Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-10-2011) 15-11-2011, n. 41697 Cognizione del giudice d’appello capi della sentenza e punti della decisione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Forlì, con sentenza del 08.10.2007, dichiarava:

C.I. e C.S. responsabili in concorso dei delitti:

a) rapina impropria aggravata dal numero delle persone, ex artt. 110 e 628 cpv c.p. perchè dopo essersi impossessati della somma di Euro 390,00, sottraendola a U.P., prostituta nigeriana che avevano ospitato nella loro abitazione per prestazioni sessuali, usavano violenza nei confronti della stessa per mantenere il possesso del denaro, percuotendola ripetutamente e costringendola ad uscire dalla predetta abitazione;

b) lesioni personali, ex artt. 110 e 582 c.p., art. 576 c.p., n. 1 e art. 61 c.p., n. 2 in danno della predetta U., commettendo il reato per conseguire quello sopra ascritto;

il solo C.I.:

c) tentata violenza carnale, ex artt. 56 e 609 bis c.p. nei confronti della predetta U.; fatti del (OMISSIS);

Gli imputati proponevano impugnazione avverso tale decisione e la Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 29.10.2010, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, riduceva le pene inflitte agli imputati, confermava nel resto;

Ricorre per cassazione il Difensore degli imputati, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1) nullità della sentenza per violazione di legge, avendo ritenuto la circostanza aggravante di cui all’art. 576 c.p., n. 1 – in relazione all’art. 61 c.p., n. 2 – senza considerare che la violenza adoperata dopo la sottrazione per assicurarsi il possesso della cosa sottratta è elemento costitutivo del reato di cui all’art. 628 cpv c.p. sicchè, in ragione del principio di specialità, non poteva essere valutata una seconda volta a titolo di circostanza aggravante del nesso teleologico) prevista dall’art. 576 c.p., n. 1 in relazione all’art. 61 c.p., n. 2. 2) nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione:

in relazione all’inattendibilità della parte offesa che aveva dichiarato di avere ricevuto Euro 10,00 da C.S., circostanza restata smentita a seguito della perquisizione operata dalla PG, nel corso della quale la U. non veniva trovata in possesso della predetta somma;

in relazione alle risultanze del certificato medico rilasciato dal pronto soccorso del tutto incongrue rispetto alle lesioni descritte dalla parte offesa;

in relazione al tentativo di un secondo rapporto sessuale posto in essere da C.J. e alle modalità della violenza, per le quali la Corte di appello aveva omesso di confrontare le dichiarazioni rese sull’argomento dalla parte offesa in sede di denuncia rispetto a quelle diverse rese dalla medesima in dibattimento, tali da comportare l’incertezza sullo svolgimento dei fatti e sull’attendibilità della parte offesa;

in relazione all’intervento del coimputato C.S., per la quale la parte offesa aveva reso dichiarazioni palesemente incongruenti, a fronte delle quale risultavano più verosimili e logicamente spiegabili quelle rese dallo stesso ricorrente, che aveva sostenuto la sua estraneità, non essendovi prova della sua partecipazione all’azione del fratello C.J.;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è totalmente infondato.

Quanto al primo motivo, occorre osservare che la questione della compatibilità dell’aggravante ex art. 61 c.p., n. 2 con l’imputazione di rapina impropria non compare affatto nei motivi di appello, incentrati sull’accertamento del merito e sulla congruità della pena.

Ne deriva l’impossibilità di censurare – in sede di legittimità – la decisione della corte di appello per omessa motivazione al riguardo, atteso che in tema di ricorso per cassazione non sono proponibili questioni coinvolgenti valutazioni mai prima sollevate.

(Cassazione penale, sez. 3^, 01 luglio 2008. n. 35889).

Invero, questa Corte (Cass. Sez. 4^, 18/05/1994 – 13/07/1994, n. 7985) ha infatti affermato che sussiste violazione del divieto di "novum" nel giudizio di legittimità quando siano per la prima volta prospettate in detta sede questioni coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate;

si tratta di un principio che rileva anche in questa sede, atteso che la contestazione dell’aggravante ex art. 61 c.p., n. 2 coinvolge comunque una valutazione del fatto.

Quanto al merito, va osservato che il ricorso non è stato formulato alla stregua dell’art. 606 c.p.p. ma si sostanzia in una richiesta di una terza valutazione di merito;

invero, il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi, che risultano vagliate dalla Corte di appello, con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La Corte territoriale ha evidenziato:

che la parte offesa risultava attendibile per la precisione del suo racconto e per il riscontro costituito dagli accertamenti operati dalla PG e dalla certificazione medica, così che emergeva chiara la penale responsabilità di C.J. quanto alle condotte violente ed alla sottrazione del denaro, nonchè il concorso del fratello C.S. che, intervenuto a dar man forte allo C.J., aveva colpito la donna con uno schiaffo e quindi le aveva allungato la somma di Euro 10,00 spingendola quindi fuori di casa;

che le incongruenze segnalate dalla Difesa erano:

in alcuni casi inesistenti; al riguardo la Corte Territoriale segnala, per un verso, l’erroneità della lettura delle dichiarazioni rese dalla parte offesa nelle varie sedi, per altro verso, che la questione del mancato ritrovamento del denaro non è rilevante, atteso che le parti non hanno ritenuto di insistere per l’audizione sul punto dell’Ufficiale di PG che aveva eseguito l’atto ed, infine, che il referto medico era compatibile con i colpi che la donna ha riferito di avere ricevuto nel corso della rapina, e:

in altri casi insufficienti a minare il quadro probatorio perchè riguardanti aspetti marginali;

Si tratta di motivazioni congrue perchè fondate su dati fattuali oggettivi ed immuni da illogicità perchè conformi alle massime di comune esperienza; per contro, i motivi di ricorso proposti, si risolvono in interpretazioni alternative delle medesime prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, se abbiano analizzato il materiale istruttorio facendo corretta applicazione delle regole della logica, delle massime di comune esperienza e dei criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. (Cassazione penale, sez. 4^, 29 gennaio 2007, n. 12255).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati in solido al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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