Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-10-2011) 15-11-2011, n. 41737

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 c.p.p. della richiesta di riesame proposta dall’indagato B.P., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 27.10.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di tentata estorsione, aggravata ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, ai danni di V.A., titolare della impresa Edilimpianti, formalmente intestata al cognato L.F.; fatti commessi nel (OMISSIS).

A ragione della decisione, il Tribunale richiama la conversazione intrattenuta da V.A. con B.S. il 16 giugno 2006 e, a riscontro, quella tra il V. e S.A., del (OMISSIS).

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore, avvocato Umberto Abate, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata denunziando violazioni di legge sostanziale e processuale e vizi della motivazione.

Deduce in particolare che gli elementi indiziari considerati, due sole conversazioni, erano privi di diretta e univoca conducenza; che erano stati violati i consolidati principi in materia di apprezzamento della portata indiziante di dichiarazioni etero accusatorie; che, trattandosi inoltre di dichiarazioni de relato (in entrambe le occasioni il V. riferiva quanto appreso da terzi), le stesse non erano state esaminate con la dovuta cautela e il necessario approfondimento, tanto più a fronte della circostanza che i conversanti cercavano di individuare il personaggio di cui parlavano attraverso indicazioni fisiche, che dimostrava la mancanza di sicurezza sulla sua identità; che si era omesso, di conseguenza, di considerare che le conversazioni avevano valore di mero dato indiziario, privo di elementi di riscontro; che si era data illogica spiegazione al fatto che le richieste estorsive erano state materialmente riferite dai conversanti ad altri soggetti e, stravolgendosi i termini fattuali della contestazione, si era arbitrariamente e inverosimilmente affermato che, nel medesimo contesto territoriale e ai danni dello stesso soggetto, erano state realizzate due condotte estorsive, di cui una sola, tentata, sarebbe stata posta in essere dal ricorrente, che pure non aveva dato seguito alla richiesta; che si era travisato il senso delle deduzioni difensive, che evidenziavano come le indagini di polizia avessero escluso il coinvolgimento del B.P..

Motivi della decisione

1. Il ricorso, largamente in fatto e privo della autosufficienza necessaria allorchè sostiene il travisamento di alcuni dati probatori, appare comunque nel complesso infondato.

1.1. Il provvedimento premette che dalle intercettazioni emergeva che già dal mese di giugno 2006 l’impresa Edilimpianti, facente sostanzialmente capo ad V.A., stava effettuando lavori fognari nella frazione Piale di Villa San Giovanni, anche se parte di detti lavori erano realizzati, in realtà, dall’impresa Gallo, con la quale la Edilimplianti aveva raggiunto un accordo, barattando il "compenso" per i lavori da eseguire a Piale con altro lavoro da eseguire a Bovalino. Riferisce quindi che nella conversazione del 16 giugno 2006, V. parlava a B.S. del fatto che B. P. (espressamente chiamato " B.P.") s’era recato sul cantiere di P. e aveva lasciato una richiesta estorsiva agli operai; si mostrava risentito perchè B.P. non s’era rivolto direttamente a lui o al cognato (con il rischio che gli operai potessero parlare ai Carabinieri), e aveva addirittura interpellato L.P. (indiscusso capo mafioso), nonostante la sua abitudine di conformarsi spontaneamente a tale tipo di richieste; citava ad esempio della sua sottomissione un precedente episodio, posto in essere, in relazione ad altri lavori, dalla famiglia "i Buoi"; faceva riferimento alla possibilità di chiarire la questione direttamente con C.D. (già a capo dello schieramento Imerti-Condello cui apparteneva il B.). Riporta infine – a conferma della lettura della appena riassunta conversazione del 16 giugno nel senso di racconto di una richiesta estorsiva – altra conversazione tra il V. e tale S. (indicato come persona vicina ai L.) nella quale il primo ancora una volta narrava adirato della visita al cantiere del B. P., chiaramente identificabile – secondo i giudici del merito – nel soggetto con uno sfregio all’occhio, che aveva tentato di imporre una fornitura di cemento.

1.2. Le conversazioni che costituiscono la base indiziaria su cui si fonda la misura cautelare, sono dettagliatamente riportate e risultano congruamente interpretate. E in relazione alla lettura ad esse assegnata dai giudici del merito, ogni deduzione tendente a un diverso apprezzamento di significato, si risolve in una richiesta di rivalutazione di questioni squisitamente di fatto, estranea al sindacato di questa Corte.

1.3. Quanto al peso probatorio di dette conversazioni, esso non perde certamente rilievo sostenendosene il valore indiziario. La precisione con la quale nell’una è fatto il nome del ricorrente, nell’altra sono indicate sue specifiche caratteristiche somatiche, assieme all’inequivoco riferimento, in entrambe, al carattere di taglieggiamento della richiesta avanzata, rendono difatti assolutamente ragionevole e corretta la valutazione in punto di univocità e concordanza dei dati acquisiti e di gravità, per conseguenza, del quadro indiziario.

A fronte, del tutto irrilevante è l’apprezzamento che, a prima lettura, la polizia avrebbe fatto del coinvolgimento del B., o la circostanza che al tentativo posto in essere dal ricorrente sia seguita, in tesi, altra condotta estorsiva realizzata da diversi soggetti, per nulla inverosimile nel contesto delineato. Ferma la già evidenziata mancanza di autosufficienza del ricorso anche in relazione a tali deduzioni.

2. Il ricorso non può, per conseguenza, che essere rigettato, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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