c.p.p., ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, mentre non ricorre nei casi in cui risultino violate le regole relative alla modalità di esecuzione della notifica, per i quali è applicabile la sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p. (Cassazione penale, sez. 6^, 04/07/2008, n. 34170).

Anche i restanti motivi sollevati riguardo al merito, da entrambi i ricorrenti F. e Z., appaiono totalmente infondati, atteso che la sentenza di appello richiama la motivazione di primo grado nella quale era ampiamente descritta la condotta minacciosa posta in essere dagli imputati e l’idoneità a coartare la volontà della parte offesa che, in effetti, si era determinata a versare una somma di denaro.

Il Gup riporta in sentenza la telefonata con la quale si è proferita una precisa minaccia di morte, finalizzata al versamento di denaro:

"se ci tieni a vivere devi portare lunedì mattina alle ore 10 del mattino 10.000,00 Euro sulla discesa dell'(OMISSIS)"; telefonata pienamente idonea a fornire la prova; – sia della idoneità della minaccia, spinta sino a minacciare la morte della vittima, a nulla rilevando che si verifichi una effettiva intimidazione del soggetto passivo (Cassazione penale, sez. 2^, 13/11/2001, n. 5426) e: – sia della finalizzazione della condotta al perseguimento di un ingiusto profitto patrimoniale.

Nel giudizio di appello, è consentita la motivazione "per relationem", con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso, come nella specie (Cassazione penale, sez. 4^, 17 settembre 2008. n. 38824).

Entrambi i ricorrenti trascurano, per altro, di considerare che la sentenza di appello ha sottolineato, in risposta ai motivi di gravame:

– per il F., come il medesimo non avesse negato di essere stato l’ideatore ed organizzatore del piano estorsivo e come le minacce (pag. 4 motivaz. appello) avessero effettivamente avuto effetto, tanto da indurre la parte offesa al versamento di una somma di denaro; (pag. 3 app.);

– per lo Z., come egli sia stato presente nei momenti cruciali dell’azione e come la sua partecipazione attiva all’attività estorsiva emergeva dal significativo ritrovamento, indosso allo stesso, di alcune delle banconote poco prima consegnate dalla parte offesa;(pag. 5 app.).

La sentenza impugnata risulta congruamente motivata anche riguardo al diniego delle attenuanti richieste dallo Z., avendo osservato:

– riguardo all’attenuante ex art. 61 c.p., n. 4 che la somma di Euro 300,00, per quanto non eccessiva, non rientrava nei parametri della speciale tenuità, in conformità alla giurisprudenza, anche di questa sezione, che ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità fa riferimento non solo al valore economico del danno che deve essere di "modestissima" entità, ma anche agli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto in oggetto, sicchè solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici, come nella specie. (Cassazione penale, sez. 2^, 20/01/2010, n. 19308);

– riguardo all’attenuante di cui all’art. 114 c.p., che l’apporto dello Z. non era stato di minima importanza, avendo accompagnato il F. nel corso della fase esecutiva ed avendo collaborato con il coimputato nel momento dell’arrivo dei militari in borghese (pag. 7); tale motivazione è coerente e rispettosa dei principi espressi dalla Giurisprudenza di legittimità che ha osservato come l’art. 114 c.p. configura come circostanza attenuante, l’opera del concorrente che abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, riferendosi ad una condotta che abbia obiettivamente avuto un valore marginale rispetto all’opera dei concorrenti e che sia stata non solo minore di quella dei correi, ma addirittura minima, sì da avere esplicato un’efficacia eziologica del tutto marginale e pressochè irrilevante nella produzione dell’evento, circostanza esclusa dalla Corte di appello nel caso di specie, con motivazione congrua e pertanto incensurabile in questa sede. (Cassazione penale, sez. 2^, 12/03/2010, n. 23610).

– riguardo all’attenuante ex art. 61 c.p., comma 2, n. 1, che la giustificazione dello Z. di avere agito al fine di "reperire somme di denaro per dare un sostentamento alla famiglia", era del tutto inidonea; con tale motivazione, sia pure sintetica, la Corte territoriale si è posta in adesione ai principi affermati dalla Giurisprudenza di legittimità che ha affermato come i motivi di particolare valore morale o sociale cui l’art. 62 c.p., comma 1, n. 1 sono soltanto quelli avvertiti come tali dalla prevalente coscienza collettiva, ed intorno ai quali vi sia un generale consenso, (Cassazione penale, sez. 1^, 29/04/2010, n. 20312).

Infine, sono patimenti infondati i motivi relativi al trattamento sanzionatorio, atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena; atteso che a tale riguardo si è richiamata la gravità del fatto e la personalità degli imputati.

Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. (Cassazione penale. sez. 4^, 04 luglio 2006, n. 32290).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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