Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8148 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 25.3.2004 F. e B.G., proprietari di alcuni appezzamenti di terreno in (OMISSIS), agivano innanzi al Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Gallipoli, nei confronti di D.M.L., in reintegrazione del possesso di una servitù di passo, esercitata su di un tratturo posto nella proprietà di quest’ultimo, impedita dall’apposizione lungo il percorso di una catena sorretta da paletti.

Nel resistere in giudizio il convenuto negava di aver apposto l’ostacolo al passaggio lungo il tracciato ed eccepiva la non integrità, del contraddittorio, poichè la strada apparteneva in comunione anche a D.M.G., C., A. e L. (eredi di De.Ma.Gi.), nonchè a d.m.

g. e a C.M. (come lui, eredi di D.M. N. O.e.e.l.d.c.n.c. d.c.c.s.c.i.g.i.T.r.

l.d.c.o.1.i.c.d.

f.c.g.a.d.l.p.f.i.

c.d.f.p.s.

G.d.Bortone ,.t.p.e.d.n.d.

C.d.d.L.l.q.i.l.c.c.l.n. d.u.c.d.n.m.a.l.d.p. c.i.De Matteis -.Caputo a.r.g.a.n. p.d.p.C.Leonardo @De Matteis a.s.d.

d.g.d.g.c.c.i.i.t.i.

Bo. e An., G., g., C., L. e D.M.A., dichiarando, infine, compensate le spese di primo grado e irripetibili quelle d’appello tra i B. e C.M.. Le spese della c.t.u. erano poste a carico, invece, dei soli D.M.L. e C.M., con diritto di rivalsa dei B. per quanto già anticipato.

Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte salentina, riteneva nulla l’ordinanza-sentenza di primo grado, atteso che la natura bifasica del procedimento possessorio avrebbe richiesto, esaurita la fase sommaria diretta all’emissione dei provvedimenti interdittali, di procedere alla trattazione della causa secondo le regole della cognizione piena, mentre il Tribunale aveva definito il giudizio con la medesima ordinanza con la quale aveva respinto l’istanza di emissione delle misure temporanee.

Nel merito, identificato e compiutamente descritto il locus servitutis sulla base dei rilievi del c.t.u., reputava dimostrato il possesso sia a stregua della relazione di quest’ultimo, che aveva evidenziato la presenza dello stradone (o tratturo), risalente nel tempo per tutto il suo tracciato, sicchè sul piano logico non vi era alcuna ragione che ne avesse ostacolato l’uso da parte dei B.;

sia in base alla corrispondenza intercorsa tra D.M.L. e B.G., nel senso che le diffide comunicate dal primo al secondo deponevano per l’esistenza di un possesso del passo, piuttosto che di un’attività di passaggio oggetto di mera tolleranza. Riteneva infondata, inoltre, l’eccezione di decadenza dall’azione di spoglio, essendo documentalmente provato che quest’ultimo era stato commesso pochi giorni prima della proposizione della domanda giudiziale. Affermava vano, infine, richiamare la presenza di una precedente chiusura della strada con cavo e lucchetto, sia perchè non provata, sia in quanto nella stessa comparsa di risposta di D.M.L. tale chiusura era esistita fino a pochi anni a dietro, di guisa che un si rilevante distacco di tempo non permetteva di ritenere collegati tra loro i vari atti di possesso del passo, ai fini della decorrenza del termine annuale di decadenza.

Quanto alla responsabilità per la lesione possessoria, la Corte leccese attribuiva a D.M.L. l’attività materiale di spoglio, e agli altri appellati la soggezione all’attività esecutiva di rimozione dell’ostacolo apposto all’esercizio del possesso, essendosi costoro dichiarati comproprietari dello stradone.

Per la cassazione di detta sentenza ricorrono D.M.L., in proprio e quale tutore di g.d.m., e C.M..

Resistono con controricorso F. e B.G..

Gli altri intimati – De.Ma.An., G., C., L. e A. – non hanno svolto attività difensiva.

