Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 15-11-2011, n. 41699

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 13.01.2011, confermava la decisione emessa in data 09.02.2010 dal Tribunale di Bergamo che aveva condannato:

L.A.G. e F.R.:

capo D) per concorso nel reato di ricettazione, ex artt. 110 e 648 c.p., di un’autovettura Audi A3 S3 proveniente da furto commesso in data (OMISSIS) ai danni di M.F.;

capo C) il solo L.: del reato di ricettazione continuata di due assegni bancari provento del furto commesso in danno di M. F.; fatti accertati in data (OMISSIS)2002;

Ricorrono per cassazione gli imputati a mezzo dei difensori di fiducia, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

L.:

1) Il ricorrente censura la decisione impugnata per manifesta illogicità della motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato di ricettazione degli assegni bancari (capo c);

la corte di appello avrebbe illogicamente trascurato di considerare che il L. aveva consegnato i titoli ad una persona con cui aveva continuativi rapporti di affari e che quindi lo avrebbe certamente indicato come fonte degli assegni;

tale circostanza era chiaramente indicativa della buona fede dell’imputato che, ove avesse conosciuto l’origine furtiva dei titoli, li avrebbe negoziati in maniera da evitare la sua identificazione;

2) la sentenza era illogica perchè tali circostanze avrebbero dovuto condurre a ritenere, quanto meno, l’ipotesi contravvenzionale ex art. 712 c.p.;

3) anche riguardo all’imputazione di ricettazione dell’autovettura, ascritta al capo d) la motivazione era illogica perchè aveva trascurato di considerare che l’imputato aveva indicato la provenienza del veicolo, precisando di averlo ricevuto dal proprietario N.A. con l’incarico di venderla, senza essere a conoscenza dell’origine furtiva del mezzo; anche in tal caso si poteva al più ritenere l’ipotesi contravvenzionale ex art. 712 c.p.;

F.:

4) il ricorrente censura la sentenza impugnata per illogicità manifesta riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, trascurando di distinguere la posizione del concessionario L., da quella del F., che era un semplice cliente e che aveva ricevuto l’autovettura dalla concessionaria, "in prova" e in vista di un eventuale acquisto e che, pertanto, era del tutto inconsapevole sia dell’origine furtiva del veicolo che della falsità del documento di assicurazione;

la corte di appello avrebbe trascurato di considerare che la buona fede del F. emergeva dalla circostanza che egli aveva consegnato spontaneamente alla Polizia stradale i documenti del veicolo, cosa che non avrebbe fato ove fosse stato consapevole della loro falsità.

CHIEDONO l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

I ricorrenti propongono interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle prove, che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La Corte territoriale ha evidenziato, che la penale responsabilità degli imputati risultava evidente:

quanto al L.:

per avere negoziato i due assegni bancari (capo C) consegnandoli a tale A. e per non avere saputo fornire giustificazione alcuna sui motivi del loro possesso nonostante l’assenza di collegamento con quel conto corrente e nonostante l’importo consistente dei titoli;

per avere ricevuto l’autovettura Audi (capo D) di sicura provenienza delittuosa attesa la falsificazione del numero di telaio e dei documenti identificativi, circostanze che non potevano sfuggirgli attesa la sua qualità di venditore di autoveicoli;

riguardo al F.:

per avere la disponibilità dell’autovettura Audi, di provenienza furtiva, circostanza resa evidente dalla falsificazione dei documenti di circolazione e del certificato di assicurazione, in assenza totale di collegamenti documentali con il proprietario dell’autovettura;

Si tratta di motivazioni congrue perchè fondate su dati fattuali oggettivi ed immuni da illogicità perchè conformi alle massime di comune esperienza;

invero, i ricorrenti censurano la sentenza assumendo l’evidenza della loro buona fede, desumibile dalle circostanze sopra ricordate, ma i motivi non colgono nel segno perchè trascurano di considerare che la Corte trae la prova dell’elemento soggettivo:

per il L., dalla circostanza che egli era persona inserita nel commercio di autovetture, sicchè non poteva sfuggirgli:

a) di non avere alcun collegamento con il conto corrente di provenienza degli assegni negoziati;

b) di avere ricevuto l’autovettura Audi con i documenti falsificati;

per il F., dalla circostanza che egli aveva la disponibilità dell’autovettura Audi, munita di documenti di circolazione e del certificato di assicurazione falsificati, senza alcun documento proveniente dal formale intestatario del mezzo atto a giustificare il suo possesso.

Si tratta di una motivazione priva di manifesta illogicità in quanto corrisponde alle massime di comune esperienza l’avere valorizzato i dati dell’assenza di documentazione: riguardo al consenso del proprietario alla circolazione dell’autovettura e: riguardo alla concessione dell’uso del mezzo "in prova" da parte della concessionaria, circostanza restata allo stadio enunciativo;

le censure mosse dai ricorrenti alla motivazione involgono valutazioni in fatto e come tali inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, la Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. (Cassazione penale, sez. 2^, 21/09/2010. N. 36276).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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