Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-05-2012, n. 8142 Divisione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza non definitiva n. 2848 del 2006, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza non definitiva n. 838 del 2001 e di quella definitiva n. 654 del 2004, emesse dal Tribunale di Torre Annunziata, accogliendo i primi tre motivi dell’appello proposto da V.C., dichiarò che per procedere allo scioglimento della comunione ereditaria del de cuius V.R. era necessario individuare le porzioni dei beni in comunione ordinaria tra lo stesso de cuius e il coniuge Ma.Co., anch’essa deceduta nel corso del giudizio di primo grado, ma i cui eredi – e cioè gli stessi appellati – erano stati evocati in appello da V.C. anche in tale qualità, e che per la formazione delle quote da attribuire e/o sorteggiare tra i condividenti eredi di V. R. (e cioè la Ma., chiamata all’eredità ab intestato per un terzo, e ciascuno dei sette figli C., G.M., M., Ca., A., An. e C., in persona del curatore speciale C.A.), non si doveva tener conto della donazione per atto notaio Olivieri del 27 dicembre 1990. La stessa Corte rimetteva al definitivo il regolamento le spese di lite e anche l’esame dell’appello incidentale proposto da V.G.M. e V.M., concernente appunto le spese.

Con ordinanza in pari data la Corte d’appello disponeva un’integrazione di accertamento tecnico; quindi, acquisita la relazione e rigettata la richiesta di nuova convocazione del c.t.u. per chiarimenti, si costituiva V.A., il quale premetteva che non si era costituito tempestivamente per difetto di comunicazione da parte del suo difensore in prime cure e precisava di fare proprio l’appello proposto da V.C., chiedendo che la divisione avvenisse mediante attribuzione dei beni in natura, secondo le quote spettanti a ciascuno degli eredi, e, in caso di accertata indivisibilità, che venisse disposta la vendita all’asta, con rigetto della richiesta di attribuzione in via esclusiva avanzata da parte di V.G.M. e di V.M..

Con sentenza n. 1516/2010, depositata in data 20 aprile 2010, la Corte d’appello così provvedeva: 1) in parziale accoglimento dell’appello proposto da V.C. e in parziale riforma delle impugnate sentenze del Tribunale di Torre Annunziata, dichiarava sciolta la comunione ereditaria del de cuius V.R., attribuendo in proprietà esclusiva a V.G.M. e V. M. le porzioni dell’immobile in (OMISSIS), indicato nella tabella numero 12 della relazione del c.t.u., nonchè due appezzamenti di terreno meglio indicati nella consulenza tecnica; condannava in solido V.G.M. e V.M. al pagamento, a titolo di conguaglio, delle somme meglio specificate in dispositivo a favore di Ma.Co. e degli altri coeredi;

condannava V.C., per effetto della resa dei conti relativa al suo godimento esclusivo dell’appartamento di (OMISSIS), al pagamento delle somme specificate in dispositivo; rigettava l’appello incidentale di V.G.M. e V.M.;

poneva le spese di c.t.u. a carico di tutti i condividenti in ragione delle rispettive quote e compensava interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

La Corte d’appello, per quanto ancora rileva, ha condiviso il giudizio del consulente tecnico d’ufficio circa la non divisibilità del compendio ereditario, non essendo possibile ricavare dai tre beni in comunione otto quote, delle quali la prima pari a un terzo del valore complessivo e le altre sette pari a due ventunesimi. Ha quindi accolto la domanda di V.G.M. e di V.M. di attribuzione in via esclusiva del complesso di beni ponendo a loro carico i relativi conguagli. La Corte d’appello ha escluso che potesse trovare accoglimento la richiesta formulata da V. A. di porre i beni in vendita all’asta, trattandosi di soluzione praticabile solo nel caso in cui nessuno degli aventi diritto chieda l’attribuzione a sè dei beni ereditari.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso V. A. sulla base di quattro motivi; hanno resistito con distinti controricorsi V.G.M. e V.M., V.C. e D.R.D.; gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. V.G.M., V.M. e V.C. hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 718 e 720 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente motivazione relativamente alla ritenuta non comoda divisibilità della massa ereditaria.

Premesso che ai sensi dell’art. 718 cod. civ. ciascuno degli eredi può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili ed immobili dell’eredità, il ricorrente sostiene che l’art. 720, che disciplina l’ipotesi della non comoda divisibilità degli immobili, costituisca un’eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione a conseguire i beni in natura. Tale disposizione dovrebbe quindi essere interpretata in maniera restrittiva. La Corte d’appello si è invece limitata a dare per scontata la non comoda divisibilità sulla scorta della relazione del consulente tecnico, il quale in primo grado aveva invece concluso in favore della divisibilità della comunione e aveva rivisto completamente la propria valutazione a seguito della sentenza conclusiva del giudizio di primo grado. In sostanza, nel caso di specie non sarebbe stata in alcun modo rigorosamente accertata la non comoda divisibilità.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione delle medesime norme, nonchè omessa motivazione circa la sua richiesta di attribuzione dei beni. In proposito ricorda che nel costituirsi in appello egli aveva chiesto che la divisione avvenisse mediante attribuzione dei beni in natura, secondo le quote spettanti a ciascuno degli eredi, ed evidenzia che su tale richiesta la Corte d’appello non ha motivato in alcun modo. In particolare, il ricorrente sostiene che la richiesta non fosse preclusa in appello stante la particolare natura del giudizio di divisione, non costituendo quella richiesta una domanda in senso proprio proponibile anche nel corso del giudizio all’esito della consulenza tecnica. La Corte d’appello avrebbe poi errato nel considerare i coeredi assegna- tari dei beni titolari della maggior quota dei beni stessi, atteso che alla divisione dei beni di V.R. i figli concorrevano tutti con la medesima quota.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Cost., per violazione del diritto inviolabile ad avere una casa. Il ricorrente sostiene che avrebbe avuto diritto all’assegnazione della casa per avere sempre abitato nell’immobile di (OMISSIS), facente parte della massa ereditaria, sicchè, in caso di attribuzione ai germani G. M. e M., egli si troverebbe senza alcuna abitazione.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 716 cod. civ., nonchè carente motivazione in punto di mancato adeguamento della stima delle quote. Il ricorrente deduce che la Corte d’appello avrebbe errato nel non aver adeguato alla data della pronuncia il valore dei beni ereditar stimato dal consulente tecnico in epoca antecedente e cioè con riferimento ai valori del 2007. La motivazione spesa sul punto dalla Corte d’appello – essere cioè notorio che il mercato immobiliare, anche per la crisi economica generale ancora in atto, non ha subito significativi mutamenti dei valori immobiliari – sarebbe erronea, essendo onere del giudice quello di determinare il valore dei beni al momento dell’assegnazione e della decisione della causa.