I ricorrenti hanno altresì depositato memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 180, 183 e 184 c.p.c. e la conseguente nullità della sentenza d’appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione dell’art. 111 Cost. sul giusto processo.

Parte ricorrente lamenta, al riguardo, che la Corte territoriale, dichiarata la nullità del provvedimento che aveva definito il giudizio innanzi al Tribunale, ed esclusa l’applicabilità dell’art. 354 c.p.c., non ricorrendo alcuna delle ipotesi tassative di rimessione della causa al primo giudice, avrebbe dovuto procedere mediante la sequenza, inderogabile, scandita dagli artt. 180, 183 e 184 c.p.c.. Invece, la Corte salentina, ha nominato un ct.u., così come richiesto dagli appellanti, per di più quando l’originario stato dei luoghi era stato modificato rispetto alla situazione esistente alla data di introduzione del giudizio. In tal modo la Corte territoriale ha ammesso gli appellanti a provare le loro tesi, ma ha contraddittoriamente negato lo stesso diritto agli appellati, di guisa che ha ritenuto non provate circostanze di fatto ed eccezioni che, se accolte, avrebbero condotto alla reiezione della domanda.

Illustra, quindi, una serie di temi in tutto o in parte ignorati dalla sentenza impugnata, e da ciò deduce che "pertanto la stessa Corte ha impedito ai convenuti di meglio dedurre e provare" (v. pag.

66 del ricorso).

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 2700 c.c., artt. 116 e 750 c.p.c., nonchè l’omesso esame di documenti decisivi ai fini della controversia e la conseguente omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Lamenta, in particolare, l’omesso esame dell’atto di vendita notaio Placì del 31.5.1975 e dell’allegato tipo di frazionamento e planimetria in cui è rappresentato lo stradone costituito con il predetto rogito notarile.

3. – Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., nonchè degli artt. 61 e ss. e 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame di documenti decisivi per il giudizio. In particolare deduce l’omesso esame dei documenti relativi alla causa di divisione tra i sigg.ri M.A., M.G. e Muzj Rosario ,.d.u.p.e.Bortone Rosa e.Bortone Concetta ,.

d.e.i.p.l.e.d.c. d. C.N. e dell’allegata planimetria, in cui è rappresentato uno stradone che corrisponde all’attuale strada carraia che ha inizio dalla strada comunale (OMISSIS) e che si congiunge allo stradone di proprietà dei convenuti costituito con il rogito Placì. 4. – Con il quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e ss. c.p.c. e art. 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame di documenti decisivi per il giudizio, costituiti dalle visure catastali relative alle particelle nn. 19, 90,104, 153 e 170, prodotte in primo grado.

5. – Il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62 e 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame delle censure formulate dagli appellati alla c.t.u. e della documentazione fotografica e tecnica prodotta, con conseguente omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

6. – Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c. e l’omesso esame delle deposizioni degli informatori e conseguente omessa, insufficiente ed illogica circa un fatto controverso e decisivo. Si lamenta, in particolare, l’omesso esame delle deposizioni degli informatori indicati dai convenuti e sentiti in primo grado, mentre la Corte d’appello ha ritenuto di utilizzare ai fini della decisione, gli informatori sentiti ad istanza di parte ricorrente.

7. – Con il settimo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c., e la mancata ammissione delle prove testimoniali indicate in appello, con conseguente omessa, insufficiente ed illogica circa un fatto controverso e decisivo. Nel motivo sono riportati i capp. di prova dedotti (v. pag. 151).

8. – L’ottavo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c. e l’omessa pronuncia in ordine all’eccezione di incapacità a testimoniare dei coloni del fondo B., e alla conseguente eccezione di nullità della deposizione resa, con conseguente omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo.

9. – Il nono motivo concerne la violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., con riguardo all’eccezione di improcedbilità della domanda per decorrenza del termine annuale, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2733 c.c., comma 3, e vizio di motivazione.

