Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 15-11-2011, n. 41698

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La Corte di appello di Caltanissetta, con decisione del 16.12.2010, confermava la sentenza emessa in data 04.03.2010 dal Tribunale di Gela che aveva condannato:

C.R. per il reato di ricettazione di n. 4 assegni bancari di provenienza delittuosa; fatti del 26.11.2002;

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c) e).

1) nullità della sentenza per violazione degli artt. 157, 161, 171 e 419 c.p.p. avendo respinto l’eccezione di difetto di notifica del decreto di citazione a giudizio;

la Corte territoriale avrebbe disatteso le risultanze della certificazione di residenza storica dalla quale emergeva che all’epoca del giudizio di primo grado l’imputato risiedeva in (OMISSIS) e non già alla Via (OMISSIS) ove era stata effettuata la notifica;

2) nullità della sentenza per violazione degli artt. 648 e 712 c.p., atteso che erroneamente si era ritenuta la ricettazione trascurando di considerare che dagli atti emergeva solo la prova di una condotta negligente, integratrice dell’ipotesi contravvenzionale dell’incauto acquisto, come era dimostrato dalla circostanza che l’imputato aveva personalmente negoziato gli assegni, così non ostacolando la successiva identificazione;

in ogni caso la motivazione era carente per non avere considerato il parametro dell’"oltre ogni ragionevole dubbio";

3) erroneamente:

non era stata ritenuta l’attenuante speciale di cui all’art. 648 c.p., comma 2;

era stata negata la sospensione condizionale della pena, trascurando di effettuare il necessario giudizio prognostico;

era stato confermato il provvedimento del Tribunale di revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena e si era omesso di applicare l’indulto sulle pene inflitte; invero, a seguito dell’estinzione delle pene per effetto dell’indulto, si sarebbe potuto concedere il richiesto beneficio della sospensione condizionale della pena;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il primo motivo è totalmente infondato in quanto trascura di considerare la motivazione della Corte di appello che, contrariamente a quanto sostenuto del ricorrente, attesta che dal certificato dello stato civile in atti risulta che l’imputato è residente alla Via (OMISSIS), ove è stata effettuata la notifica;

la Corte del merito osserva che la notifica risulta effettuata in maniera corretta, anche perchè effettuata nel luogo a suo tempo eletto quale domicilio dallo stesso imputato (pag. 3 motivaz.).

La fondatezza della motivazione della Corte territoriale è confermata dalla lettura degli atti processuali, da cui emerge l’elezione di domicilio in Via (OMISSIS), effettuata dallo stesso C. nel verbale del 17.06.2004.

La motivazione risulta immune da censure poichè è noto che l’elezione di domicilio dell’imputato conserva il suo valore fino a quando non venga espressamente revocata, circostanza non dedotta nel ricorso. (Cassazione penale, sez. 6^, 21/03/2003, n. 21428).

Anche i restanti motivi proposti sono totalmente infondati.

Non può dolersi il ricorrente della revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena, precedentemente concessi, perchè la revoca della sospensione condizionale della pena deve essere sempre disposta, eventualmente anche dal giudice dell’esecuzione, quando sia stata concessa per più di una volta, o per più di due volte nel caso previsto dall’art. 164 c.p., u.c., (Cassazione penale, sez. 1^, 18/11/2008, n. 48158).

Il ricorrente lamenta che l’applicazione dell’indulto avrebbe consentito di evitare la revoca del beneficio della pena sospesa trascurando di considerare il principio giurisprudenziale per il quale deve ritenersi legittima la revoca della sospensione condizionale della pena per successiva condanna a pena interamente condonata, in quanto l’indulto non fa cessare gli effetti penali della condanna. (Cassazione penale, sez. 1^, 06/05/2010, n. 18124).

Quanto al merito della decisione, il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione degli stessi elementi che risultano vagliati dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La Corte territoriale ha evidenziato che l’imputato, pur affermando di avere ricevuto in buona fede gli assegni, non è stato in grado di fornire alcun elemento di natura documentale sulla provenienza dei titoli e sulle modalità di ricezione e, del tutto correttamente, ha ricavato da tale comportamento la prova dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione;

si tratta di una motivazione che, per un verso, esclude la ricorrenza della contravvenzione di cui all’art. 712 c.p. e, per altro verso, risulta immune da illogicità evidenti in quanto fondata sull’osservazione che l’imputato aveva personalmente compilato gli assegni all’atto della negoziazione (pag. 1 motivaz.) pur non riuscendo a dimostrare il collegamento con il conto di provenienza, il tutto in linea con la Giurisprudenza, anche di questa sezione, che ha affermato il principio per il quale, in tema di ricettazione, la consapevolezza dell’agente della provenienza delittuosa della cosa acquistata o ricevuta può desumersi da qualsiasi elemento, e, in particolare, dall’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. (Cassazione penale, sez. 2^, 22/01/2008, n. 5996).

Del pari ineccepibile risulta la motivazione impugnata nella parte in cui ha escluso l’ipotesi attenuata ex art. 648 c.p., comma 2 sulla base dell’osservazione che l’attenuante era esclusa dalla pluralità e reiterazione degli episodi, in conformità al principio giurisprudenziale per il quale l’attenuante in questione va esclusa quando emergano elementi negativi sotto il profilo soggettivo, come ad esempio la capacità a delinquere dell’agente. (Cassazione penale, sez. 2^, 09/07/2010, n. 28689).

La presente motivazione è assorbente degli altri motivi e deduzioni proposti.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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