I controricorrenti V.G.M. e M. hanno eccepito l’inammissibilità del primo motivo di ricorso sostenendo che il ricorrente avrebbe prospettato questioni precluse per giudicato interno.

L’eccezione è fondata atteso che la questione della divisibilità o no della massa ereditaria era già stata affrontata nel giudizio di primo grado e risolta dalla sentenza definitiva nel senso della indivisibilità. Tale statuizione non aveva formato oggetto di censura in appello da parte dell’odierno ricorrente il quale si è costituito nel giudizio di appello nel corso dell’udienza di precisazione delle conclusioni.

Deve quindi ritenersi che sulla questione della accertata indivisibilità della massa ereditaria si sia formato il giudicato cosi come eccepito dai controricorrenti V.G.M. e M..

Il secondo motivo è inammissibile.

Nell’esercizio del potere di attribuzione dell’immobile ritenuto non comodamente divisibile, il giudice non trova alcun limite nelle disposizioni dettate dall’art. 720 cod. civ., da cui gli deriva, al contrario, un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnarlo, potere che trova il suo temperamento esclusivamente nell’obbligo di indicare i motivi in base ai quali ha ritenuto di dover dare la preferenza all’uno piuttosto che all’altro degli aspiranti all’assegnazione (così esaminando i contrapposti interessi dei condividenti in proposito), e si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, sottratto come tale al sindacato di legittimità, a condizione che sia adeguatamente e logicamente motivato (Cass. n. 11641 del 2010).

Nel caso di specie, i controricorrenti, sin dall’atto di citazione, avevano chiesto "la nomina di un c.t.u. il quale possa redigere un comodo progetto di divisione delle quote come per legge e in caso di indivisibilità o di non comoda divisione si chiede ad essi istanti l’attribuzione dei cespiti con addebito dell’eccedenza come da richiesta congiunta". In sostanza V.G.M. e M. avevano fatto richiesta sin dall’inizio della controversia di assegnazione congiunta dei beni anche in quanto maggiori quotisti, mentre il ricorrente non ha mai fatto un’analoga richiesta se non tardivamente nel giudizio di appello e nel giudizio di legittimità.

Inoltre la qualificazione dei controricorrenti V.G.M. e M.come maggiori quotisti era già contenuta nella sentenza del Tribunale di Torre Annunziata e tale accertamento non è stato impugnato da alcuno.

Anche il terzo motivo è inammissibile atteso che la questione del diritto all’abitazione non è in alcun modo stata fatta valere nei giudizi di merito e che la doglianza del ricorrente si riferisce all’immobile ubicato in (OMISSIS), là dove oggetto di assegnazione ai coeredi V.G.M. e M. è l’immobile ubicato in (OMISSIS).

Il quarto motivo è infondato.

La Corte d’appello ha adeguatamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto tuttora valida la determinazione del valore del compendio ereditario effettuata dalla consulente tecnico con riferimento ai valori del 2007, stimando congruo il detto valore in considerazione della crisi economica e della conseguente stasi del mercato immobiliare.

Poichè deve intendersi per notorio quel fatto che l’uomo di media cultura conosce in un dato tempo ed in un determinato luogo, anche se relativo ad un settore delimitato dell’attività umana, in tale nozione rientra anche la conoscenza di una crisi edilizia e delle relative conseguenze per i valori degli immobili, stante la diffusione delle rilevazioni statistiche in materia socio-economica, fra le quali vanno annoverate anche quelle concernenti i valori dei beni immobiliari e la loro tendenza all’aumento o al ribasso solitamente pubblicate dalla stampa, quotidiana e periodica. (Cass. n. 1492 del 1987).

Inoltre, deve ricordarsi che "in tema di divisione ereditaria, la stima dei beni, secondo gli accertamenti effettuati dal consulente tecnico e riferiti alla data del deposito della relazione, è suscettibile di variazioni, per eventi sopravvenuti, solo quando questi integrino fatti straordinari ed imprevedibili, incidenti in modo rilevante sui valori già fissati, e non "anche, pertanto, quando configurino normali fluttuazioni del mercato e del potere di acquisto della moneta" (Cass. n. 3183 del 1982).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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