Si contesta l’affermazione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la chiusura della strada con catena e lucchetto rispetto ai precedenti impedimenti non rappresentava una progressione del medesimo iter esecutivo. Sostiene parte ricorrente che l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui i convenuti non avrebbero adeguatamente prospettato i fatti posti a base dell’eccezione, affermazione che muove dal fatto che l’avv. D. M.L. aveva dichiarato, nella comparsa di risposta di primo grado, che il cavo d’acciaio con lucchetto a chiusura de; passo era presente fino a pochi anni a dietro. Tale dichiarazione, sostiene parte ricorrente, è stata fatta per mero errore e non ha alcuna efficacia probatoria rispetto alle altre parti convenute, che avevano dedotto che la predetta chiusura era presente in loco fino a poco tempo a dietro.

Sostiene, inoltre, parte ricorrente, che la preesistenza del cavo in acciaio con lucchetto era stata confermata dalle dichiarazioni rese in primo grado dai signori C.A., D.O. e Q.A..

10. – Con il decimo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e 1168 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla rappresentazione dei luoghi, avendone la Corte ricostruito le caratteristiche in base alla relazione del c.t.u., del tutto falsa alla luce del rogito notaio Placì del 31.5.1975. 11. – L’undicesimo motivo denuncia la violazione falsa applicazione degli artt. 1168 e 1362 e ss. c.c., nonchè l’insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo.

Sostiene parte ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che sul piano documentale il possesso del passo sia provato dal tenore della corrispondenza tra D.M.L. e B.G., è insufficiente e generica, atteso che non chiarisce quale sarebbe il tenore di tale corrispondenza da cui si desumerebbe una ammissione.

Invero, afferma parte ricorrente, con la lettera 16.12.2003 l’avv. D.M.L. aveva lamentato due transiti di camion da parte di maestranze che trasportavano materiale edile per il fabbricato delle controparti; e con il successivo carteggio con l’avvocato dei B. aveva replicato negando ogni diritto e ogni possesso in favore di questi ultimi.

12. – Violazione e falsa applicazione degli art. 1140 e 1168 c.c. nonchè l’omesso esame di documenti e l’omessa e insufficiente motivazione su di un fatto decisivo, consistente nello stato di interdizione di D.M.G., la quale per la sua malattia non avrebbe potuto essere autrice materiale o morale dello spoglio.

13. – Il tredicesimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 324, 329 e 112 c.p.c., in quanto il provvedimento di rigetto del ricorso proposto dai ricorrenti contro l’avv. D.M.L., inizialmente indicato come autore materiale dello spoglio, ha natura di sentenza e su di esso si è formato il giudicato interno, non avendo gli originari ricorrenti più proposto tale originaria domanda, modificata nel senso di indicare il predetto e tutti gli altri convenuti D.M. – C. come autori morali del preteso spoglio.

14. – Con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo e controverso, in quanto il ragionamento della Corte territoriale è viziato dal fatto di ritenere inesistente lo stradone costituito dal rogito notaio Piaci e di travisare il senso logico e letterale delle missive preprocessuali dell’avv. D.M.L..

15. – Il quindicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c. nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto la Corte territoriale ha errato nel ritenere che gli odierni ricorrenti siano autori morali del preteso spoglio poichè si sarebbero proclamati comproprietari dello stradone, evidentemente riferendosi allo stradone interpoderale, mentre, in realtà, gli odierni ricorrenti si sono detti proprietari solo della strada costituita con il più volte citato atto pubblico notaio Piaci.

16. – Con il sedicesimo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., e dell’art. 116 c.p.c., nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè l’omessa e insufficiente motivazione lì dove ha tratto la responsabilità di D.M. L., quale autore morale dello spoglio, sulla base della netta opposizione di lui, nel processo, a che fosse ripristinata la situazione dei luoghi, della cui alterazione egli aveva tratto vantaggio; e ha ricavato la responsabilità degli altri convenuti- appellati dalla circostanza che essi si erano proclamati comproprietari dello stradone.

