Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8147

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Svolgimento del processo

Con sentenza n. 3971/2004 il Tribunale di Roma – adito da R. G. nei confronti della Regione Lazio e della s.r.l. SI.CE.ME. – respinse la domanda dell’attore, diretta ad ottenere la dichiarazione dell’avvenuta usucapione, da parte sua, di un appezzamento di terreno in Roma, nel quale esercitava un’impresa commerciale di materiale nautico e di campeggio.

L’impugnazione proposta avverso tale sentenza da R.D., + ALTRI OMESSI è stata dichiarata inammissibile con sentenza n. 4977/2009 dalla Corte d’appello di Roma, la quale ha rilevato: – che l’atto introduttivo del giudizio di secondo grado era privo non solo del termine "citano", ma anche dell’indicazione della data dell’udienza di comparizione e dell’avvertimento prescritto dall’art. 163 c.p.c., n. 7; – che essendo rimasti gli appellati contumaci, era stata disposta la rinnovazione dell’atto; – che essa tuttavia, come aveva eccepito la s.r.l. SI.CI.ME., costituitasi all’uopo in giudizio, era avvenuta quando la sentenza impugnata era ormai passata in giudicato.

R.D., + ALTRI OMESSI hanno proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo, poi illustrato anche con memoria. La Regione Lazio e la s.r.l. SI.CI.ME. si sono costituite con distinti controricorsi.

Motivi della decisione

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso D.R., + ALTRI OMESSI lamentano che l’impugnazione da loro proposta avverso la sentenza di primo grado è stata dichiarata inammissibile nell’erroneo presupposto che la rinnovazione dell’atto di gravame non fosse idonea a sanare retroattivamente i vizi di quello precedente, in quanto era stata richiesta, autorizzata ed eseguita dopo la scadenza del termine di cui all’art. 327 c.p.c..

La censura risulta fondata, alla luce della ormai costante giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 5 maggio 2004 n. 8539, 23 luglio 2004 n. 13847, 31 maggio 2005 n. 11607, 31 luglio 2007 n. 16877, 16 ottobre 2009 n. 22024; contra, ma rimasta isolata, Cass. 25 febbraio 2004 n. 3809), 21914/2010 secondo cui "la mancanza nella citazione di tutti i requisiti indicati dall’art. 164 c.p.c., comma 1, e, quindi, di tutti gli elementi integranti la vocatio in ius, non vale a sottrarla (anche se trattasi di citazione in appello) all’operatività dei meccanismi di sanatoria ex tunc previsti dal secondo e comma 3 della medesima disposizione; ne consegue che, quando la causa, una volta iscritta al ruolo, venga chiamata all’udienza di comparizione (che, per la mancata indicazione dell’udienza, dev’essere individuata ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., comma 4), il giudice, anche in appello, ove il convenuto non si costituisca, deve ordinare la rinnovazione della citazione, ai sensi e con gli effetti dell’art. 164 c.p.c., comma 1". Improprio è quindi il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, a Cass. s.u.

29 gennaio 2000 n. 16, che ha enunciato un principio diverso, ma a proposito di un vizio afferente alla editio actionis e con riferimento al testo previgente dell’art. 164 c.p.c., inapplicabile nella specie ratione temporis.

In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Roma, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, cui rimette anche la pronuncia sulle spese dei giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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