17. – Il diciassettesimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 97 c.p.c., nonchè il vizio motivazionale, lamentando l’irrazionalità della condanna di D. M.L. alle spese del doppio grado di giudizio, e la compensazione, invece, delle spese stesse tra gli appellanti e gli altri appellati.

18. – Il primo motivo è infondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che la mancata concessione da parte del giudice di primo grado dei termini di cui agli artt. 180, 183 e 184 cod. proc. civ. (secondo la formulazione successiva alle norme modificative del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432 conv. nella L. 20 dicembre 1995, n. 534, e prima delle modifiche apportate dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, oltre che dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263), non comporta nè la nullità della sentenza di primo grado nè la regressione della causa ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ., stante la tassatività delle ipotesi da quest’ultimo previste che non ricomprendono quella della asserita violazione delle suddette disposizioni del codice di procedura civile. Ne consegue che, essendo le norme che regolano la sequenza delle udienze di cui agli artt. 180 e 183 cod. proc. civ. poste a tutela del diritto di difesa delle parti ed avendo natura inderogabile, qualora il giudice di appello ravvisi un vizio del procedimento consistente nella mancata assegnazione al convenuto del termine di cui all’art. 180 cod. proc. civ., è tenuto soltanto a rimettere in termini le parti per l’esercizio delle attività deduttive ed istruttorie non potute esercitare in primo grado (Cass. nn. 22900/05, 4448/07, 20122/09).

Ove sia mancata detta rimessione in termini, che non richiede necessariamente la mimesi delle cadenze del processo di primo grado (essendo comunque sufficiente consentire le deduzioni assertive e probatorie necessaire alla difesa), si verifica un vizio del procedimento, in quanto tale denunciabile in sede di legittimità se ed in quanto si sia in concreto tradotto in una specifica e concreta compromissione della difesa e del contraddittorio (cfr. per tutte e da ultimo, sui limiti di rilevanza delle nullità in sede di ricorso per cassazione, Cass. n. 18635/11).

Nel caso in esame tale pregiudizio è allegato attraverso la mera petizione di principio di non aver potuto provare svariate circostanze di fatto che, se accolte, avrebbero condotto alla reiezione della domanda, ma in nessun caso è fornita la relativa dimostrazione, sicchè la censura non eccede la soglia della mera doglianza di violazione del diritto obiettivo, non supportata dalla componente soggettiva dell’interesse all’osservanza della norma.

19. – Il nono motivo, che avendo ad oggetto la proponibilità della domanda nel termine annuale di cui all’art. 1168 c.c., comma 1 deve essere esaminato con priorità rispetto agli altri, è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di essi soltanto se quelli successivi, essendo strettamente collegati e connessi, devono ritenere prosecuzione della stessa attività;

altrimenti, quando ogni atto – presentando caratteristiche sue proprie – si presta ad essere considerato isolatamente, il termine decorre dall’ultimo atto (così, Cass. n. 16239/03, la quale ha ritenuto corretta la decisione del giudice di appello che aveva considerato autonomo l’atto di spoglio, realizzato dai resistenti attraverso la sostituzione del lucchetto di chiusura della catena delimitante l’accesso esercitato dal ricorrente, rispetto a una precedente condotta spogliativa dei resistenti che due anni prima avevano apposto una recinzione con paletti infissi al suolo e collegati con catene; in senso conforme, v. Cass. 2952/05).

Nello specifico, la Corte d’appello ha respinto l’eccezione di decadenza dall’azione per decorso del termine di cui all’art. 168 c.c., comma 1, in quanto, essendo risultato documentalmente che l’ultimo sotto di spoglio, cui i B. avevano reagito con la proposizione del ricorso possessorio del 25.3.2004, era stato posto in essere pochi giorni prime, ha ritenuto che la precedente chiusura del passo con cavo e lucchetto, oltrechè non provata, contrastasse con la stessa tesi di D.M.L. secondo cui detta chiusura era esistita "fino a pochi anni addietro", e che, inoltre, un così rilevante distacco temporale non permetteva di ritenere il collegamento, peraltro solo asserito, tra i vari atti, che imponevano di considerare il primo solo quando essi si configurassero in guisa tale da rappresentare una progressione del medesimo iter esecutivo, che nella specie non risultava neppure adeguatamente prospettata.

Detta motivazione, in se congrua, logica e corrispondente all’indagine richiesta ai fini in questione, si sottrae al sindacato tali legittimità, e non implica un malgoverno dell’art. 2733 c.c., comma 3, perchè – a tacere del fatto che detta disposizione non si riferisce al litisconsorzio facoltativo (qual è indubitabilmente quello derivante dalla proposizione di una caratterista azione di condanna, come quella introdotta in un giudizio possessorio) – la confessione, giudiziale o stragiudiziale, ha per oggetto la verità di un fatto oggettivamente e soggettivamente sfavorevole al dichiarante e favorevole all’altra parte (art. 2730 c.c.), e tale non è il fatto principale o secondario, allegato, rispettivamente, in funzione assertiva o probatoria, che pur essendo funzionale alla difesa in giudizio finisca per ritorcersi, in virtù del complessivo apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c., contro la stessa parte che lo ha dedotto.

20. – L’undicesimo motivo, che attiene al nucleo stesso della decisione e perciò può essere esaminato prima degli altri per il suo carattere assorbente, è fondato.

Il possesso, quale potere di fatto sulla res qualificato dal corrispondere alla proprietà o ad altro diritto reale, assume rilievo ai fini cella tutela accordata dall’ordinamento in quanto il suo esercizio si sia apprezzabilmente consolidato nel tempo, in guisa da manifestarsi all’esterno non come mera pretesa o attività occasionale, ma come signoria effettiva e inequivoca, per la cui configurazione non è sufficiente il solo difetto cell’altrui tolleranza. Diversamente, ogni singolo atto riconducibile alla tipologia dell’art. 1140 c.c. radicherebbe il possesso e, di conseguenza, convertirebbe un’attività lesiva in una situazione giuridica essa stessa oggetto di tutela. Nel caso del possesso di un passo occorre, pertanto, che l’attività corrispondente al diritto sia stata svolta, pur nella discontinuità coessenziale alla natura di tale servitù, per un lasso di tempo sufficiente a denotare l’instaurazione di un potere esercitato sul fondo altrui.

Nella fattispecie, la Corte salentina ha tratto il possesso della servitù di passo dalle tracce di transito di mezzi meccanici gommati lungo il locus servitutis in prossimità del fondo di proprietà B.; dal tenore della corrispondenza tra le parti; e da non meglio precisate dichiarazioni rese dagli informatori nella fase sommaria del procedimento, attribuendo a queste ultime una seppur marginale valenza di riscontro delle "ben più rilevanti risultanze acquisite".

Tuttavia, la circostanza che vi siano stati più atti di passaggio lungo la proprietà D.M. per raggiungere quella dei B., tanto da provocare la reazione scritta di D.M. L., il quale, come si legge nella sentenza impugnata, con lettera del 16.12.2003 lamentò che dal precedente mese di luglio lo stradone era stato illegittimamente e arbitrariamente utilizzato con mezzi meccanici dalle maestranze edili incaricate da B. G., non vale a dimostrare il consolidarsi del possesso della servitù, in difetto di una più chiara ricostruzione tempistica dei fatti, non altrimenti desumibile dalla sentenza impugnata, la cui motivazione, pertanto, deve ritenersi in parte qua insufficiente.

21. – L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame dei restanti.

22. – Per le considerazioni svolte, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, respinti il primo e il nono motivo ed assorbiti tutti gli altri, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie l’undicesimo motivo, respinti il primo e il nono e assorbiti tutti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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